Avengers: Infinity War

Avengers: Infinity War

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Miracolosamente in equilibrio tra le mille star che mette in scena, Avengers: Infinity War è l’attesa e riuscita resa dei conti all’interno del Marvel Cinematic Universe, dove tutto si tiene e nulla sfugge.

Quando si muore, si muore soli

Potente signore della guerra e despota, famigerato in tutta la galassia per la sua malvagità, Thanos è l’unico antagonista talmente potente da incutere terrore soltanto con il suo nome. Rappresenta una minaccia catastrofica per tutto il genere umano, oltre che per tutti gli Avengers, e non si fermerà di fronte a nulla pur di conquistare le sei Gemme dell’Infinito e ottenere un potere che gli permetterà di imporre la sua contorta volontà su tutto il genere umano… [sinossi]

La tanto attesa apoteosi è arrivata, e non delude. Tutt’altro. Con Avengers: Infinity War arriva il redde rationem, la resa dei conti all’interno del Marvel Cinematic Universe e si incontrano/scontrano tutti. O, meglio, tutti entrano o rientrano in scena, magari anche senza incontrarsi: Iron Man, Hulk, Captain America, Spider-Man, i Guardiani della Galassia, Thor, Doctor Strange, Black Panther, Visione… Tutti impegnati a neutralizzare Thanos e a impedirgli di riunire nel suo guanto sinistro le sei Gemme dell’Infinito che gli darebbero l’onnipotenza e l’onniscienza.
Il film dei fratelli Russo, Joe e Anthony, che sono alla terza regia marveliana (i precedenti sono Captain America: Winter Soldier e Captain America: Civil War), è un enorme giocattolone in cui – in maniera miracolosamente scientifica – si è riusciti a tenere tutto, senza sacrificare nessuna star, senza sottovalutare il racconto di ciascuna delle sei Gemme (che sono dello spazio, del tempo, del potere, dell’anima, della realtà e della mente) e, forse, soprattutto, senza vietarsi una mirabolante altalena di toni.
Sbalordisce infatti la capacità – che in tempi recenti alla Marvel si era persa a favore della commedia e del prodotto family e che è molto figlia del dittico dei Guardiani della Galassia – di passare agevolmente dalla risata alla cupezza, dalla citazione pop (in cui duettano in maniera spassosa Spider-Man e Peter Quill) alla tragedia shakespeariana, di cui è degna incarnazione un cattivo bigger than life quale Thanos. Persino, i fratelli Russo – e, con loro, gli abituali sceneggiatori marveliani Christopher Markus e Stephen McFeely – riescono contemporaneamente, all’interno della stessa sequenza, a costruire un doppio binario di comicità e di tragicità, in cui nei dialoghi alcuni personaggi seguono una linea mentre altri seguono l’altra, come nella felicissima orchestrazione dell’incontro tra Thor e i Guardiani della Galassia.

Questo, nonostante Avengers: Infinity War sia sin dall’incipit un film intriso di morte, un film in cui l’obiettivo di Thanos non è quello che potrebbe essere lo scopo mitomane di un qualunque altro mega-villain o di un qualche scienziato pazzo, vale a dire distruggere il mondo, quanto quello di dimezzarlo, di sterminare indiscriminatamente metà della popolazione dell’universo per combattere la sovrappopolazione e per impedire che i pianeti finiscano per auto-distruggersi perché troppo popolosi. Potrebbe sembrare una boutade, o una ambizione ridicola, mentre invece è serissima, e va a intaccare il senso stesso dell’Universo Marvel, evidentemente sovraffollatosi col tempo di supereroi. Ma non solo. Thanos è, in fin dei conti, un terrorista, e la sua volontà di colpire in maniera indifferenziata i ricchi e i poveri non può non richiamare alla mente gli attentati dell’Isis, non può non essere ancora un’evocazione delle Torri Gemelle, la cui fantasmatica presenza viene suggerita in uno dei pianeti in cui Thanos va a cercare una delle gemme.
E Thanos, rispetto ai buoni, non sembra essere più potente, nel senso semplicistico di forza bruta (anche se questa, in effetti, lo aiuta); sembra semplicemente essere più consapevole, in fin dei conti più adulto di tutti gli altri. In apertura su Asgard in fiamme questi si esibisce infatti in un dolente monologo sulla sconfitta, mentre più avanti dimostrerà che per raggiungere il suo ideale sarà disposto a sacrificare quel che gli è più caro. Per certi versi, Thanos è dunque più maturo dei suoi antagonisti, e per questo li mette così tanto in difficoltà. In tal senso, il suo contraltare perfetto è ancora una volta il vero leader dell’universo cinematografico Marvel, Iron Man/Downey jr., il miliardario giocoso, l’uomo-bambino che sogna di fare un figlio e che finisce probabilmente per mettere un po’ in ombra Captain America, forse sempre troppo monolitico per confrontarsi caratterialmente con il cupo Thanos. Già, perché è possibile che, nella macchina perfetta messa in piedi per Avengers: Infinity War, siano paradossalmente proprio i veri Vendicatori, capitanati dall’eroico Cap, a uscire un po’ sacrificati. Ma in fin dei conti si può anche dire, a conti fatti, che sia stato un bene.
Quella telefonata a Steve Rogers/Captain America che Tony Stark/Iron Man non fa all’inizio di Avengers: Infinity War, perché si sconta ancora il conflitto avuto ai tempi di Captain America: Civil War, pesa poi su tutto lo sviluppo e prepara un terreno doppio: da un lato la narrazione che si dipana mostrando i nostri eroi a gruppetti distinti epperò sempre in continua mutazione, dall’altro un discorso che attinge più alla natura del simbolico e che riguarda l’idea del dovere – o non dovere – contare sugli altri.

I due versanti, l’uno narrativo e l’altro simbolico per l’appunto, vanno in realtà insieme, e in qualche modo sono come le gemme tanto ambite da Thanos: dietro ogni gemma infatti si coagula un nucleo narrativo, una parentesi del racconto, e, intorno a esse, ci si divide, ci si incontra, ci si lascia. Su un versante, dunque ci sono le sei gemme che tendono all’unità, che tendono a stare tutte insieme nello stesso guanto, mentre sull’altro ci sono gli Avengers stessi che dovrebbero tendere anch’essi all’unità e a ritrovare quella forza comune capace di intralciare Thanos. «Muori da sola», viene detto ad un certo punto. «No, non è così», è la risposta, e infatti c’è qualcun altro a evitare quella morte. O, forse, solo a procrastinarla. Perché quando si muore, si muore soli. E Thanos lo sa.

Info
Il trailer di Avengers: Infinity War.
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