Tragam-me a Cabeça de Carmen M.

Tragam-me a Cabeça de Carmen M.

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Presentato in concorso alla 55a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dopo l’anteprima all’IFFR 2019, Tragam-me a Cabeça de Carmen M. di Felipe Bragança e Catarina Wallenstein ripercorre il percorso di vita dell’icona Carmen Miranda, nata in Portogallo ma vissuta fin da piccola nel Brasile attraversando l’era di Vargas, sottolineando le analogie con l’attuale corso politico del paese.

Brésil mon amour

Ana, un’attrice portoghese, è venuta a Rio de Janeiro per interpretare in un film la parte di Carmen Miranda, l’eccentrica attrice e cantante che rappresenta il simbolo della cultura del samba e del carnevale. Mentre si esercita nella parte, il paese vive uno stato di tensione per l’arresto dell’ex-presidente Lula che apre la strada alla vittoria di Bolsonaro... [sinossi]
Fiquei pensando e comecei a descrever
Tudo, tudo de valor
Que meu Brasil me deu
Um céu azul, um
Pão de Açúcar sem farelo
Um pano verde e amarelo
Tudo isso é meu!
Tem feriado que pra mim vale fortuna
A Retirada da Laguna vale um cabedal!
Tem Pernambuco, tem São Paulo, tem Bahia
Um conjunto de harmonia que não tem rival
da Recenseamento, canzone di Carmen Miranda

Carmen Miranda rappresenta la brasilianità, la cultura vera, popolare del paese, quella popolare, dal basso, delle favela, quella del carnevale, della samba, assurta poi a simbolo del movimento tropicalista degli anni Sessanta. La cultura colorata che si esprimeva nei suoi variopinti costumi e in quei famosi e voluminosi copricapi come cesti di frutta. Tutto ciò nonostante la sua provenienza portoghese, un’europea, una ‘bianca’ che veniva dal paese coloniale. E infine fagocitata in un altro imperialismo, di tipo culturale, quello di Hollywood, che l’avrebbe anche condotta alla morte per la vita sregolata, nell’abuso di anfetamine e barbiturici.

Riprendendo il titolo di un celebre film di Sam Peckinpah, Voglio la testa di Garcia (Bring Me the Head of Alfredo Garcia, 1974), Felipe Bragança e Catarina Wallenstein cercano la testa di Carmen Miranda, cercano di emulare la sua arte e il suo percorso di vita, senza mai trovare il volto della grande artista, avvicinandosi senza mai arrivarci proprio come la testa di Alfredo Garcia, e per questo senza citarne il cognome per esteso.
Ana è portoghese, proprio come Carmen Miranda, deve interpretarla percependo quello stesso disagio di europea, di una bianca che appartiene alla cultura del paese coloniale. E ripercorre anche quel clima politico che sembra fare ritorno.
Carmen Miranda è vissuta nel Brasile fascista di Vargas, mentre Ana sente le notizie alla radio che parlano dell’arresto dell’ex-presidente Lula che spiana la strada al trionfo di Bolsonaro. E poi su uno specchio trova la scritta «Lula libero». Tragam-me a Cabeça de Carmen M. è stato girato, come recita la scritta finale, a Rio nel giugno 2018, quando si avvicinavano le elezioni presidenziali, includendo evidentemente gli imprevisti degli eventi politici del paese. Tragam-me a Cabeça de Carmen M. è costituito di due parti in montaggio alternato, una a colori e una in bianco e nero. Quest’ultima rappresenta l’apprendistato di Ana, il suo lavoro sul personaggio di Carmen Miranda, che è giocoforza un lavoro sulla sua voce e sulla sua danza, ma anche un percorso culturale lungo e difficile nel cuore della cultura brasiliana più autentica. Ana prova i vocalizzi, si addestra con dei musicisti, prova numeri di danza con dei palloncini, si allena a portare sulla testa degli oggetti a forma di frutta, preludendo ai famosi copricapi della cantante, guarda i film di Carmen Miranda (in una scena che i registi fanno vedere dal punto di vista della cabina di proiezione).

A parte un accenno del motivo famosissimo di Tico Tico, e altri brani, tutto il suo percorso di training è volto a riprodurre la canzone Recenseamento, che suona come autobiografica per l’artista, alludendo a un umiliante censimento nella favela, ma al contempo esaltando tutte le cose preziose che il Brasile le ha dato: il cielo azzurro, il Pan di Zucchero e Pernambuco, São Paulo, Bahia, un set di armonia senza rivali. Una donna anziana misteriosa, sulla sedia a rotelle, le fa da tutor. Come un deus ex machina, capace di interrompere a comando la musica extradiegetica che era partita nel vecchio teatro diroccato.
La parte a colori rappresenta invece l’estetica cromatica kitsch, la tavolozza che è la quintessenza dell’arte di Carmen Miranda. Che si esprime in un mondo di derelitti, in un quartiere popolare diroccato di Rio, in un palazzo fatiscente. Qui Ana viene portata da una trans che l’ha soccorsa, trovata priva di sensi su un marciapiede, con quell’abito colorato che portava anche alla fine della parte in bianco e nero, nell’indifferenza generale, presidiata solo da un gatto bianco, impugnando uno specchio proprio come il corpo di Carmen Miranda quando fu ritrovato privo di vita.
Trait d’union tra le due parti è quella scena ricorrente della schiena di Ana, coperta di brillantini, che si appresta all’esibizione, si scoprirà nel teatro diroccato che – virato al colore – acquista un nuovo splendore, pronto ad accogliere la catarsi del numero musicale di Recenseamento.

Info
Il trailer di Tragam-me a Cabeça de Carmen M.

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