C’è ancora domani

C’è ancora domani

di

Paola Cortellesi esordisce alla regia con C’è ancora domani, commedia all’italiana ambientata sul finire della Seconda guerra mondiale e incentrata sul ruolo del femminile e sulla necessità di agire nella società; un lavoro interessante che poggia su un cast di primo livello ma non sa evitare il rischio della calligrafia di un’epoca passata e della retorica. In concorso alla Festa del Cinema di Roma.

L’onorevole Delia

Delia è la moglie di Ivano, la madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni 40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle. Ivano è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino, un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa, con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza. È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio, e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante. Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei. [sinossi]

Per una bizzarra coincidenza C’è ancora domani, il film con cui esordisce alla regia Paola Cortellesi, raggiungerà le sale – dopo la presentazione in anteprima alla diciottesima Festa del Cinema di Roma, dove ha svolto l’ambito ruolo di titolo di apertura – a solo un paio di settimane di distanza da L’ultima volta che siamo stati bambini, prima regia cinematografica per Claudio Bisio. Due affermati interpreti che da decenni lavorano all’interno del sistema produttivo nazionale esordiscono quasi in contemporanea (si potrebbe aggiungere alla conta anche Margherita Buy col suo Volare) e, ed eccola la vera bizzarria, tornano con lo sguardo a epoche passate. Se Bisio infatti concentra la sua storia nei giorni successivi al tragico rastrellamento del ghetto di Roma, Cortellesi si sposta appena un passo più in là, nella Roma liberata dai fascisti ma ancora controllata dalla polizia militare statunitense, e in attesa di votare al referendum che deve determinare se l’Italia continuerà a essere una monarchia o diventerà una repubblica parlamentare. Entrambi, con qualche inevitabile sentore di drammatico, articolano il proprio discorso nel campo della commedia: ma se Bisio sembra guardare a opere più prossime nel tempo e d’origine d’oltreoceano (si pensi a Jojo Rabbit, evidentemente, ma anche a Stand by Me), Cortellesi si ritrova a maneggiare una materia che molto ha a che vedere con la storia del cinema italiano. La scelta poi di immortalare il proprio esordio alla regia in un bianco e nero contrastato e d’antan sottolinea con ulteriore forza la volontà di smarcarsi da un certo tenore della commedia italiana contemporanea per riallacciarsi a un passato che però – ed è un punto su cui il film non può che traballare – non esiste più in nessun modo.

Nella sua storia che parla di una donna, Delia, che vive in un quartiere popolare e – vessata dal marito violento e dal suocero cui deve fare praticamente da badante, visto che è quasi immobile a letto – ha come unico orizzonte di rivalsa il matrimonio che la figlia dovrebbe contrarre con un coetaneo di buona famiglia (in realtà arricchiti che si sono trasferiti a Roma dalle campagne), Paola Cortellesi ha modo di rivendicare con forza un ruolo, vale a dire quello di Anna Magnani dell’oggi, in grado di rappresentare con onestà la romanità più verace e allo stesso tempo di interpretare un personaggio mai remissivo, sempre in grado di seguire il proprio pensiero nonostante gli evidenti ostacoli posti dalla società in cui vive. Di più, Cortellesi va oltre il punto di riferimento scelto perché contrariamente a Magnani scrive – insieme ai fedeli sodali Furio Andreotti e Giulia Calenda, rodata squadra alla base delle commedie di successo di Riccardo Milani – e dirige in prima persona, potendosi dunque costruire addosso il personaggio. In questo modo colei che esordì nel mondo dello spettacolo cantando la fortunatissima sigla del “Cacao meravigliao” di arboriana memoria dichiara coram populo la propria centralità all’interno degli usurati schemi della produzione nazionale, di cui è in effetti una delle poche certezze almeno per quel che concerne il rapporto diretto con il pubblico. E il discorso che sotterraneamente si fa largo in C’è ancora domani, vale a dire il ruolo della donna e la possibilità che attraverso il voto si superi la prima e basilare ghettizzazione di genere, quella che vuole la donna a occuparsi della casa e dei figli e l’uomo a lavorare, è come se trovasse nell’esperienza umana di Cortellesi, e nella sua capacità di dominare il proscenio produttivo, una risposta ben più naturale dell’artificio retorico sviluppato attraverso la narrazione.

Mattatrice che non ha eguali nel cinema italiano degli ultimi anni, Cortellesi dimostra anche di possedere uno sguardo proprio, e di avere la necessaria ambizione per uscire dalle stantie e preordinate visioni in cui può essere stata incasellata nel corso del tempo; certo, C’è ancora domani non manca di eccessi retorici, e il calligrafismo eccessivo in cui si imita un tempo che non c’è più fa perdere di mordente al discorso, ma la gestione dei tempi della commedia è davvero encomiabile e il fatto che si torni a produrre un film per il pubblico non è un punto che si può trattare con superficialità. Semmai sarebbe stato meglio evitare alcune sottotrame inessenziali – il rapporto tra Delia e un soldato afroamericano, per esempio – e un utilizzo davvero esondante delle canzoni, per di più praticamente tutte contemporanee. Vera e propria macchina da guerra attoriale (ma l’intero cast merita un plauso, da Valerio Mastandrea e Emanuela Fanelli, fino a Giorgio Colangeli) Cortellesi per potersi davvero fregiare del ruolo di “Magnani del Ventunesimo Secolo” dovrebbe confrontarsi in futuro – ragionando sulle regie in proprio – con il mondo che la circonda, e rintracciare lì, nel contemporaneo, le schegge di popolana romanità che le sono consone, senza rimanere intrappolata nel tempo, nella Storia, e nel suo peso inevitabilmente schiacciante. C’è ancora domani è in ogni caso un’opera prima non priva di elementi di interesse, e con un colpo di scena finale forse eccessivamente retorico (come le scritte bianche su sfondo nero che anticipano i titoli di coda) ma non per questo disprezzabile. A volte basta una matita copiativa per far compiere un balzo in avanti a una società.

Info
C’è ancora domani, il trailer.

  • ce-ancora-domani-2023-paola-cortellesi-01.jpg
  • ce-ancora-domani-2023-paola-cortellesi-02.jpg

Articoli correlati

Array
  • Festival

    Roma 2023 – Presentazione

    Roma 2023, diciottesima edizione della Festa, introduce la kermesse capitolina nella cosiddetta “età adulta”. I problemi però rimangono sempre gli stessi, almeno a prima vista: una identità difficile da mettere a fuoco, e una collocazione scomoda all’interno della città. Grande spazio lo ottiene, come dopotutto già a Venezia, il cinema italiano.
  • Festival

    Roma 2023

    Roma 2023, diciottesima edizione della Festa, introduce la kermesse capitolina nella cosiddetta "età adulta". I problemi però rimangono sempre gli stessi, almeno a prima vista: una identità difficile da mettere a fuoco, e una collocazione scomoda all'interno della città. Grande spazio lo ottiene il cinema italiano.
  • In sala

    Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto

    di Riuscito mix tra satira di costume e politica, Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto di Riccardo Milani conferma l'affiatamento comico tra i suoi protagonisti, gli ottimi Paola Cortellesi e Antonio Albanese, mentre riesce a far emergere tra le righe un discorso sulla politica culturale contemporanea.
  • In sala

    Figli (2020) di Giuseppe Bonito - Recensione | Quinlan.itFigli

    di Arguta e dettagliata analisi delle difficoltà di una coppia alle prese con l'arrivo del secondogenito, Figli di Mattia Torre, per la regia di Giuseppe Bonito, è una commedia amara e spassosa, in grado di restiture inquietudini e difficoltà del nostro tempo.
  • In sala

    Ma cosa ci dice il cervello RecensioneMa cosa ci dice il cervello

    di Commedia, action spionistico, revenge movie. Corale eppure costruito attorno a un'indiscussa mattatrice, Paola Cortellesi. Ma cosa ci dice il cervello di Riccardo Milani gioca tutte le sue carte, ma sono troppe.
  • Prossimamente

    la befana vien di notte recensioneLa Befana vien di notte

    di A distanza di dieci anni da Il sangue dei vinti Michele Soavi torna al cinema. Sarebbe una buona notizia, se non fosse che a La Befana vien di notte manca del tutto una sceneggiatura degna di questo nome. E a improvvisare un fantasy si rischia sempre molto.
  • In sala

    Come un gatto in tangenziale RecensioneCome un gatto in tangenziale

    di Ottimamente interpretato da Antonio Albanese e Paola Cortellesi, Come un gatto in tangenziale mette in piedi una vicenda semplice e banale, ma lo fa in modo convincente e senza perdere quasi mai il ritmo comico.
  • In sala

    Mamma o papà?

    di Con Mamma o papà? Riccardo Milani firma una commedia su affetti e dispetti dove l'accumularsi di trovate politicamente scorrette, anziché provocare una catarsi nello spettatore, lo avvolge in un denso velo di tedio e tristezza.
  • In sala

    Qualcosa di nuovo

    di Due valide attrici e un testo teatrale di successo non bastano a fare di Qualcosa di nuovo una esplorazione compiuta delle dinamiche del desiderio femminile. Il film di Cristina Comencini si assesta perciò su una stanca ripetizione di situazioni e battibecchi tra amiche.
  • Archivio

    Nessuno mi può giudicare RecensioneNessuno mi può giudicare

    di L'opera prima da regista di Massimiliano Bruno, una sapida commedia sull'Italia in crisi, sulle periferie, sulla Roma "bene". Con Paola Cortellesi e Raoul Bova.