Soul
di Kemp Powers, Pete Docter
Nuova visionaria riflessione metafisica firmata da Pete Docter, stavolta in co-regia con Kemp Powers, Soul scandaglia l’animo umano fino a risalire all’origine della personalità di ognuno. Film d’apertura della Festa del Cinema di Roma 2020.
Lo scopriremo solo vivendo
Joe Gardner, insegnante di musica della scuola media, ha finalmente l’occasione di suonare nel migliore locale jazz della città. Un fatale passo falso lo proietta dalle strade di New York fino al luogo in cui le nuove anime ricevono la loro personalità, prima di piombare sulla Terra. Determinato a ritornare alla propria vita, Joe si allea con 22, un’anima ancora in formazione che non capisce il fascino dell’esperienza umana. Mentre Joe cerca disperatamente di mostrare a 22 cosa renda la vita così speciale, troverà le risposte alle questioni più rilevanti della nostra esistenza. [sinossi]
Dopo aver esplorato il lavorio delle emozioni in Inside Out, Pete Docter, affiancato in co-regia da Kemp Powers, prosegue la sua indagine sull’umano con Soul, dedicandosi stavolta a setacciare le nostre anime fino a risalire dritto all’origine della personalità di ciascuno. Film d’apertura della 15esima edizione della Festa del Cinema di Roma, tristemente destinato dalla Disney all’uso domestico – e non collettivo in una sala -, tramite la sua piattaforma Disney Plus, Soul ha numerose anime, inevitabilmente: è classico come un vecchio film hollywoodiano, filosofico e geniale come i precedenti lavori di Docter (Up, Inside Out, Monsters & Co.), visivamente ammaliante. E anche un po’ inquietante, certo, con quelle riflessioni sull’oltre-vita che evitano sapientemente riferimenti religiosi ancorandosi da un lato all’ideologia umanistica alla Frank Capra, dall’altro a Scala al paradiso di Powell e Pressburger. Il tutto sublimato in una resa visiva di natura estetico-estatica che conferma, e sospinge anche un po’ oltre, le ben note qualità dei prodotti Disney-Pixar.
A finire nell’oltre-vita in Soul è il professore di musica della scuola media Joe Gradner (Jamie Fox, in originale), che ha appena ottenuto un ingaggio nell’ambita jazz band della sassofonista Dorothea Williams (Angela Basset, in originale) quando l’entusiasmo gli gioca un tiro mancino, facendolo precipitare in un tombino newyorkese. E da lì su una scala mobile verso l’ignoto. Provando con tutte le forze a tornare indietro, Joe finisce in un limbo pre-natale, dove le anime vengono formate affinché trovino ognuna la propria “scintilla”, quel qualcosa che li rende pronti ad affrontare la vita terrena. Non vuole saperne però di incarnarsi e scendere tra gli uomini l’anima chiamata 22 (Tina Fey, in originale) che verrà affidata proprio a Joe, scambiato per errore con un noto pedagogo passato a miglior vita. I due faranno squadra: d’altronde 22 vuole fortemente restare lì e dunque non-nascere, mentre Joe vuole tornare sulla Terra, e dunque non-morire. Piombati sul nostro pianeta grazie a un comandante di veliero fricchettone che viaggia sulle note di Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan, 22 si incarna erroneamente nel corpo di Joe e quest’ultimo in quello di un gatto. New York e il jazz fanno il resto, in un percorso formativo duplice e denso di scoperte, avventure, emozioni.
Centrale in Soul è dunque il ruolo del jazz come linguaggio condiviso, al tempo stesso collettivo e individuale, all’interno del quale si può suonare in armonia (e variazione) con gli altri, ma anche perdersi nell’assolo. Il che sembra proprio un riassunto impeccabile dell’ideologia statunitense così come la ritroviamo da sempre nel cinema hollywoodiano, devoto ora a celebrare la libertà del singolo, ora ad esaltare il suo eroico contributo (o sacrificio) nei confronti del prossimo e della collettività. In filigrana, tra le righe di questo racconto, emerge la problematica questione della “dittatura del talento” che troviamo incarnata in quella “scintilla” che ogni anima deve trovare prima di nascere, figlia della cultura protestante e ancor più di quella calvinista, con la correlata predestinazione. A dirimere l’annosa questione culturale statunitense ci pensano da un lato l’umanesimo del Frank Capra di La vita è meravigliosa, dall’altro l’altrettanto imperituro inno alle piccole cose: lo stormire delle foglie d’acacia di una New York in autunno, la risacca del mare che bagna i piedi. Da questo punto di vista, ovvero nel suo riallacciarsi allo schema di un racconto classico hollywoodiano, Soul appare più tetragono e meno convincente di Inside Out, la cui libertà associativa tra idee di stampo filosofico e mirabilanti immagini digitali resta dunque insuperata.
Ma è proprio sul versante puramente audio-visivo che Soul risplende, e in particolare nelle sequenze che riguardano l’oltre-vita. Qui, sottolineate dal contributo musicale di Trent Reznor e Atticus Ross, trasparenze e iridescenze regalano allo sguardo visioni inedite, mentre Docter mescola sapientemente disegno e pixel, abissi di oscurità, aurore boreali, tridimensionalità e linearità, citando anche, più esplicitamente di quanto non facesse già in Inside Out, le evoluzioni imprevedibili della Linea di Osvaldo Cavandoli.
E mentre le riflessioni metafisiche ci tormentano e la meraviglia audiovisiva ci avvolge non possiamo far a meno di pensare quanto Soul sia stato considerato dalla sua casa madre-matrigna anche come un mero “prodotto” e in quanto tale trattato secondo le logiche di un mercato che non conosce più regole né memoria e nemmeno, forse, sentimento. Già perché estirpare Soul dalla magia di una pubblica proiezione in sala e spedirlo nel limbo della piattaforma Disney Plus per le festività natalizie significa trattarlo come un prodotto. Ma non è forse ciò che la fabbrica delle illusioni ha sempre fatto? Con buona pace delle intuizioni intellettuali del film in questione, delle annotazioni preziose sui processi educativi, dell’inno etico al sacrificio, di quella questione sull’ensemble jazzistico che forse trascende, forse esalta l’individuo. E viene allora altrettanto naturale chiedersi se un film, un’opera audiovisiva, possa valicare, trascendere il suo sfruttamento industriale. Lo scopriremo solo vivendo.
Info:
Il trailer di Soul.
- Genere: animazione
- Titolo originale: Soul
- Paese/Anno: USA | 2020
- Regia: Kemp Powers, Pete Docter
- Sceneggiatura: Kemp Powers, Mike Jones, Pete Docter
- Fotografia: Ian Megibben, Matt Aspbury
- Montaggio: Kevin Nolting
- Colonna sonora: Atticus Ross, Trent Reznor
- Produzione: Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures
- Durata: 100'