Beetlejuice Beetlejuice
di Tim Burton
Sequel tanto atteso quanto (via via) temuto, Beetlejuice Beetlejuice riesce a contenere, riassumere e in parte persino spiegare la parabola creativa di Tim Burton, qui alle prese con l’inevitabile passare del tempo, i mutamenti generazionali e le derive del cinema (e dell’immaginario) hollywoodiano. A suo modo, nel bene e nel male, un’opera-mondo forse definitiva, tombale. Non una rinascita, ma quantomeno l’ennesima rivincita dell’analogico sul digitale. E dei plastici sui pixel. Film d’apertura della Mostra del Cinema di Venezia 2024.
C’eravamo tanto amati
Dopo un’inaspettata tragedia familiare, tre generazioni della famiglia Deetz tornano a casa a Winter River. Ancora ossessionata da Beetlejuice, la vita di Lydia viene sconvolta quando la sua ribelle figlia adolescente, Astrid, scopre in soffitta il misterioso modello della città e il portale per l’Aldilà viene accidentalmente aperto. Con problemi in agguato in entrambi i mondi, è solo questione di tempo prima che qualcuno dica il nome di Beetlejuice tre volte e il dispettoso demone torni a scatenare la sua personalissima versione del caos… [sinossi – biennale.org]
The idea of a sequel came up many times:
there were various scripts written, too.
– Tim Burton
Nel volo armonioso è un po’ ingannevole della macchina da presa sulla cittadina di Winter River si intrecciano passato, presente e futuro del cinema. Non solo del cinema di Tim Burton, ma un po’ di tutta l’industria dei sogni. Infatti, pur non rinunciando totalmente al supporto della computer grafica, Beetlejuice Beetlejuice poggia le proprie immaginifiche fondamenta sull’analogico, sull’esistente, sulla capacità di costruire e ricostruire qualcosa che non si limiti alla mera patinata illusione degli effetti digitali, della dimensione virtuale. Nulla di male ovviamente nel digitale, ma è sempre una questione di misura, finalità e contesto. Nella ripresa aerea che apre l’ultima fatica di Burton il ritorno è duplice: all’originale Beetlejuice – Spiritello porcello dell’oramai lontanissimo 1988 ma anche – e forse soprattutto – a un’estetica più artigianale, a una manualità che è anche fonte di idee, a una spazialità nobilitata da illusioni ottiche e movimenti di macchina. Insomma, il senso e al tempo stesso il trionfo della settima arte, al di là della riuscita o meno della pellicola.
Al di là e Aldilà. Nel riesumare cadaveri e fantasmi del suo glorioso passato, Burton certifica quel che è stato e quello che, purtroppo, non è più da parecchi lustri. Quale sia lo spartiacque della filmografia burtoniana, magari Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie (anche se, ad esempio, poi sono arrivati La sposa cadavere e Frankenweenie, mica bruscolini), non è poi così interessante o utile, anche perché non è sempre facile distinguere l’ispirazione dai suoi riflessi, dai fantasmi di idee ingannevolmente splendenti. E in tal senso, ahinoi, Beetlejuice Beetlejuice è ingannevole, ci rincuora, ci illude. Risplende nel portarci indietro, fin dall’incipit, ad ogni nostalgica entrata in scena, ad ogni omaggio o citazione – tra tutte, il coro a cappella di Day-O (The Banana Boat Song) durante il funerale. Si arena malamente, invece, a ogni tentativo di rinnovarsi, di aggiungere qualcosa. Il nuovo non c’è, non c’è più. Siamo dalle parti della pur gradevole Mercoledì, anche nella prevedibilità della scrittura.
Sequel tanto atteso quanto (via via) temuto, Beetlejuice Beetlejuice riesce quantomeno a contenere, riassumere e in parte persino spiegare la parabola creativa di Tim Burton, qui alle prese con l’inevitabile passare del tempo, i mutamenti generazionali e le derive del cinema (e dell’immaginario) hollywoodiano. Nel bene e nel male, un’opera-mondo forse definitiva, tombale. Un immaginario che perde i pezzi, alcuni insostituibili. Non solo la voce di Harry Belafonte, ma anche l’eroina teen Winona Ryder, non rimpiazzabile dalla pur volenterosa Jenna Ortega. Non c’è, non ci può essere, un passaggio di consegne.
Avvinghiati al plastico di Winter River, a questo momentaneo trionfo sugli arrembanti pixel (con l’AI sempre più galoppante, incombente e minacciosa), mettiamo in saccoccia il cameo di Danny DeVito, l’intramontabile verve di Michael Keaton, la presenza persino superflua ma romanticissima di Monica Bellucci (un po’ sposa cadavere, un po’ Sally di Nightmare Before Christmas). Ah, l’amore. Il resto è in linea col Soul Train. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal 1988. Forse ci resta solo The Art of Sorrow…
Info
Il trailer di Beetlejuice Beetlejuice.
- Genere: commedia, fantasy, horror
- Titolo originale: Beetlejuice Beetlejuice
- Paese/Anno: USA | 2024
- Regia: Tim Burton
- Sceneggiatura: Alfred Gough, Miles Millar
- Fotografia: Haris Zambarloukos
- Montaggio: Jay Prychidny
- Interpreti: Catherine O'Hara, Christopher C. James, Filipe Cates, Gianni Calchetti, Jenna Ortega, Juliana Yazbeck, Justin Theroux, Leah Perkins, Michael Keaton, Monica Bellucci, Sean, Tim Kavanagh, Travis Campbell, Willem Dafoe, Winona Ryder
- Colonna sonora: Danny Elfman
- Produzione: Plan B Entertainment, The Geffen Company, Tim Burton Productions, Tommy Harper Productions, Warner Bros.
- Distribuzione: Warner Bros.
- Durata: 104'
- Data di uscita: 05/09/2024