Il mistero della casa del tempo

Il mistero della casa del tempo

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Eli Roth dirige con Il mistero della casa del tempo il suo primo film ad altezza bimbo, mettendo in scena un fantasy non privo d’ironia e che si muove come un’altalena, tra intuizioni brillanti e momenti di stanca. Con Jack Black e Cate Blanchett.

Il demone, la guerra e lo stregone

Lewis Barnavelt ha dieci anni, e i suoi genitori sono morti in un incidente stradale. Si reca dunque a vivere a New Zebedee a casa del bizzarro fratello della madre, Jonathan. Una magione misteriosa, che nasconde il segreto dello zio, uno stregone che pratica la magia bianca… [sinossi]

Esiste più di una modalità per approcciarsi a Il mistero della casa del tempo, settimo lungometraggio diretto in sedici anni da Eli Roth. Nel posare gli occhi su questo fantasy tutto pensato su misura per l’infanzia si possono senza dubbio rimpiangere le libertà iconoclaste e furibonde di Green Inferno, dei due Hostel e perfino del misconosciuto Knock Knock, passato direttamente in televisione in Italia e ridicolizzato – con una buona dose di snobismo – dai più. Eppure allo stesso tempo è interessante notare come Roth, nell’arco di pochissimi mesi, abbia dapprima donato nuova vita al vendicativo Paul Kersey nel remake de Il giustiziere della notte per poi concentrarsi sulle disavventure “magiche” del piccolo Lewis Barnavelt, orfano dopo la morte dei genitori in un incidente stradale e adottato dallo zio materno, uno stregone bislacco e immaturo che ha però un gravoso compito sulle spalle: trovare un orologio magico nascosto nella casa in cui vive da un altro stregone passato l’anno prima a miglior vita. Potrebbe sembrare schizoide mettere l’uno di fianco all’altro due film come Il giustiziere della notte e Il mistero della casa del tempo, ma in realtà questa ventata di follia dovrebbe essere accolta con grida di giubilo. In un microcosmo hollywoodiano in cui tutto si replica in maniera stantia sempre uguale a sé, e dove le carriere sembrano oramai ingabbiate, impossibilitate a trovare degli spifferi d’aria nei quali muoversi e respirare, è quasi un miracolo trovare qualcuno che nello stesso anno sia in grado di passare da un noir ultra-violento e metropolitano a un fantasy per famiglie, tanto morale quanto giocoso. È evidente come Roth faccia parte di quella ristretta famiglia di anarcoidi – che hanno un nume tutelare in Sam Raimi, l’uomo capace di trasvolare dall’horror a bassissimo costo agli unici Spider-Man degni di menzione, passando per il western e il noir, il film sentimentale e quello sportivo – che non teme il confronto con l’industria, e cerca di piegarla sempre al proprio volere.

In realtà l’operazione tentata con Il mistero della casa del tempo, e che trae ispirazione dal romanzo La pendola magica di John Bellairs (pubblicato nel 1973 e primo di una serie di dodici volumi dedicati alle peripezie di Lewis, scritti sia da Bellairs che da Brad Strickland), non si può dire completamente riuscita. Come ci si trovasse su un’altalena, il film si presenta fin dalle prime battute come un saliscendi emozionale, tra intuizioni brillanti e al limite della genialità e passi sospesi nel vuoto, ovattati, quasi impercettibili o di scarsa risonanza. Roth dimostra di avere dimestichezza col genere, e l’immaginario si lascia alle spalle ben presto la contemporaneità per correre dalle parti degli anni Ottanta, tra evidenti baracconate – la poltrona che si comporta come un cane, la siepe a forma di leone alato – e un gusto del macabro e del “proibito” che ai giorni d’oggi sembra essere vera e propria anticaglia.
È questa ruggine d’altri tempi a salvare Il mistero della casa del tempo dalla caduta nel maelström del già visto, anche perché di questi tempi se si ha a che fare con maghetti bambini non si può non correre con la mente dalle parti dell’eptalogia dedicata a Harry Potter – e la trasformazione della perfida Selena utilizza un effetto speciale cui gli appassionati cinematografici della Rowling sono ben abituati. C’è un gusto rétro, enfatizzato dall’ambientazione nel cuore degli anni Cinquanta, che riempie le intercapedini de Il mistero della casa del tempo, al punto da far tornare alla mente le incursioni del Tim Burton del tempo che fu, prima che l’ispirazione del regista di Burbank galoppasse via.

Ancora una volta viene da pensare come Roth non possa ambire a raggiungere i livelli dei maestri del genere, ma allo stesso tempo è impossibile non lodare la sfrontatezza e, perché no, il coraggio con cui il grande amico di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez si muove tra incantesimi di vario genere, resurrezione dei cadaveri e demoni incontrati nel cuore della Foresta Nera. Anche perché, nonostante si tratti di un film in tutto e per tutto ad altezza bimbo, appare assolutamente credibile e perfino sfaccettato il cattivo con le fattezze di un sublime Kyle MacLachlan, che torna dalla tomba dopo aver combattuto in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale per creare una magia in grado di far regredire la Terra al momento in cui l’umanità non era ancora prevista. Anche nel combattimento finale, apice narrativo del film ma anche punto di non ritorno nella maturazione dei personaggi, si scade in qualche faciloneria di troppo, a ribadire l’anima bicefala di questo film. A non venir mai meno è l’interpretazione dei protagonisti: oltre al già citato MacLachlan da segnalare una sobria e un po’ trattenuta Cate Blanchett ma soprattutto un gigantesco Jack Black, in grado perfino di tornare infante…

Info
Il trailer de Il mistero della casa del tempo.
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