Cannes 2009
La 62a edizione del Festival di Cannes è stata senza alcun dubbio una delle più importanti degli ultimi anni, non fosse altro per i nomi che ne componevano la struttura. Cannes 2009 raccoglieva davvero il meglio del cinema contemporaneo, nelle sue molteplici derive e divagazioni.
Che faccia parte del gioco discutere delle decisioni della giuria di un festival, e la competizione è per sua natura una sorta di gioco e come tale va sempre analizza, è una delle figure retoriche ormai più radicate della contemporaneità cultural-commerciale. Soprattutto a noi italiani – abituati come siamo a trasformarci di volta in volta in allenatori quando si parla di calcio, in velisti intrepidi quando parte l’American’s Cup o in registi/critici quando si parla di cinema – la cosa non è che ci colpisca poi tanto. Si può discutere quanto si vuole sulle decisioni della giuria di questa Cannes 2009, capitanata da Isabelle Huppert, ma sono delle valutazioni in cui entra in gioco un fattore, chiamato soggettività, che porta ognuno verso una strada diversa da quella intrapresa dall’altro. Per fortuna, intendiamoci, altrimenti sai che piacere vedere 22 film gareggiare tra loro sapendo fin dal principio chi vincerà?
La verità, perché è di questo che si tratta, è che non aver visto trionfare il nostro cavallo tricolore, su cui tanto avevamo puntato, ci ha quantomeno irritato. La vittoria di Haneke, con il suo Das weisse band, non è assolutamente uno scandalo, e se di scandalo si vuol proprio parlare a parer nostro non è tanto quello di non aver premiato il Bellocchio di Vincere, quanto il non aver trovato posto in palmarés per una pellicola come The Time That Remains del palestinese Elia Suleiman, a nostro personalissimo avviso il miglior film in concorso. Ma è un parere e vale esattamente come quello della giuria, soltanto che a decidere sono stati chiamati loro e dunque… [continua a leggere]