Batman: Gotham Knight

Sviluppandosi attraverso sei episodi ben distinti, Batman: Gotham Knight propone rimandi interni che vorrebbero dare l’idea di una continuità concettuale e narrativa ma che risultano invece sterili tentativi di dare vigore a un prodotto effettivamente povero.

La contemporaneità impone che un progetto cinematografico contenga più componenti multimediali, siano esse arti come il fumetto, il videogame, l’animazione. Il caso più esplicito fu, non troppo tempo fa, Matrix, che oltre a offrire la famigerata trilogia firmata dai fratelli Wachowski, contava contaminazioni che ampliavano la storia e al tempo stesso la approfondivano. Altri casi simili riguardano il progetto multilaterale voluto da Richard Kelly per il suo Southland Tales, preceduto da un fumetto che risulta fondamentale per entrare nel complesso universo narrativo del film, mentre tradizione vuole che sia proprio George Lucas il padre di un simile approccio tematico a tutto campo, grazie all’eterna saga di Star Wars. Per quel che riguarda l’animazione, è stato inevitabile che in simili progetti si sia sempre più fatto riferimento a quell’ambito produttivo che con gli anni si è rivelato essere il più interessante e prolifico del panorama animato: parliamo naturalmente degli anime, ovvero l’animazione giapponese. Con le loro inedite prospettive e le inaudite tecniche d’animazione, il Giappone ha saputo sfornare un piccolo gioiello quale Animatrix, che approfondiva trasversalmente e con incredibili invenzioni visive il mondo di Matrix. Un simile progetto è stato adottato per il mastodontico Il cavaliere oscuro, anche se, purtroppo, il risultato sembra più appartenere a processi di marketing che poco hanno a che fare con il cinema (forse). La breve serie animata non aggiunge nulla al film e non riesce a proporre qualcosa di differente rispetto al film: sviluppandosi attraverso sei episodi ben distinti, Batman: Gotham Knight propone rimandi interni che vorrebbero dare l’idea di una continuità concettuale e narrativa ma che risultano invece sterili tentativi di dare vigore a un prodotto effettivamente povero. Andiamo ad analizzare i singoli episodi.

Have I Got a Story For You
Regia: Shojiro Nishimi, sceneggiatura: John Olson

Forse è l’episodio più interessante della serie. Racconta di quattro skater che propongono la propria versione di Batman visto in un combattimento. L’idea di fondo (fornire allo spettatore differenti punti di vista per ragionare sullo stato della percezione del reale) è ripresa da Rashomon di Kurosawa, ma ciò che più interessa è il modo in cui viene proposta l’idea di Batman distorta dalle singole prospettive. Batman viene messo in scena come fosse un mito, qualcosa di indefinibile che appartiene a una dimensione “altra”, divenendo qualcosa da temere proprio a causa del suo essere leggenda, salvo poi recuperare tutta la sua dimensione umana fatta di pena e sofferenza nel finale. Il regista dell’episodio è quel Nishimi che si è occupato del character design di Tekkonkinkreet e lavorando ad altri importanti progetti quali Mind Game di Yuaasa Maasaki e Akira di Katsuhiro Ôtomo.

Crossfire
Regia: Futoshi Higashide; sceneggiatura: Greg Rucka, Jonah Nolan

Due detective si ritrovano in mezzo a una sparatoria fra due gang rivali. L’arrivo di Batman salverà la vita ai poliziotti, cancellando i dubbi sull’eroe oscuro di uno dei due. Dopo un inizio interessante, Crossfire si attesta su una mediocrità tipica della serialità americana più becera. Anche l’animazione sembra soffrire di una staticità intollerabile per un prodotto di simile portata, mentre spicca il taglio fotografico dato all’episodio. Il regista è stato collaboratore per alcuni progetti come Project A-ko 2 e Gundam, mentre ha ricoperto il ruolo di key animator nel film Air.

Field Test
Regia: Hiroshi Morioka; sceneggiatura: Jordan Goldberg

Batman mette a punto una nuova armatura ideata da Lucius Fox. Si renderà conto che il suo ruolo non può mettere a rischio la vita altrui unicamente per salvare la propria. L’episodio più debole della serie: oltre alla banalità della storia, Field Test soffre di gravi lacune sotto il profilo tecnico-stilistico, il che ci stupisce, poiché chi ha diretto l’episodio è già pratico dell’ambiente, avendo coperto il ruolo di regista per diverse serie tv uscite in patria. Sovviene il dubbio che la produzione abbia ancora una volta forzato la mano, limitando la visionarietà e il virtuosismo tipico dei registi di animazione nipponica.

In Darkness Dwells
Regia: Yasuhiro Aiko; sceneggiatura: David S. Goyer

Batman insegue un mostro nelle fogne. L’episodio più immaginifico, che gioca con le forme dei corpi, con le architetture astratte e oscure dei meandri sotterranei, con i colori che esaltano, ancora una volta, l’aspetto più allucinante di una città che coagulo di male e follia. L’episodio conta la pur breve apparizione di Killer Croc e del Dottor Crane, alias Spaventapasseri. Il rifiuto dell’aiuto di Gordon porta all’episodio successivo. Scritto da David S. Goyer, già collaboratore della sceneggiatura di Batman Begins e de Il cavaliere oscuro, nonché regista del terzo episodio di Blade, del misconosciuto e interessante Invisible e de Il mai nato, In Darkness Dwells conta la regia di Yasuhiro Aoki, già key animator di alcune perle quali Mind Game e dell’episodio Beyond di Animatrix, diretto da Koji Morimoto.

Working Through Pain
Regia: Toshiyuki Kubooka; sceneggiatura: Brian Azzarello

Dopo essere stato ferito da Killer Croc, Batman vaga per le fogne, ricordando alcuni importanti momenti della sua vita, come quando si diresse in India per seguire il percorso di Cassandra, una donna capace di annullare la sofferenza fisica. È il segmento più poetico, quello più sensibile all’apparato filosofico e psicologico del personaggio creato da Bob Kane.

Deadshot
Regia: Yoshiaki Kawajiri; sceneggiatura: Alan Burnett

Gordon è il prossimo obiettivo di uno spietato killer noto sotto il nome di Deadshot. Batman ingaggerà una battaglia senza quartiere pur di salvare l’amico. Nonostante l’episodio sia diretto da un veterano quale Yoshiaki Kawajiri, acquistando in ritmo e velocità (oltre che in invenzioni registiche), pesa l’assenza di una base solida a livello narrativo.

Conclusioni

Batman: Gotham Knight è un’opera che non raggiunge la sufficienza. L’impressione è che la produzione si sia affidata all’estro visionario tipico dei registi nipponici e, al contrario, a sceneggiature statunitensi bolse e ritrite, senza considerare le inevitabili pressioni da parte della produzione stessa. Animatrix è un gioiello dell’animazione per due motivi: completa libertà agli autori e coinvolgimento di registi di alto calibro, come Mahiro Maeda, Koji Morimoto, Shinichiro Watanabe. Per Batman: Gotham Knight si è puntato sulle nuove leve, colpevoli di non aver saputo imporre uno stile proprio e consolidato dall’esperienza.

Info
Il trailer di Batman: Gotham Knight.

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