Super Mario Bros. – Il film

Super Mario Bros. – Il film

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Super Mario Bros. arriva nelle sale cinematografiche di mezzo mondo sbancando il botteghino, ed è utile domandarsi il motivo di un successo così clamoroso. Al di là di un’animazione senza dubbio interessante l’impressione è quella di un vero e proprio film-videogioco, in cui lo spettatore assiste a una partita di qualcun altro. Nullo da un punto di vista drammaturgico, il film diretto a quattro mani da Aaron Horvath e Michael Jelenic si propone come puro spettacolo per gli occhi, con lo zuccherino per i fan dell’eroe Nintendo di una serie pressoché infinita di auto-citazioni.

Thank you mario but our Luigi is in another castle

Mario e Luigi, due fratelli italo-americani, sono idraulici. Durante un lavoro su una tubatura sotterranea vengono risucchiati in un mondo parallelo, proprio mentre il perfido Bowser ha deciso di sferrare un’offensiva nei confronti del castello dei Pinguotti. Mario e Luigi si separano, e quest’ultimo viene fatto prigioniero. Come potrà Mario salvare il fratello? [sinossi]

Se qualcuno avesse avuto dubbi sulla scelta da parte di Nintendo e Universal di unire le forze economiche per trasformare in immagini animate un’avventura cinematografica dedicata a Super Mario Bros., il gioco per eccellenza della casa nipponica, i risultati al botteghino dovrebbero averli fugati una volta per tutte. A un mese dalla sua data di uscita il film diretto a quattro mani da Aaron Horvath e Michael Jelenic (gli autori di Teen Titans Go!) ha infatti raggranellato a livello mondiale oltre un miliardo di dollari, con le sale cinematografiche italiane che hanno dato il loro contributo portando nelle tasche della produzione quasi venti milioni di euro, un risultato probabilmente doppio rispetto alle più rosee aspettative. Tra bambini conquistati, genitori degli stessi che si riappropriano dell’immaginario dell’infanzia – il baffuto idraulico italiano tra non molto taglierà il traguardo dei quarant’anni – e famigliole che sanno che seguendo sul grande schermo le evoluzioni di Mario, Luigi, Peach e compagnia suonante nulla di male o anche solo di ambiguo potrà mai manifestarsi il successo è stato immediato, rinfocolato da un passaparola efficace. Tutte notizie positive, sia chiaro, in un’epoca in cui perfino i film che ricevono un ottimo riscontro di pubblico finiscono in fretta e furia sulle più disparate piattaforme, improvvida panacea di tutti i mali che nessun male pare davvero essere in grado di guarire (l’ultimo esempio in tal senso è Air di Ben Affleck che, nonostante una tenuta di media per copia ancora ben più che soddisfacente arriverà ben presto sugli schermi casalinghi). Che i fratelli Mario e Luigi potessero compiere il “miracolo” di trasformare il film di Horvath e Jelenic nella prima opera basata su un videogioco a sfondare il muro del miliardo di dollari di incasso a livello globale in una certa qual misura poteva anche essere prevedibile: Super Mario Bros. è in fin dei conti il videogioco dei videogiochi, così noto da non aver bisogno di presentazione alcuna anche per coloro che dimostrano ben poca dimestichezza con la videoludica, la sua evoluzione e i suoi miti. L’intrepido italiano che corre, salta, uccide funghi e si cala in tubature verdi non solo aveva già ricevuto un adattamento in terra statunitense (Super Mario Bros. di Annabel Jankel e Rocky Morton, lisergico e stordente prodotto ultra-pop del 1993 che meriterebbe una riscoperta) ma nella sua patria d’origine, il Giappone, aveva addirittura inaugurato la storia degli adattamenti per il cinema di videogiochi, diventando un film d’animazione nel 1986: Super Mario Bros. – Peach-hime kyushutsu dai sakusen! in trentasette anni non ha mai valicato i confini dell’arcipelago orientale, e a giudicare dallo scarno livello dell’animazione – i fondali sono pressoché inesistenti – Masami Hata, una lunga carriera tra anime televisivi e cinematografici alle spalle, non ricevette un gran supporto produttivo.

Quel supporto su cui al contrario hanno potuto largamente contare Horvath e Jelenic, e che funge da cartina di tornasole di Super Mario Bros. – Il film. Difficile, in effetti, non rimanere abbacinati di fronte allo strapotere visivo (ma non necessariamente visionario, e su questo aspetto si tornerà tra poco nel corso di questa breve analisi) che i due cineasti mettono in campo fin dalle primissime sequenze, come testimonia ad esempio il conflitto tra il calore della fiamme che rappresentano una delle armi più letali del perfido Bowser e il gelido candore della reggia dei Pinguotti. Da un punto di vista strettamente cinetico il film inizia ben presto una corsa sfrenata, in cui Mario può dare sfoggio della sua principale e seducente dote: la velocità, l’inarrestabile grazia nelle evoluzioni, la necessità di progredire, di avanzare, unico modo per raggiungere la principessa nel castello “giusto”. Qui, anche per esigenze di sguardo contemporaneo, non è la principessa Peach a dover essere salvata da Mario – come invece accadeva nel videogioco originale; il personaggio poi nei capitoli successivi diventava a sua volta protagonista attivo, potendo essere scelto dal giocatore – bensì l’amato fratello Luigi, che invece di seguire Mario nel Regno dei Funghi finisce nelle Terre Oscure, dominate da Bowser, e viene ben presto imprigionato. Per quel che concerne qualsivoglia riferimento alla trama, ci si può benissimo accontentare di questi brevi cenni, perché in realtà Super Mario Bros. – Il film non possiede il benché minimo sviluppo narrativo. Certo, Mario riesce a creare alleanze, a vincere duelli, a sconfiggere il nemico come d’abitudine, ma la verità è che poco per volta, nonostante la breve durata del film – o forse in parte agevolati anche da tale riferimento – si inizia ad avvertire con forza la sensazione di trovarsi a tu per tu non con un film, ma con la visione di una partita, una sorta di edizione speciale in cui sono stati recuperati tutti, ma proprio tutti, i personaggi della saga – c’è perfino Donkey Kong, il parente stretto di King Kong che diede i natali a Mario nella storia dei videogiochi, quando ancora neanche era un idraulico e di certo non aveva fratelli, ma portava già avanti la missione di salvare donzelle.

Si torni per un istante col pensiero all’immensa cifra incassata ai quattro angoli del globo, perché è utile, prezioso domandarsi il motivo di un successo tanto clamoroso da eclissare la gran parte della concorrenza degli ultimi anni. Immagine per immagine, guidati dal vortice di un’azione a cui manca completamente ogni riferimento drammaturgico e avanza per inerzia, sullo slancio iniziale, gli spettatori di Super Mario Bros. – Il film paiono non accorgersi di essere solo spettatori di una partita giocata da qualcun altro, e sulla quale non c’è alcun modo di intervenire. Se tale intuizione fosse stata voluta, e ricercata con attenzione, si sarebbe potuto trasformare un giocattolo visivo per bimbi di ogni età (occorre resettare ogni sinapsi per accettare un oggetto cinematografico similare)in una sofisticata operazione teorica: d’altro canto un ventennio fa, durante le epiche giornate de Il vento del cinema, il festival che enrico ghezzi dirigeva a Procida con la squadra di Fuori Orario, ci si trovò in sala a vedere due persone (Donatello Fumarola e Federico Ercole) giocare, e il programma di Rai3 in più occasioni ha dedicato spazio durante le notti del weekend a questa riflessione. Ma sarebbe davvero pretendere troppo sia da Horvath e Jelenic, semplici esecutori di un prodotto commerciale privo di eccessive finezze, e anche da un pubblico che vuole solo ricevere lo zuccherino della citazione, così da tramutare ben presto questa bislacca ma anche divertente avventura in un catalogo del cosiddetto “fan service”. L’unico reale pregio è quello di desiderare di avere ancora il NES tra le mani, attaccarlo al televisore, inserire la cartuccia e far partire una nova avventura accompagnati dall’indimenticabile colonna sonora di Kōji Kondō, che ovviamente non manca nel film – altrimenti che fan service sarebbe?

Info
Super Mario Bros. – Il film, il trailer.

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