Confidenza

Confidenza

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Confidenza segna un’interessante svolta nel thriller psicologico per Daniele Luchetti, con un film imperniato sulla contorta dinamica tra un uomo scisso, incapace di amare e di essere se stesso, e una donna che periodicamente ricompare nella sua vita con l’apparente desiderio di distruggerlo. Film che però promette più di quanto mantiene arenandosi nella reiterazione di un meccanismo la cui prevedibilità ne fiacca le intenzioni.

La vita nascosta

Di cosa ha più vergogna Pietro, del segreto inconfessabile che racconta a Teresa, la donna che dice di amare, o della sua intera esistenza, costruita per sembrare migliore di quello che è? Confidenza ci offre il ritratto perfetto del maschio contemporaneo, un uomo in fuga dalle sue debolezze che può soltanto sperare di essere, finalmente, smascherato. [sinossi]

La paura è un tema centrale nell’opera Domenico Starnone, come testimonia fra l’altro il titolo di un’opera di oramai tre lustri fa, Spavento (2009), in cui era generata dal pensiero della morte. Confidenza, adattamento dell’omonimo romanzo da parte del regista Daniele Luchetti assieme a Francesco Piccolo, la paura nasce dall’amore, ne rappresenta il polo opposto e complementare. Almeno così è per il protagonista, Pietro (Elio Germano), che lo dichiara sin dal principio, durante una lezione alquanto “eretica” rispetto al normale programma di italiano nella sua classe di liceo, quando traccia sulla lavagna uno schema in cui i due termini, per l’appunto, si fronteggiano e si contrappongono. Da questa lezione apparentemente teorica, la sua allieva preferita, Teresa (Federica Rosellini), intuisce chiaramente il carattere complesso del professore, che lei ama in segreto, vede in lui la paura di amare, di essere se stesso, e perciò, una volta finita la scuola, sparisce dalla sua vita. È l’unica a non farsi più viva, a non recarsi a scuola a salutarlo l’anno dopo, come invece fanno molti altri ex alunni dell’amatissimo e popolare “prof” Pietro. Nonostante fosse la più studentessa più brillante, ha lasciato l’università per andare a lavorare in una pizzeria, accontentandosi di un flirt col suo capo, sposato e con figli. Agli occhi di Pietro, una vita sprecata. Così va a cercarla e la spinge a tornare sui libri. Tra i due divampa così una passione a lungo repressa. Tutto sembra andare bene per un paio di anni, poi, una sera all’improvviso, Teresa decide di confessargli il suo più oscuro segreto a patto che dopo lui le confessi il suo. In seguito a quello scambio di confidenze – della cui entità lo spettatore rimane all’oscuro – lei fugge via, come in preda a un’improvvisa repulsione nei suoi confronti. Pietro, rimasto solo, alla fine si sposa con una sua collega, l’insegnante di matematica Nadia (Vittoria Puccini). Nadia non conoscerà mai il segreto che Pietro ha confessato a Teresa. Eppure lui ora teme che lei possa tornare e rovinargli la vita.

Attraversato da una costante tensione che sembra poter esplodere da un momento all’altro, il plot sembra a tratti riecheggiare Attrazione fatale (Fatal Attraction, 1989) di Adrian Lyne: dal momento che il punto di vista coincide con quello di Pietro, Teresa appare, ai suoi occhi, una minaccia costante su tutti i livelli: al matrimonio, alla carriera, alla sua stessa vita. E tuttavia è lo sguardo di Teresa, penetrante, forse divinatorio, sicuramente minaccioso, a permetterci di vedere Pietro sotto una luce ben diversa e più oscura rispetto a quella che lui si sforza di proiettare attorno a sé. L’accostamento al neo-noir di Lyne è facilitato dall’aspetto nervoso e vagamente psicotico della brava Federica Rosellini, in cui dolcezza e passionalità, alternandosi a uno sguardo che all’improvviso sa farsi duro e ostile, ricordano non poco l’aspetto e la performance di Glenn Close. In più di un’occasione, gli incontri tra Pietro e Teresa sembrano preludere ad accadimenti estremi e ineluttabili, che però puntualmente si rivelano essere soltanto le oscure chimere che abitano la mente di Pietro, sotto forma di paranoie e allucinazioni. È la paura che il suo io nascosto venga denudato, rivelato al mondo, a terrorizzarlo, a consumarlo. Un meccanismo che però il film di Luchetti reitera sin quasi alla noia, senza produrre mai variazioni incisive, con la conseguenza di renderlo sin troppo evidente. Dal momento in cui viene enunciato che l’apparentemente simpatico/empatico Paolo, il professore amato da tutti, studenti, famigliari e amici, nasconde un oscuro segreto, l’evoluzione del personaggio si arresta. È come se tutto lo sforzo prodotto dagli autori per non rivelare l’entità e la natura di quella confidenza alla fine si ritorcesse sull’andamento del film stesso. Questo perché, dopo una partenza più che promettente, Confidenza, scegliendo di non cedere ulteriormente alle dinamiche del thriller, s’irrigidisce in un film di denuncia sulle ipocrisie e le frustrazioni della borghesia; tuttavia, senza mai approfondire le psicologie dei personaggi, non offre altre vie se non un procedere per accumulo e intensificazione di sintomatologie, tramite la ripetizione di momenti chiave sempre simili, con poche variazioni. Un film che vorrebbe presentarsi come un incubo polanskiano, ma che rischia, superata una certa soglia, di girare a vuoto, facendosi sempre più lampante e prevedibile anziché complesso e oscuro. Non giova a tutto questo il fatto che lo sguardo di disprezzo/commiserazione di Teresa su Pietro finisca per coincidere con quello degli stessi autori (e quindi dello spettatore, che può sentirsi assolto) nei confronti di questo “borghese piccolo piccolo”, ipocrita e vittima di se stesso, con la sua alienazione e la sua incapacità congenita di prendere atto dei suoi errori e dei suoi limiti.

Confidenza risulta, in definitiva, meno interessante e incisivo di quanto si propone di essere, ma quantomeno, sorretto da un cast all’altezza e dalla perturbante partitura musicale di Thom Yorke, si addentra in territori più stimolanti di quanto solitamente non accada nei film di Luchetti.

Info
Confidenza, il trailer.

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