Superluna

Superluna

di

Terza narrazione di finzione in quindici anni per Federico Bondi, Superluna è il suggestivo racconto di una comunità che deve ritrovare un proprio equilibrio dopo uno sconvolgente terremoto che solo per miracolo non ha fatto morti e feriti, ma ha costretto tutti a sfollare dalle proprie abitazioni. Scegliendo la prospettiva di una bambina di dieci anni Bondi tratteggia un piccolo e delicato ritratto umano, dimostrando una volta di più di saper comprendere fin nelle viscere la complessità dei sentimenti, e di essere in grado di rintracciare la poesia nella mera quotidianità. In Alice nella Città alla Festa di Roma.

La Terra vista dalla Superluna

Un terremoto colpisce la piccola comunità di Isolarotonda. Non ci sono morti né feriti, ma tutti sono costretti a lasciare le proprie case e a vivere insieme dentro alle tende della Protezione Civile. Ci sono i benzinai e la loro figlia ventenne, il muratore e la parrucchiera, il vecchio maresciallo con la moglie, e quel solitario di Pigiama. E poi c’è Viola, una bambina di dieci anni. La sua mamma, al sesto mese di gravidanza, è stata ricoverata in ospedale e Viola è rimasta sola con il papà. Tra i nuovi arrivati, c’è anche la famiglia di Anna, una sua coetanea. Manca solo Pasquale, che sembra essere svanito nel nulla. Sotto al tendone, gli adulti si arrangiano come possono tra mille difficoltà, per Viola invece è tutto nuovo! Le sembra di essere in vacanza, sempre all’aperto, senza niente di programmato. Viola e Anna sono diventate inseparabili, inventano nuovi giochi ed esplorano mondi sconosciuti, scoprendo una natura piena di misteri e di meraviglie. Ogni scusa è buona per non andare a letto e fare nuove amicizie: non hanno mai visto la gente così unita e la comunità così viva. Le due bambine si convincono così che il terremoto sia un “amico” che le costringe a stare fuori, insieme agli altri. Ma le scosse sono sempre più deboli. Presto si tornerà alla normalità, ricomincerà la scuola, arriveranno le casette a modulo e tutti si isoleranno di nuovo. E mentre la favola finisce, Viola si scontra con la complessità del mondo degli adulti. [sinossi]
Si je désire une eau d’Europe, c’est la flache
Noire et froide où vers le crépuscule embaumé
Un enfant accroupi plein de tristesse, lâche
Un bateau frêle comme un papillon de mai.
Se desidero un’acqua d’Europa, è la pozzanghera
Nera e fredda in cui nel crepuscolo profumato
Un bambino inginocchiato e colmo di tristezza, lascia
Un battello leggero come una farfalla di maggio.
Arthur Rimbaud, Il battello ebbro (1871)

È davvero un peccato che una fetta consistente del pubblico italiano non sia a conoscenza della filmografia di un cineasta come Federico Bondi, che negli ultimi quindici anni di carriera ha portato a termine tre lungometraggi di finzione (oltre a lavori documentari). I primi due, Mar Nero e Dafne, pur accolti con un certo interesse dalla critica, sono passati sugli schermi a pochi passi dalla totale invisibilità: Mar Nero raggranellò neanche centotrentamila euro di incasso, e ancor peggio fece Dafne che non arrivò a toccare gli ottantamila euro. Certo, l’approccio al cinema di Bondi non si può definire né spettacolare né in alcun modo pirotecnico; il suo sguardo si concentra invece sull’umano, sul suo divenire quotidiano, sulla prassi di un’esistenza di cui si tende a dimenticare a volte la bellezza. L’occhio cinematografico del quarantottenne regista fiorentino non ha timore del reale, come testimonia la sua frequentazione col documentario, ma allo stesso tempo quando ha a che fare con storie create ex novo non si accontenta dello stesso, ma ama – e questa non è più pratica molto diffusa nel cinema italiano – raccontare, seguire i suoi personaggi per donar loro tridimensionalità, verità profonda, e non rischiare di restare ingabbiato nelle secche del lirismo, o della lettura preconcetta degli esseri umani che porta in scena. “È meglio fare una cosa e pentirsi che non fare nulla e pentirsi uguale”, sentenziava Ilaria Occhini nel doloroso e dolcissimo Mar nero, storia di due donne che s’incontrano, si scontrano, cercando di comprendersi, e in qualche modo questa sembra essere la massima attorno a cui ruota l’approccio cinematografico di Bondi.

Lo conferma anche Superluna, presentato in anteprima in questi giorni ad Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela che da sempre accompagna la Festa del Cinema di Roma, e che nel suo sguardo panoramico sulla produzione italiana riesce a donare spazio anche a opere meno pubblicizzate dai grandi media e da un mondo di internet che sembra sempre più ripiegato stolidamente sul mainstream, dimenticando per strada quel sottobosco indipendente o comunque “minoritario” che dovrebbe altresì fungere da polmone verde della produzione nazionale. Il film, che si articola attraverso il racconto di una piccola comunità (tale Isolarotonda) che si trova completamente sfollata a seguito di un grave terremoto che per fortuna non ha fatto né vittime né feriti, è la dimostrazione palese della delicatezza di Bondi, un regista che predilige lasciare fuori campo l’azione – il modo in cui viene gestito il terremoto è encomiabile, vista la natura del progetto – per concentrarsi sulla scoperta, o forse la riscoperta, della vita. Per ottenere questo risultato fa in modo che i suoi occhi siano quelli di Viola, bimba di dieci anni che affronta un duplice spaesamento, l’addio alla casa in cui è nata e cresciuta e il distacco dalla madre, che trovandosi al sesto mese di gravidanza non viene collocata nella tendopoli ma in ospedale (uno slittamento che in qualche misura può riportare alla mente uno dei capolavori del racconto sull’infanzia, Tonari no Totoro di Hayao Miyazaki). Viola diventa la reale narratrice di questo mondo distrutto e in ricostruzione, che sta cercando un fragile equilibrio su cui reggersi nonostante non possano che esplodere i più che comprensibili litigi frutto di una coabitazione coatta.

Senza rifuggire da un lirismo naturalistico che gli è consono – si pensi alla messa in scena dell’elemento naturale nell’ottimo Dafne –, e che si espleta in modo più evidente nell’attesa della “luna più grande degli ultimi sessant’anni” (da qui, ovviamente, il titolo), Bondi tratteggia i personaggi in scena con amore, ma soprattutto con grande piglio realistico, indugiando sulle piccolezze ingigantite da una situazione anomala, e cercando di rappresentare al meglio, e con notevole slancio umanista, un popolo che ha ancora la forza di reagire, e forse di rintracciare nella collettività il senso della propria esistenza. Pur senza mai sconfinare in territori smaccatamente ottimisti, come sottolinea l’ultima parte del film, Superluna sa trovare l’intima necessità alla creazione di una bambina, che nonostante il nido di vespe scoperchiato dell’adulta fallacia, e debolezza, ha ancora la forza di trovare nell’elemento più “misero”, una pozza d’acqua sporca ed estemporanea, il senso del proprio crescere, come la luna che si fa sempre più grande e può illuminare le zone più oscure dell’umano. Semmai la concentrazione quasi esclusiva su Viola e il suo bildungsoroman fa di quando in quando disperdere alcune delle suggestioni rintracciate nel racconto corale, impedendo ad alcune sottotrame decisamente interessanti di evolversi e di trovare reale corpo. Ma di fronte a uno sguardo così sincero, puro, privo di mediazioni e filtri come quello rivendicato da Bondi viene naturale ribadire l’urgenza di un cinema così disallineato, fuori dai gangli del sistema, periferico eppure vitale, credibile, concreto. Merito anche dell’ottimo cast scelto per la bisogna, e di una nettezza della visione che non si trasforma mai in piattezza, o ovvietà.

Info
Superluna, il trailer.

  • superluna-2023-federico-bondi-01.jpg
  • superluna-2023-federico-bondi-02.jpg

Articoli correlati

Array
  • Festival

    Roma 2023 – Presentazione

    Roma 2023, diciottesima edizione della Festa, introduce la kermesse capitolina nella cosiddetta “età adulta”. I problemi però rimangono sempre gli stessi, almeno a prima vista: una identità difficile da mettere a fuoco, e una collocazione scomoda all’interno della città. Grande spazio lo ottiene, come dopotutto già a Venezia, il cinema italiano.
  • Festival

    Roma 2023

    Roma 2023, diciottesima edizione della Festa, introduce la kermesse capitolina nella cosiddetta "età adulta". I problemi però rimangono sempre gli stessi, almeno a prima vista: una identità difficile da mettere a fuoco, e una collocazione scomoda all'interno della città. Grande spazio lo ottiene il cinema italiano.
  • In sala

    dafne recensioneDafne

    di Dafne, portatrice della sindrome di Down, è una trentenne esuberante, libera, cocciutamente abbarbicata alla vita. Alla sua opera seconda Federico Bondi traccia un delicato e dolcissimo ritratto umano, la cui sincerità riesce a superare anche qualche limite strutturale.
  • Archivio

    Mar Nero RecensioneMar Nero

    di La toscanità ruvida e generosa di una splendida Ilaria Occhini, meritatamente premiata a Locarno, si integra bene con l’interpretazione istintiva e verace di Dorothea Petre, altra straordinaria rappresentante di quella scena artistica rumena che non finisce mai di sorprendere.