Tutto in una notte
di John Landis
Tutto in una notte è il film che segnò una frattura netta tra ciò che John Landis voleva fare e che invece gli era concesso; a distanza di oltre trenta anni conferma la sua importanza e centralità nell’immaginario statunitense. A Venezia Classici nella versione restaurata.
L’insonne Ed
Ed Okin soffre di insonnia, ha una vita insoddisfacente: la moglie lo tradisce e trova il lavoro monotono. Tutto cambia quando incontra la bellissima Diana all’aeroporto: da lì in avanti si ritrova improvvisamente coinvolto in una cospirazione internazionale… [sinossi]
Riscoprire un film come Tutto in una notte, per una generazione cinefila che con ogni probabilità l’ha sempre trattato con sufficienza – come buona parte della produzione statunitense degli anni Ottanta, considerata a torto la scoria deteriore della New Hollywood del decennio precedente –, deve essere stato un colpo non indifferente. Inserito con lungimiranza tra i restauri in digitale ospitati in Venezia Classici, Tutto in una notte è un film che non solo non mostra alcun segno di invecchiamento, ma certifica un ruolo di primaria importanza nello sviluppo di un immaginario notturno, paranoico e dissonante nell’America reaganiana. John Landis, da sempre uno degli amori confessati di Giulia D’Agnolo Vallan (che si occupa della pattuglia statunitense al Lido, e che con ogni probabilità ha spinto verso la presenza alla Mostra del film, così come accadde lo scorso anno con Un lupo mannaro americano a Londra, altro capolavoro del regista), è un regista in qualche modo dimenticato. Certo, nessuno osa mettere in dubbio titoli come Animal House, The Blues Brothers o il già citato werewolf tra la brughiera, ma per il resto l’impressione è che si sia deciso di archiviare la sua filmografia, raggelandola a quel miracoloso trittico portato a termine nel giro di neanche quattro anni. La verità è che Landis è un regista troppo scopertamente politico e anarchico, più legato al sottobosco cormaniano – per quanto non ne abbia mai fatto parte – che alla produzione mainstream, capace però di coniugare uno spirito iconoclasta che ha pochi paragoni possibili a Hollywood con una percezione forte di quel che il pubblico avrebbe voluto vedere accadere sullo schermo. Finché gli fu concessa fiducia, e lo dimostra proprio The Blues Brothers, Landis fu la gallina dalle uova d’oro degli studios, l’arma bianca da usare per colpire al cuore la massa spettatoriale. Ma la libertà creativa è qualcosa che viene concessa con il contagocce, si sa…
La produzione di Tutto in una notte, complicata dal fatto che la stragrande maggioranza del set si sarebbe dovuto svolgere di notte – con un aggravio di non poco conto per le tasche della Universal, costretta a continui straordinari per le maestranze e a spese aggiuntive per i permessi, visto che per di più si tratta anche di un film all’aria aperta, e ricco di location –, poté partire solo ed esclusivamente per il successo, in parte anche inatteso, di Una poltrona per due, il film che sbancò i botteghini grazie all’affiatata coppia formata da Dan Aykroyd ed Eddie Murphy. Il pubblico ovviamente non percepì il sottotesto profondamente anti-capitalista del film, ma si lasciò comunque convincere dalla verve di una sceneggiatura scoppiettante e piena di colpi di scena. Questo convinse la Universal a puntare in maniera concreta su Tutto in una notte, ma allo stesso tempo la convinse anche a vendere il film come la nuova imprevedibile commedia di John Landis. E qui i nodi, inevitabilmente, vennero al pettine.
Per quanto possieda tutte le caratteristiche della commedia picaresca, con inseguimenti, personaggi doppiogiochisti, intrighi di potere e via discorrendo, e possa essere inserito in quella strana e peculiare fascia di film alla quale appartiene per esempio Sciarada di Stanley Donen, Tutto in una notte è un’opera ineffabile e inafferrabile, che non si adagia in nessun modo nella bambagia del genere ma cerca sempre soluzioni in grado di smarcarla, spostando l’asse del discorso e ribaltando la logica degli eventi. L’assunto hitchcockiano, quello di un uomo qualunque che si ritrova suo malgrado invischiato in fattacci dei quali non ha alcuna nozione, ma che metteranno alla prova la sua virilità, è una traccia sotterranea su cui Landis innesta una serie di bombardamenti della prassi che ne minano il percorso, rendendolo a tratti persino indecifrabile.
Se questa linea stilistica ed etica può avere allontanato il pubblico – che in effetti disertò le sale, attraverso un passaparola maligno che bocciò di netto il film, rendendolo il primo gigantesco flop di una carriera fino a quel momento senza dubbio brillante – è anche il motivo per il quale a distanza di trentadue anni Tutto in una notte appare come un film modernissimo, privo di qualsivoglia usura, collocato in uno spazio-tempo definito solo da quell’oggettistica che è propria del sistema del Capitale, e che quindi perde contemporaneità con il passare degli anni. Inguainato in una commedia sentimentale screziata di action, Tutto in una notte è in realtà un film cupo, dimesso, “divertente” solo per l’irruzione in scena di un corpo estraneo slapstick, quello composto dai quattro sicari iraniani che devono far fuori la bella Michelle Pfeiffer. Solo loro, i più ferali tra i personaggi, sono corpi comici in quanto tale, goffi e pronti a uccidere qualsiasi forma di vita si trovano davanti perché, in qualità di killer, non possono fare affidamento su nessun’altra esperienza. Ma anche questi quattro – uno dei quali è interpretato dallo stesso Landis –, muti soggetti del riso, non esitano a trovarsi in due delle sequenze più efferate: l’uccisione dell’amica della protagonista sulla spiaggia, affogata con brutalità nell’acqua marina, e la strage finale all’aeroporto, che riporta alla mente le grandi scene di terrore di massa e di distruzione che fanno parte dell’immaginario landisiano, ma che stavolta riguardano solo ed esclusivamente esseri umani, quasi tutti destinati alla morte. Un vero e proprio sterminio di protagonisti, dal quale escono indenni solo i due personaggi centrali.
Uscito nel 1985 ma prodotto l’anno precedente – il lancio fu, come già scritto, piuttosto travagliato – Tutto in una notte anticipò uno dei discorsi più affascinanti portati alla ribalta dal cinema statunitense degli anni Ottanta: l’uomo borghese che si ritrova a tu per tu con un mondo in disfacimento, belluino come non mai e a pochi passi dall’orrorifico, altra faccia di sé che non conosceva perché sprofondato in un american-way-of-life in realtà inesistente, frutto di una politica pubblicitaria ottundente. Sarà così ovviamente per Fuori orario di Martin Scorsese e per Qualcosa di travolgente di Jonathan Demme – qui ospitato in un cameo, come si scriverà fra poco –, per rimanere ad altri due titoli usciti nel giro di pochi mesi dopo il film di Landis, clamoroso apripista incompreso, mandato al macello per l’eccessiva libertà di un regista che non ha mai avuto intenzione di farsi ingabbiare in un genere, o in un’identità, ma ha perennemente cercato di mostrare l’altra faccia del cinema, quella nascosta appena dietro la luna.
Tutto in una notte, piccolo capolavoro che merita a distanza di trent’anni una meritoria riscoperta, fu l’ultimo grande progetto di Landis, da lì in poco costretto in un angolo, ridotto a produzioni o iper-controllate (Il principe cerca moglie, Beverly Hills Cop III) o residuali rispetto allo strapotere dell’industria (The Stupids, Burke & Hare). Fu il punto di non ritorno che certificava la distanza fino a quel momento in qualche modo per miracolo ricucita tra ciò che Landis voleva fare e ciò che gli poteva essere concesso. Resta negli occhi lo splendore di una notte mai così calda e livida allo stesso tempo, e di uno stuolo di camei, abitudine dei film del regista, forse mai così ricco e variegato: da Jack Arnold a Paul Bartel, da David Bowie a David Cronenberg, dal già citato Demme a Amy Heckerling, da Jim Henson a Lawrence Kasdan e Don Siegel. Un parterre de roi che è anche il gesto d’amore estremo di un regista cinefilo come non mai, ma anche in grado di scoprire ed esaltare l’umano oltre l’arte, e l’uomo oltre le sue creature.
Info
Tutto in una notte, il trailer originale.
- Genere: commedia, drammatico, thriller
- Titolo originale: Into the Night
- Paese/Anno: USA | 1985
- Regia: John Landis
- Sceneggiatura: Ron Koslow
- Fotografia: Robert Paynter
- Montaggio: Malcolm Campbell
- Interpreti: Ali Madani, Alma Beltran, Amy Heckerling, Andrew Marton, Art Evans, Beruce Gramian, Beulah Quo, Bill Taylor, Bruce McGill, Cal Worthington, Carina Persson, Carl Gottlieb, Carl Perkins, Carmen Argenziano, Christopher Dunn George, Clu Gulager, Colin Higgins, Cynthia Lea Clark, Dan Aykroyd, Daniel Petrie, David Bowie, David Cronenberg, David Sosna, Dedee Pfeiffer, Diane Roberts, Dick Balduzzi, Domingo Ambriz, Don Siegel, Dona Speir, Eddy Donno, Elizabeth Solorzano, Eric Lee, Erica Sakai, Gene Whittington, Hadi Sadjadi, Hassan Ildari, Heidi Sorenson, Hope Clarke, Houshang Touzie, Irene Papas, Jack Arnold, Jake Steinfeld, Jean Pelton, Jeff Goldblum, Jim Bentley, Jim Henson, John Hostetter, John Landis, John Richard Petersen, John Roberts, Jon Stephen Fink, Jonathan Demme, Jonathan Kaufer, Jonathan Lynn, Kathryn Harrold, Lawrence Kasdan, Lesa Ann Pedriana, Marianne Gravatte, Mark L. Levine, Michael George, Michael Zand, Michelle Pfeiffer, Patricia Gaul, Paul Bartel, Paul Mazursky, Peggy McIntaggart, Pete Ellis, Reed Armstrong, Reid Smith, Richard Farnsworth, Richard Franklin, Rick Baker, Robert La Bassiere, Robert Moberly, Robert Paynter, Robert Traynor, Roger Vadim, Rory Barish, Rusdi Lane, Saul Kahan, Slavka, Stacey Pickren, Sue Bowser, Sue Dugan, Susie Scott, Tracy Hutchinson, Vera Miles, Veronica Gamba, Viola Kates Stimpson, Waldo Salt, Wes Dawn, William B. Kaplan, Yacub Salih, Zoreh Ramsey
- Colonna sonora: Ira Newborn
- Produzione: Universal Pictures
- Durata: 115'