Ogni maledetto Natale

I creatori di Boris con Ogni maledetto Natale provano a sfatare il tabù/mito del cinepanettone, ma ne restano irretiti in modo irreparabile. Da Guzzanti a Pannofino, da Giallini a Mastandrea alla Morante, un gran cast largamente sprecato.

Panettoni per tutti

Massimo e Giulia hanno storie e vite molte diverse. Quando si incontrano, però, scatta il colpo di fulmine. C’è solo un problema: il Natale si avvicina minaccioso. La decisione di andare a trovare le rispettive famiglie per trascorrere le feste insieme si rivelerà un’insospettabile catastrofe dai risvolti tragicomici. Potrà il loro amore sopravvivere al Natale? [sinossi]

Già qualche anno fa era facile preconizzare la maledizione del cinepanettone, che di lì a breve avrebbe inglobato più o meno tutto il cinema comico. Nel momento in cui, infatti, si rivalutava questo sottogenere targato Filmauro, allo stesso tempo se ne decretava la morte e in molti si preparavano ad ereditarne i canoni e gli incassi. Il primo ad agire in tal senso è stato Fausto Brizzi (ed è stato anche il primo a fallire); e ormai il cinepanettone, amato/odiato e sdoganato/invidiato, esploderà in mille rivoli il Natale prossimo venturo (a partire dalla separazione del trio De Laurentiis-De Sica-Neri Parenti).
Sembra paradossale – ma in realtà è una logica consequenza – che chi di quel genere provava qualche anno fa a farne una parodia, ora ne rimanga perfettamente irretito. Parliamo del trio di autori di Boris, straordinaria serie TV poi seguita dal deludente Boris – Il film, in cui per l’appunto si parodiava, in clamoroso ritardo sui tempi, la comicità di De Sica&company. Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre tornano dunque al cinema con Ogni maledetto Natale e non sfuggono a nessuno dei cliché “cinepanettoneschi”: narrazione episodica per dare spazio a gag varie, la cornice di una storia d’amore fiacca e poco convincente, un cast variegato quanto mal sfruttato.

In più Vendruscolo, Torre e Ciarrapico aggiungono un tono da maledettismo e da grottesco a tutti i costi che irrita e non fa altro che togliere naturalezza a ciò che si vede in scena. Il Natale in questione è ovviamente una scusa per mettere assieme un cast amplissimo che riunisce Francesco Pannofino, Caterina e Corrado Guzzanti con Alessandra Mastronardi, con l’esordiente Alessandro Cattelan e con Marco Giallini, Valerio Mastandrea e Laura Morante. Succede così che ci si rubi la scena a vicenda (e Corrado Guzzanti al solito esagera sia nella prima che, soprattutto, nella seconda parte) e che Marco Giallini e Laura Morante finiscano per essere relegati ai margini.

La netta separazione in due tronconi di Ogni maledetto Natale – una prima parte ambientata in casa dei parenti della Mastronardi, una seconda in casa dei parenti di Cattelan e con ciascuno degli interpreti a ricoprire due ruoli – rende ancora più artefatto il tutto. Da un lato, potrebbe essere un bene, visto che in potenza l’idea sembra essere stata quella di dare spazio al virtuosismo attoriale; ma, in concreto, diventa un altro dei limiti del film. In particolare la prima parte, in cui vi è un richiamo esplicito alla mostruosità simil-Non aprite quella porta in versione comica che non viene sfruttata abbastanza e, quando la si abbandona, si ha il rimpianto di possibilità e declinazioni ulteriori su cui si sarebbe potuto lavorare in maniera più proficua. La seconda, invece, è semplicemente mal posta e poco interessante e vi si insiste in maniera decisamente eccessiva sulla satira nei confronti della comunità filippina.

Oltre a una serie insistita di gag che raramente vanno a segno, si ha l’impressione che gli autori con Ogni maledetto Natale non avessero ben chiari i loro obiettivi. Se diamo per assodato che l’elemento della satira sia il segno che meglio contraddistingue il lavoro di Ciarrapico, Vendruscolo e Torre, vien da domandarsi su cosa abbiano deciso di puntare il loro sguardo sarcastico. I difetti e le meschinità natalizie e familiste dell’italica gente non emergono infatti in maniera netta e tutto è troppo sopra le righe per trovare un qualche legame con la società (come, ad esempio, sapeva fare invece magnificamente Monicelli che partiva da una situazione pseudo-realistica e poi la traslava verso il grottesco), mentre il meccanismo del cinepanettone più che parodiato è imitato.
Ecco che allora, se agli autori di Boris viene a mancare un chiaro punto di riferimento da rovesciare cinicamente e comicamente, il castello di carte pare cadere e tutto lascia perplessi: i dialoghi pseudo-romantici, l’approssimazione della regia e della messa in scena, un cast che recita con fatica, soluzioni narrative che non convincono, un pauperismo complessivo che finisce per lasciare l’amaro in bocca. In tal senso, valga per tutti la sequenza della caccia al cinghiale che diventa involontariamente auto-parodica. Così come, infatti, di fronte a un basso budget, una brutta fiction italiana trova soluzioni spesso ridicole e mai credibili, allo stesso modo gli autori di Boris (che avevano saputo smascherare con abilità questi brutti vizi) finiscono per cadere negli identici difetti. E così si sorride nel vedere una caccia al cinghiale in cui il cinghiale non c’è (e non c’è neppure un suo manufatto) e in cui i registi maldestramente vogliono convincerci che l’animale in questione sia invece presente.
In situazioni siffatte piuttosto bisognerebbe sempre farsi forza del basso budget, perché chi agisce in modo autenticamente parodico è allo stesso tempo più libero. John Carpenter in Dark Star non aveva i soldi per fare un alieno con dei decenti effetti speciali? Bene, usando una semplice palla di gomma, ha creato uno dei “mostri” più indimenticabili della storia del cinema.

Info
La scheda di Ogni maledetto Natale sul sito del Torino Film Festival
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