La meravigliosa storia di Henry Sugar
di Wes Anderson
Con La meravigliosa storia di Henry Sugar Wes Anderson trasforma in immagini un racconto di Roald Dahl edito nel 1977, adattandolo al proprio formato bidimensionale, scenografato in modo impeccabile eppure anno dopo anno sempre più vuoto, meccanismo perfetto quanto freddo e distaccato. Ne viene fuori un mediometraggio che riflette lo stato di crisi del regista texano, e che dopo la presentazione fuori concorso a Venezia 2023 (dove Anderson ha ricevuto il Premio Cartier Glory to the Filmmaker) arriverà direttamente su Netflix.
Vedere senza gli occhi
Henry Sugar, giocatore d’azzardo, viene a conoscenza di un uomo proveniente dall’India che riesce a vedere senza usare gli occhi. Rendendosi conto dei benefici che potrebbe trarne, decide di esercitarsi per acquisire la stessa abilità. [sinossi]
Henry Sugar è un uomo ricco, che non ama troppo la frequentazione del resto del genere umano ma nutre una profonda passione per il gioco d’azzardo. Durante una serata al circolo esclusivo di cui fa parte, bighellonando nella biblioteca, si imbatte in uno strano opuscolo, il resoconto dettaglio di un rapporto medico in cui un dottore indiano afferma di essersi imbattuto nel più sorprendente dei casi: un uomo, un fenomeno da baraccone (nel vero senso del termine, visto che lavora in un circo e si reca nell’ospedale solo ed esclusivamente perché il tendone ha piantato i chiodi nel terreno nelle vicinanze) che afferma senza millantare di riuscire a vedere senza ricorrere agli occhi. Ovviamente il medico testa subito le reali capacità dell’anziano individuo, bloccandogli la visuale in ogni modo possibile e immaginabile e restando esterrefatto di fronte all’assurda verità. Questo è lo spunto di partenza de La meravigliosa storia di Henry Sugar (in originale The Wonderful Story of Henry Sugar), pubblicato come racconto da Roald Dahl nel 1977 all’interno della raccolta Un gioco da ragazzi e altre storie (in inglese The Wonderful Story of Henry Sugar and Six More) e poco meno di cinquant’anni più tardi tramutato in immagini in movimento da Wes Anderson. Il regista texano non è nuovo al rapporto con la letteratura di Dahl, come ben sa chiunque si sia imbattuto nella sublime animazione Fantastic Mr. Fox, ed è subito a lui che un paio di anni fa pensò Netflix, quando acquistò per una cifra di poco inferiore ai 700 milioni di dollari la Roald Dahl Story Company, vale a dire la totalità delle opere del grande letterato britannico, con l’intento di creare una sorta di universo narrativo composito e coerente.
Tutti i racconti di Un gioco da ragazzi e altre storie dovrebbero dunque diventare film, ma è probabile che si segua l’esempio dato da Anderson, che ha scelto di fermarsi per la storia di Henry Sugar e del suo studio per diventare un giocatore d’azzardo invincibile imparando a vedere senza ricorrere agli occhi al mediometraggio – o corto, a seconda degli standard di durata cui si fa riferimento. L’epopea de La meravigliosa storia di Henry Sugar, col suo racconto nel racconto – il primo dei quali è ovviamente dell’io narrante/Dahl, qui interpretato da Ralph Fiennes – non si sarebbe prestata in effetti con facilità al lungometraggio, a meno di non scansare la metrica narrativa del testo per approfondire in modo peculiare singoli aspetti o personaggi. Un dettaglio, questo, che Anderson al contrario sembra rifuggire con estrema forza, in qualche modo riallacciandosi a tutta la sua filmografia più recente, sempre più distante dal concetto di narrazione estesa, e semmai adeguatasi al bozzetto, al fraseggio rapido. Se si esclude L’isola dei cani, in cui Anderson si confronta nuovamente con l’animazione, è da Grand Budapest Hotel (quasi dieci anni fa) che il cineasta statunitense ma oramai di base a Parigi non si muove nei contorni di una scrittura in cui i personaggi abbiano modo di svilupparsi. Tanto The French Dispatch quanto il recente Asteroid City visto a maggio sulla Croisette sono una raccolta di spunti, di raccontini, perfino di semplici schizzi con cui Anderson cerca di tenere accesa la fiamma dell’ispirazione. Intrappolato in un cinema che è oramai poco più del semplice décor Anderson sta apertamente dichiarando il proprio stato di crisi creativa, l’impasse in cui si trova a muoversi: da la cittadina Ennui (noia in francese) che faceva da sfondo a The French Dispatch al grido “Non ci si può svegliare, se non ci si è addormentati!” ripetuto all’unisono, quasi come un segnale d’avvertimento, dall’intero cast di Asteroid City, appare sempre più evidente come Anderson stia perdendo contatto con la propria realtà.
Questo lo spinge sempre più a cercare rifugio nel formalismo, in quell’idea iperuranica di immagine che fin dagli esordi lo fece notare all’interno della produzione statunitense a lui coeva. Ecco dunque che i neanche quaranta minuti in cui si articola La meravigliosa storia di Henry Sugar ripropongono senza neanche lo sforzo dell’inventiva lo schema sempre più usurato dell’immaginario andersoniano, fatto di fondali pittorici, di scenografie moventi, di inquadrature quasi ricamate, di motivi cartoonistici, e di un cast di fedelissimi che è forse la vera ancora di salvataggio di un cineasta che pare imprigionato in una turris eburnea che film dopo film ha edificato attorno a sé, quasi a volersi proteggere dall’esterno, ma che si è rivelata come gabbia espressiva nel momento in cui è venuta meno l’illuminazione artistica. Così la verve resta solo nel racconto originario, e a poco serve l’ennesima parata di star che sembra quasi dover fungere da bambagia, da alloggio protetto. Come già nel recente passato anche l’intuizione alla base del racconto (che possiede ben altra causticità, e scava con ghigno del tutto lontano dall’aggettivo grazioso nelle miserie umane), e che parrebbe del tutto cinematografica, vale a dire la possibilità di “guardare senza vedere”, non viene approfondita ma si lascia in superficie, quella superficie così tanto levigata che Wes Anderson può specchiarvisi, ma in cui sarebbe anche lecito, di quando in quando, poter sprofondare.
Info
La meravigliosa storia di Henry Sugar sul sito della Biennale.
- Genere: commedia
- Titolo originale: The Wonderful Story of Henry Sugar
- Paese/Anno: USA | 2023
- Regia: Wes Anderson
- Sceneggiatura: Wes Anderson
- Fotografia: Robert Yeoman
- Montaggio: Barney Pilling
- Interpreti: Ben Kingsley, Benedict Cumberbatch, Dev Patel, Ralph Fiennes, Richard Ayoade, Rupert Friend
- Colonna sonora: Alexandre Desplat
- Produzione: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush
- Distribuzione: Netflix
- Durata: 37'
