Villetta con ospiti

Villetta con ospiti

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Villetta con ospiti è il sesto film da regista di Ivano De Matteo, che per l’occasione costruisce un noir per portare in scena una delle tematiche a lui più care: il conflitto di classe. Affascinante anche se imperfetto.

Uno sparo nel buio

Giorgio è un romano senza troppi scrupoli morali che ha sposato Diletta, discendente della famiglia Tamanin, proprietaria di un’importante azienda vinicola nel nord-est. Hanno due figli, la più grande dei quali è adolescente e vive un rapporto estremamente conflittuale con i genitori. Nella loro villetta di notte Diletta sente dei rumori, e spaventata spara nel buio… [sinossi]

All’interno di una produzione cinematografica che, nel suo prodotto medio, sembra aver completamente dimenticato la possibilità del “politico”, l’esperienza professionale di Ivano De Matteo riveste un ruolo del tutto peculiare, occupando di fatto una casella lasciata colpevolmente vuota. Fin dall’esordio con Ultimo stadio, nel 2002, il regista romano ha mostrato la volontà di smarcarsi dalla rappresentazione conforme alla prassi, cercando di rintracciare le coordinate smarrite di un cinema che sappia coniugare le istanze del popolare a una lettura sapida della società, delle sue distonie, delle sue evidenti falle strutturali. In particolar modo a partire da La bella gente, nel 2009 (moltissime realtà editoriali riportano erroneamente come data il 2015, che è solo il momento in cui il film fu estratto dall’ingiusto oblio in cui era stato celato: tra i tanti drammi legati al cinema in Italia si può annoverare anche la sciatteria della critica, e del giornalismo dedito allo spettacolo), De Matteo ha compiuto un salto in avanti, sia sotto il profilo dell’ambizione che sotto quello della scrittura per immagini: accompagnato dalla fedele sodale Valentina Ferlan, il regista e attore – lo si può ricordare tra gli altri in Velocità massima di Daniele Vicari e Tutti contro tutti di Rolando Ravello – ha iniziato a scandagliare passo dopo passo la crisi della borghesia, buona o media che sia. E lo ha fatto senza alcuna volontà di indorare la pillola, allargando anzi il discorso al disprezzo di classe della borghesia (anche quella in crisi economica), al suo perbenismo ipocrita, all’odio verso il diverso. Il suo cinema è uno dei pochi a mettere in rilievo, senza farlo diventare epicentro del discorso e senza ricorrere alla retorica della lacrima, il modo in cui è percepito il fenomeno migratorio, soprattutto quello delle persone che vengono dall’est, e che sono dunque a volte anche comunitarie.

Dopo Nadja, la prostituta ucraina “salvata” dalla famiglia di “sinistra” ne La bella gente (quasi una rilettura del Boudou salvato dalle acque di Jean Renoir), e Larissa, a sua volta prostituta ne La vita possibile, ora c’è Sonja, che ha lasciato il figlio più piccolo a Bucarest ma si è portata dietro, nella sua trasferta lavorativa in Italia, il maggiore: Adrian però si sente rumeno, non vuole parlare italiano con la madre e disprezza un po’ tutti, dai padroni – la famiglia Tamanin, ricchi imprenditori vinicoli per cui lavora la madre, come badante dell’anziana capo-famiglia – a suo zio, che traffica con la Romania in modo in proprio e non solo legale. Ancora una volta De Matteo abbandona Roma per muoversi al nord, ma senza mai lasciarla mai davvero alle spalle, visto che il personaggio interpretato da Marco Giallini, squallido fedifrago che è pavidamente succube del poliziotto corrotto cui dà un volto Massimiliano Gallo, è ovviamente capitolino. Forse si può partire proprio dalla collocazione geografica per comprendere fino in fondo ciò che interessa davvero a De Matteo e Ferlan. All’interno della storia raccontata in Villetta con ospiti è rappresentato l’intero spettro sociale italiano: c’è il romano, il napoletano – Gallo –, i veneti, il milanese (Bebo Storti, un ortopedico che truffa i suoi anziani clienti intervenendo sull’anca con protesi di scarsa qualità e prossime al deperimento), e ovviamente gli stranieri. Ci sono i padroni e i servi, e le due classi sono nettamente distinte, per quanto i primi facciano finta di trattare i secondi come loro pari. In questo senso De Matteo conferma di essere uno dei pochi registi italiani davvero interessati alla messa in scena del rapporto tra le classi e dell’inevitabile conflitto che ne deriva. Il fatto che Villetta con ospiti raggiunga le sale a pochi mesi di distanza da Parasite di Bong Joon-ho permette da un lato di scorgere una continuità ideale, una riflessione che si sviluppa a livello globale (interessante sarebbe porre questi titoli anche in relazione a Joker, che affronta la questione da una prospettiva forse meno conscia e più movimentata), ma dall’altro evidenzia anche alcune difficoltà del film di De Matteo.

Molte sono le intuizioni brillanti, sia in fase di scrittura che di regia: funziona il microcosmo totalmente corrotto – perfino il parroco interpretato da Vinicio Marchioni ha un grande scheletro nell’armadio –, funziona benissimo la scelta di lavorare ai fianchi il reale attraverso l’utilizzo della metafora animale, del sottobosco magari anche ferale ma limpido, specchiato, naturale (in tutti i sensi). Funziona anche la messa in scena di De Matteo, calibrata ed elegante, in grado di muoversi sia negli spazi aperti, su cui si apre il film e si concentra la prima parte, sia nell’angusta scala che divide la villetta e le classi – quel salire e scendere della seconda metà tra un piano e l’altro è un interessante rappresentazione plastica dell’impossibilità di trovarsi sullo stesso livello quando la base di partenza sociale è così distante. A venir meno, purtroppo, è però la narrazione: nel suo essere un meccanismo Villetta con ospiti si muove oliato, ma sacrifica la descrizione intima dei personaggi a vantaggio di uno schema predefinito che non viene mai messo in discussione. Monolitico nella sua funzione politica, il film non riesce però a trovare la giusta distanza tra la tesi e il suo svolgimento, facendo annaspare il secondo nella prima. Con il passare dei minuti i personaggi si trasformano in tipi, in simulacri cinematografici del ruolo sociale che rappresentano: gli imprenditori, i poliziotti, i preti, i medici, i servi e via discorrendo. In questo modo si depotenzia in parte il côté emotivo del racconto, rendendo il tutto un po’ troppo asettico, distante. Magari perfetto – sulla qualità professionale del film non c’è molto da dire – ma tendente all’auto-soffocamento. Il talento di De Matteo non è in discussione, ma l’impressione è quella di un’occasione parzialmente sprecata.

Info
Il trailer di Villetta con ospiti.

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