Los años azules

Los años azules

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Presentato in concorso alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2018, Los años azules è un racconto di vita di alcuni ragazzi che vivono in una sorta di comune, un palazzo fatiscente che è un crocevia e un contenitore delle precarie vite di giovani tra i venti e i trent’anni.

Il gatto sul tetto friabile

In una vecchia casa nel centro storico di Guadalajara abitano cinque giovani personaggi, più una nuova arrivata… [sinossi]

Primo lungometraggio di finzione per la regista messicana Sofía Gómez-Córdova, Los años azules è racconto di vite abbozzate, di giovani nelle loro interazioni all’interno di una sorta di comune in un palazzo fatiscente con cortile nel centro di Guadalajara. Dopo i verdi anni di Paulo Rocha, quelli dell’infanzia e della giovinezza, fino ai venti, arrivano gli anni azzurri, l’ingresso nell’età adulta, quando si compiono scelte che possono pesare per tutto il resto della vita. Los años azules riprende film come Together di Lukas Moodysson o La comune di Thomas Vintenberg, sulle aggregazioni alternative di hippie degli anni ’70, sulle famiglie di fatto che si formavano come rifiuto, e rifugio utopico, della vita borghese, della proprietà privata, della schiavitù del denaro, occupando edifici dismessi e cooperando nell’organizzazione collettiva dei lavori domestici. La comunità di ragazzi osservati da Sofía Gómez-Córdova sembrerebbe più una parodia di quel tipo di comunità. C’è la ragazza che sembra rifiutare i soldi del padre, ribadendo la sua scelta di condurre quella vita alternativa, che il genitore comunque non ostacola, ma che poi finisce per intascare il denaro. La precarietà di quell’edificio, dai muri scrostati, in cui piove dentro, dove regna il disordine, che rischia di collassare se non si fissa il tetto, per i cui lavori è stato stanziato un fondo comune. E nemmeno si riesce a cambiare una lampadina. Esistono poi delle regole, come del condominio, che paiono grottesche, vedi il divieto di fare uso di droghe, su cui i ragazzi si fanno crasse risate. La fotografia che la regista scatta della sua generazione, può ricordare quella del portoghese Verão danado, l’esistenza sospesa, la promisquità annoiata, tra un party e l’altro. L’edificio caotico funziona meglio come laboratorio d’arte: c’è chi si occupa di fotografia, chi di teatro facendo prove e imparando testi, e c’è una palestra di danza con i classici specchi alle pareti.

Quello che rende intrigante il lavoro di Sofía Gómez-Córdova è la dimensione claustrofobica, non riusciamo mai a uscire dall’edificio, ne siamo come imprigionati come nella villa de L’angelo sterminatore ed eventuali scene esterne sono comunque viste da lontano, da punti di vista all’interno. Ci sono poi quelle riprese bizzarre, estreme, dall’alto che si scopriranno come soggettive di un gattone grigio, un James Stewart felino che osserva i personaggi nel cortile. Il gatto è ripreso nelle sue tante simbologie, anche quella di affettività nel nomignolo Kitty usato dalla coppia omosessuale. Il condominio di Guadalajara è un sistema fisico chiuso, i cui abitanti sono dei gatti di Schrödinger, mentre il gatto è lo scienziato che conduce l’esperimento. Il paradosso del fisico Erwin Schrödinger ci dice che è l’osservazione a determinare il risultato dell’osservazione stessa, nel tentativo di definire il principio di indeterminazione della meccanica quantistica. Sotto lo sguardo vigile del felino, i personaggi sono come particelle atomiche che si muovono, dormono, amoreggiano, interagiscono. Le loro storie sono una parte delle infinite combinazioni possibili, e i muri del palazzo nascondono una stratificazione delle tante storie, come il groviglio interminabile dei rami dell’albero dipinto su una parete, che hanno abitato l’edificio, la vecchia foto di un matrimonio, la felicità d’altri tempi, o lo strato azzurro, altri anni azzurri dei tempi che furono, che appare togliendo l’intonaco. Cercare di afferrare il gatto significa alterare il già precario equilibrio con cui l’edificio si tiene in piedi, e far cadere l’intonaco. È un sistema chiuso dominato da un alto grado di entropia. Quando la ragazza cerca di dare un minimo di ordine tinteggiando la parete, lo fa attingendo dal fondo comune che dovrebbe servire a fissare il tetto, diminuendo così le possibilità che possa essere rimesso a posto. Generando così un disordine ancora maggiore da un’altra parte del sistema.

Info
Il trailer de Los años azules.
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