Funan

Funan

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Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2018, Funan ripercorre con afflato umanista e un’apprezzabile confezione tecnico-artistica i terribili anni del genocidio cambogiano. Un viaggio tra flebili speranze e un’annichilente disperazione, dal 1975 al 1979. Opera prima di Denis Do, nuovo nome da seguire, ed ennesima dimostrazione dello straordinario stato di salute dell’animazione francese.

La purificazione della Cambogia

Phnom Penh, 1975. Chou vive una vita felice fino a quando, una mattina, la follia degli khmer rossi fa piombare la Cambogia nell’orrore. La popolazione viene deportata nei campi di prigionia e Chou è costretta a confrontarsi con il dolore dell’impotenza. Quando il figlio di quattro anni le viene strappato di mano dalla folla in fuga, Chou vede il suo mondo cadere a pezzi. Tuttavia, non perde la speranza di salvare il figlio e di mantenere unita la famiglia malgrado i soprusi di un regime crudele… [sinossi]

A suo modo, Funan è un punto di partenza. Un possibile primo passo tra gli orrori, la follia e l’autogenocidio della Kampuchea Democratica di Pol Pot. Ovvero, Cambogia e khmer rossi, cuore pulsante – ferito quasi a morte, ma pulsante – del cinema di Rithy Panh: cinema che è memoria, testimonianza, mappatura storica e umana, tra documentario e finzione.
Ecco, prima di Les Tombeaux sans noms e L’image manquante, prima di Duch, le maître des forges de l’enfer e Un Barrage contre le Pacifique, il lungometraggio d’animazione di Denis Do permette di avvicinarsi a questa pagina nera come la pece della Storia umana, fissa alcuni punti chiave, è come una sorta di doloroso abbraccio che precede l’abisso messo in scena meticolosamente e instancabilmente da Panh. I colori pieni – ghibliani o giù di lì – prima di quella pece nerissima che ti si attacca agli occhi e al cuore.

Animazione, chiaramente non per tutti, eppure pensata per un pubblico universale, persino giovane. In questo senso, il fuori campo di Funan è comprensibile: vediamo ben poco delle atrocità, pur cogliendo la profondità dell’abisso. Le stesse ellissi narrative, piccole o grandi, rientrano nelle necessità di un quadro generale, di un primo approccio. Di un primo passo, di quel punto di partenza pre-panhiano che forse è davvero utile, quantomeno consigliato.
La fonte d’ispirazione estetica e narrativa sembra essere Una tomba per le lucciole, almeno in gran parte, con quel mosaico umano ricco di sfumature, mai manicheo, e le connotazioni autobiografiche. Funan non ha ovviamente la stessa tragica potenza annichilente, (forse) non può e (forse) non vuole mettere in scena la fine, la fin absolue. E non ha – non può avere – le stesse qualità tecniche e artistiche: nei limiti del budget e del potenziale produttivo, Do riesce conumque a trovare uno stile equilibrato, a tratti prezioso (nei fondali, in alcuni paesaggi minuziosamente dettagliati e nella ispirata messa in quadro), dalle linee chiare e i colori netti, come le sue intenzioni.

Lo splendore della natura – immobile e immutabile rispetto alle tragedie e ai peccati umani – diventa una sorta di rifugio spettatoriale, in aperto contrasto col declino psico-fisico delle vittime e dei carnefici. La sofferenza si legge sui volti, su quelle linee nere che solcano indelebilmente la bellezza di Chou, madre indomabile. L’odissea della sua famiglia, come quella del suo popolo, è immersa in un paradiso schizofrenico, rigoglioso, verde smeraldo.
Sul piano tecnico-artistico, convince decisamente meno la fluidità dei movimenti, comunque mascherata, mentre il character design è semplice, pulito, immediato, in linea con le condivisibili intenzioni didascaliche di una fetta significativa dell’animazione transalpina ed europea: un filo rosso storico, politico e grafico unisce infatti Funan a interessanti pellicole come Un homme est mort (2018) di Olivier Cossu o Couleur de peau: miel (2012) di Laurent Boileau e Jung Sik-jun, tentativi riusciti di amalgamare forma, contenuto e budget. L’animazione limitata, come la scelta del francese e delle voci di Bérénice Bejo e Louis Garrel, è un piccolo dazio da pagare, forse l’unico veicolo possibile. Vive la France!

Info
Il trailer originale di Funan.
La scheda di Funan sul sito di Roma 2018.
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