The Startup

The Startup

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Matteo Achilli contro Mark Zuckerberg, The Startup contro The Social Network, Alessandro D’Alatri contro David Fincher. Una serie di confronti impari che si traducono in un film infiacchito da una scrittura che fatica a costruire due sequenze consecutive di senso compiuto, ricorrendo a facili scappatoie. Il tentativo di ricomporre il tutto appare francamente tardivo. I protagonisti sono Andrea Arcangeli, Paola Calliari, Matilde Gioli e Luca Di Giovanni.

Corviale del tramonto (dell’economia)

Qual è il sogno di ogni ragazzo (e non solo) di oggi? Inventare una app e svoltare! È quello che riesce a fare Matteo Achilli, diciannovenne romano che, esasperato dall’ennesima ingiustizia subita, inventa un social network che fa incontrare domanda e offerta di lavoro in modo innovativo. All’inizio nessuno crede al progetto e molti sono i falchi pronti ad approfittare di lui. Ma Matteo tiene duro, non demorde e ad un certo punto arriva la svolta. A soli 19 anni si ritrova così, da un giorno all’altro, al centro degli interessi del mondo che conta. Da Roma a Milano, dalla borgata del Corviale al tetto dei grattacieli della city milanese: in breve tempo Matteo acquista popolarità e soldi. La sua faccia è sulle prime pagine dei giornali e la sua Start Up, che conta decine di migliaia di iscritti, fa gola ad aziende importanti. Ma il successo ha un prezzo: prendere o lasciare? Il costo sono gli affetti più cari: la famiglia, l’amicizia, l’amore. Cosa sceglierà Matteo? Ispirato ad una storia vera. [sinossi]

Ci sono due film in The Startup: il primo è fatto di lunghe riprese in totale del “serpentone” di Corviale, e di lunghi e poco digeribili intermezzi musicali in cui il ritmo del montaggio si allinea alla prassi del videoclip – o meglio, vorrebbe allinearsi – per sopperire a una mancanza di scrittura evidente, tanto nelle situazioni quanto nei dialoghi tra i personaggi in scena; il secondo invece tenta di trovare un assetto compiuto, prova a raccontare una storia che pur nella sua fin troppo evidente classicità potrebbe (il condizionale è d’obbligo) dire qualcosa sull’Italia di oggi, sulla crisi del lavoro, sull’effetto tellurico provocato dai social network e dal concetto stesso di rete. Questi due film, pur con il medesimo cast in scena e lo stesso gruppo di lavoro alle spalle, non sviluppano alcuna forma dialettica tra loro. La distanza sembra quasi geografica, magari la stessa che divide la Milano bocconiana dalla Roma dell’estrema periferia, i cocktail sui grattacieli da una corsa in motorino ai “cancelli” di Castel Porziano, la sbronza post-festino da una pizza con la fidanzatina di sempre. Il problema più evidente di The Startup, ritorno alla regia cinematografica di Alessandro D’Alatri a sette anni di distanza dal dimenticabile e dimenticato Sul mare, risiede proprio in questa doppia faccia, nell’incapacità di gestire una materia di per sé non priva di interesse.

L’evidenza principale di The Startup è quella di guardare con insistenza dalle parti di The Social Network: al di là del confronto diretto con il film di David Fincher, che si dimostra ovviamente impari da qualsiasi punto si decida di affrontare la questione, si possono trovare punti d’aggancio tra l’esperienza di vita di Mark Zuckerberg e quella di Matteo Achilli. Sì, perché anche D’Alatri parte da una vicenda realmente avvenuta, e si lancia dunque in un biopic in corso d’opera: Achilli, che quando fondò Egomnia (la sua startup dedicata a chi cerca e assegna lavoro) aveva solo diciannove anni, ora ne ha appena venticinque. Il biopic dirazza ben presto, se si considera che la famiglia di Achilli è originaria di Formello ma la produzione ha pensato bene di sfruttare per lo skyline il casermone popolare di Corviale, nel bel mezzo del nulla di Poggio Verde e a pochi passi dalla Portunse. Opportunità nazionalpopolari che servono a rendere con maggiore forza uno dei tratti distintivi del film, quello di narrare una storia di riscatto dal basso alla conquista di una vetta economica che, pare suggerire D’Alatri, è comunque alla portata di tutti. Basta meritarsela.
La meritocrazia, punto d’approdo del social network inventato da Achilli per permettere a chi non ha appoggi e raccomandazioni di veder calcolato “matematicamente” il proprio valore all’interno del mercato del lavoro, è un altro dei nodi scorsoi difficili da sciogliere nell’intrico di The Startup. Per tutta la durata del film, e perfino quando il protagonista si risveglia dalla sbronza turbocapitalista e cerca di riappropriarsi dei valori nei quali è stato cresciuto (un po’ labili e mal raccontati, c’è da dire), quello che sembra mancare è la componente umana: già non presa in considerazione da Achilli, che punta tutto su un algoritmo matematico e dunque impossibilitato a fallire, questa viene dispersa anche in fase di sceneggiatura.

La storia di corsa verso la vetta, caduta nel baratro e redenzione, nella sua classicità, potrebbe anche funzionare – e infatti, come già scritto, il segmento milanese regge molto meglio di quello romano, costretto invece in micro-sequenze mal coordinate e tirate inutilmente per le lunghe –, ma nella scrittura portata a termine dal regista insieme a Francesco Arlanch si fatica a rintracciare germi di empatia verso personaggi tagliati con l’accetta e utilizzati in forma esclusiva come contrappunti a un protagonista, l’Achilli interpretato da Andrea Arcangeli, che è l’unico apparentemente dotato di una rotondità e di una pur minima stratificazione emotiva.
Mentre The Social Network veleggia via inquadratura dopo inquadratura, e D’Alatri si lancia anche in ardimentose citazioni ai limiti del trash della sequenza onirica de L’Atalante (quella che fino a poco tempo fa era la splendida sigla di Fuori Orario – Cose (mai) viste), The Startup finisce con troppa rapidità per “crashare”, utilizzando un termine rubato proprio al film. Resta la conferma di un regista sempre più ingabbiato in forme che non sembra maneggiare con particolare cura, ma che sceglie comunque di affidarsi a un interessante cast di giovanissimi che vede in scena, oltre al già citato Arcangeli, Paola Calliari e la Matilde Gioli de Il capitale umano. Insieme a loro Luca Di Giovanni, attore e regista indipendente romano, qui alla sua prima parte di peso al cinema ma del quale sarebbe da recuperare almeno il volutamente sgraziato Frocio di coccio.

ps. Nel suo forse involontario riferimento a eventi recenti, merita una citazione a parte la battuta scult che l’ingegnere interpretato da Di Giovanni serve ad Achilli: “A Matte’, qua mica è la Silicon Valley, eh!”. Ogni riferimento ecc. ecc.

Info
Il trailer di The Startup.
Il sito ufficiale di The Startup.
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