Tár

Tár

di

Scritto e diretto da Todd Field, Tár è il ritratto di una donna di potere, interpretata da una magnifica Cate Blanchett, che crede di poter regolare e gestire il destino di chiunque, così come fa quando dirige i suoi orchestrali. In concorso a Venezia 79.

Il mio regno per una bacchetta

L’americana Lydia Tár dirige da tempo l’Orchestra Filarmonica di Berlino, una delle più importanti orchestre al mondo. Ha scritto un libro di memorie che presenterà a breve a New York, è una lesbica dichiarata e ha la tendenza a essere parecchio dispotica. [sinossi]

Todd Field ha alle spalle una carriera d’attore (era il pianista Nick Nightingale in Eyes Wide Shut), carriera che decise di abbandonare nell’ormai lontano 2001 per dedicarsi a tempo pieno alla regia. Da allora, fino ad oggi, era però riuscito a realizzare solo due film, In the Bedroom (2001) e Little Children (2006), con in mezzo un mare di progetti mai portati a compimento. E ora, finalmente, ha potuto dirigere il suo terzo lavoro, Tár, presentato in concorso a Venezia 79, permettendo di rinfrescarci la memoria sulle sue tutt’altro che banali doti di metteur en scène.

Potrebbe sembrare un luogo comune critico dire che il personaggio della protagonista – la Lydia Tár del titolo, interpretata da una debordante Cate Blanchett – sia un personaggio shakespeariano, ma in effetti ci pare proprio così. Come immaginare altrimenti questa figura di donna potentissima in campo musicale, che fa la direttrice d’orchestra alla Filarmonica di Berlino e che usa questo suo potere per “bacchettare” chiunque abbia intorno, se non come un curioso e azzeccato aggiornamento del Re Lear o del Riccardo III? Di quelle figure insomma che esistono solo finché regnano con la loro corona e che nel momento stesso in cui la perdono, tornano a essere delle nullità.

Qui la corona è ovviamente sostituita dalla bacchetta, ma il gioco è lo stesso, e lungo tutto il film assistiamo al cinismo di Lydia Tár che manovra ogni personaggio a suo piacimento senza rendersi conto che nemmeno l’onnipotenza è eterna. D’altronde, ovviamente, sempre per restare in tema shakespeariano, Tár è anche un film sul ciclo della vita, nel senso che la protagonista, che ancora asseconda il suo vecchio maestro senza però più dargli retta, non vuole neppure pensare all’idea che prima o poi anche lei potrà e dovrà essere sostituita. Cerca perciò di celare questo orrore, questo horror vacui, attirando a sé delle persone più giovani affinché possano infonderle nuova linfa vitale, oltre che qualche idea artistica da rubare.

In tutto questo c’è anche un discorso molto contemporaneo che fa Todd Field: Lydia Tár è dichiaratamente lebisca, è sposata con un’altra donna (il primo violino dell’orchestra), ha una figlia adottiva di origine siriana, e allo stesso tempo è dotata di una certa libertà intellettuale che le permette di criticare aspramente le banalizzazioni sulla discriminazione di genere. Di particolare efficacia appare, in tal senso, il momento in cui lei ridicolizza un giovane musicista che aveva osato criticare Bach per le sue scelte di vita (accusato di essere maschilista per aver fatto troppi figli e per concepire in modo retrogrado il ruolo della donna). Da qui poi, visto che non per caso ci troviamo a Berlino, Field non si lascia sfuggire l’occasione di far rievocare ai suoi personaggi figure come von Karajan e la sua vicinanza con il nazismo. Tutto il mondo è paese d’altronde, e dunque anche Lydia Tár è attesa al varco della “macchina del fango”, dell’attacco della pubblica opinione. E anche in questo Field è sottile e non grossolano, nel senso che sceglie di non rivelarci del tutto quali sarebbero le sue colpe, non ci fa capire se la protagonista si meriti o meno il destino cui va incontro. No, perché ciò che importa è il destino stesso, cioè la fatalità del tempo che tutto travolge.

D’altronde cos’altro fa il direttore d’orchestra se non regolare il tempo dei suoi orchestrali? Accelera e rallenta, a suo piacimento, per libera reinterpretazione degli spartiti musicali, credendo così ingenuamente di poter orchestrare e tenere sotto controllo ogni cosa. E, oltre al fatto che viene anche naturale pensare a un parallelismo tra direttore d’orchestra e regista, ciò che importa in Tár è proprio questa riflessione sul tempo, che diventa anche tempo scenico, di durata delle sequenze, a tratti molto lunghe, a tratti brevissime, e sottilmente elusive e allusive. Ma ciò che importa ancor di più è che ogni aspetto musicale del film appare decisamente credibile, vista la minuziosa documentazione che Field ha messo in opera. Così, nei momenti in cui Cate Blanchett prende la bacchetta e dirige sembra di entrare direttamente nell’esaltazione di trasporto purissimo che solo la musica può dare.

L’unico neo di Tár – ma è un neo sin troppo evidente – ci pare di individuarlo in un finale troppo sbrigativo e in cui il senso, se dovesse essere quello che potrebbe sembrare, e cioè di una musica classica che viene sostituita e scavalcata da modi spettacolari deteriori, apparirebbe un po’ troppo facilmente moralista. Ma forse è meglio lasciar sospeso il giudizio su questo punto e tenerci stretto tutto quel che s’è visto prima, che è ben prezioso.

Info
La scheda di Tár sul sito della Biennale di Venezia.

  • Tár-2022-Todd-Field-01.jpg
  • Tár-2022-Todd-Field-02.jpg

Articoli correlati

Array
  • Venezia 2022

    Venezia 2022 – Minuto per minuto

    Venezia 2022 riapre le sale al 100% della capienza, ma dopo due anni di pandemia deve fare i conti con una guerra a poco più di mille chilometri di distanza, tutto questo mentre l'Italia è nel pieno della campagna elettorale. Riuscirà il cinema a catalizzare l'attenzione anche di chi non è addetto ai lavori? Lo scopriremo presto...
  • Festival

    Venezia 2022

    Venezia 2022, settantanovesima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, riapre le sale al 100% della capienza; un ritorno alla normalità, offuscato però almeno in parte dalla guerra che infuria a poco più di mille chilometri dal Lido, dalla crisi energetica, e anche dall'approssimarsi delle elezioni politiche.
  • Cult

    the gift recensioneThe Gift

    di Nel 2000, subito prima di volteggiare tra le ragnatele di Spider-Man, Sam Raimi mette in scena una sorta di bizzarro ibrido tra le esigenze del gotico e l'ambientazione paludosa della Georgia. Ne viene fuori The Gift, fantasmatico viaggio nel cuore acquitrinoso dell'America, in cui anche il "dono" è una dannazione.
  • Festival

    Venezia 2022 – Presentazione

    È stato presentato il programma di Venezia 2022, settantanovesima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica che si svolge nell'anno in cui si festeggia anche il novantennale della prima edizione: Alberto Barbera conferma e forse in parte perfino radicalizza la sua linea editoriale.
  • In Sala

    La fiera delle illusioni recensioneLa fiera delle illusioni – Nightmare Alley

    di Omaggio ma soprattutto riappropriazione del noir classico, La fiera delle illusioni non contrappone luci e ombre, semplicemente le mescola, le rende indivisibili, ricordandoci le mille sfumature dell'animo umano...
  • In sala

    Che fine ha fatto Bernadette? recensioneChe fine ha fatto Bernadette?

    di Che fine ha fatto Bernadette?, il ventesimo lungometraggio di Richard Linklater, è stato accolto negli Stati Uniti come un flop (con conseguenti pessimi incassi). In realtà appare come un doveroso tassello nella ramificata filmografia di uno dei più completi autori dell'ultimo trentennio.
  • Archivio

    Carol RecensioneCarol

    di Il cinema di Todd Haynes è una macchina del tempo: basta lasciarsi andare, immergersi nella perfezione stilistica di Carol, per ritrovarsi nel melodramma classico hollywoodiano. Sirk, Minnelli, il rigido conformismo degli anni Cinquanta...
  • Archivio

    Un'immagine di Blue Jasmine, il nuovo film di Woody AllenBlue Jasmine

    di Lasciati da parte i cliché da cartolina, Woody Allen con Blue Jasmine torna a puntare l'obiettivo sugli esseri umani e sulle dinamiche del vivere, realizzando un film dolente e doloroso che non cede al patetismo.