The Old Man & the Gun

The Old Man & the Gun

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Impreziosito di dialoghi brillanti, girato in un avvolgente 16mm e condito di zoom, panoramiche con dolly e dissolvenze insolite, The Old Man & The Gun di David Lowery evita gag citazioniste preferendo abbracciare un discorso sulla memoria e sul cinema, procedendo per la sua strada sicuro, ma con l’adeguato ritmo ondeggiante della camminata del suo anziano protagonista, Robert Redford. Alla Festa del Cinema di Roma.

Ricordati di me

Ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Negli anni del suo crepuscolo, dalla sua temeraria fuga dalla prigione di San Quentin a settant’anni, fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Forrest Tucker disorientò le autorità e impressionò il pubblico. Coinvolti in maniere diverse nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dall’impegno non violento profuso da Forrest nel suo mestiere, e una donna, Jewel, che ama Forrest nonostante la professione che l’uomo si è scelto. [sinossi]

Cosa ci tiene ben vigili anche davanti alla più anodina delle inquadrature? La risposta è semplice: due attori di razza e un dialogo ben scritto. Certo, qualcuno direbbe dei cavalli al galoppo e non avrebbe tutti i torti, in effetti The Old Man & The Gun contiene entrambe le soluzioni. Presentato alla 13esima Festa del Cinema di Roma, il nuovo film del talentuoso David Lowery (Storia di un fantasma, Senza santi in paradiso) si ispira a un articolo apparso sul New York Times e racconta la storia vera del rapinatore di banche Forrest Tucker, un gentleman d’antan che ha trascorso la sua esistenza fuori e dentro le prigioni di numerosi stati americani, riuscendo spesso ad evadere rocambolescamente pur di tornare all’opera (leggasi al furto bancario), sempre col sorriso sulle labbra.

Non poteva esserci ruolo più adatto per segnare l’addio alle scene di Robert Redford, ma va detto anche che Lowery ha saputo rendere il suo film non solo un omaggio – sarebbe stato sin troppo facile – ma anche una riflessione se non prettamente teorica di certo assai cinefila sull’attore e la sua carriera. Lo dimostra il fatto che nonostante la veneranda età di interprete e personaggio, The Old Man & The Gun non rientra nel genere “commedia corale senile” che ci ha già elargito film come Last Vegas, Insospettabili sospetti e prodotti similari, tutti incentrati sull’ingente quantitativo di anziane star raccolte e sulla loro ostentazione, un po’ in stile freak show.

Forrest Tucker (Redford) è un rapinatore di banche sulla settantina che con gentilezza e smagliante sorriso sotto ai baffi finti, accumula bottini in giro per gli States. Durante una fuga dalla polizia pensa bene di fermarsi a soccorrere una signora con l’auto in panne, Jewel (Sissy Spacek), poi la seduce con una chiacchierata in un diner, una scena che pur non avendo nulla di notabile, a parte i volti, i corpi e le voci dei suoi attori, trascina inesorabilmente nel loro mondo, qualunque esso sia. Tra l’altro, all’interno della sequenza fa capolino un omaggio alla frammentazione spazio-temporale di The Getaway di Sam Peckinpah, per cui sentimentalismo tout court e sentimentalismo cinefilo sono entrambi appagati.
A fare da contraltare al nostro antieroe (figura che di fatto latita ultimamente dallo schermo) troviamo poi un detective depresso e disilluso (incarnato da Casey Affleck, attore feticcio per Lowery) che si destreggia tra l’indagine e il nucleo familiare, costantemente aggiornato – bambini compresi – sui suoi scarsi progressi lavorativi. Di contro, la famiglia di Tucker è decisamente più spassosa e comprende due soci del calibro di Danny Glover e Tom Waits. Impreziosito di dialoghi brillanti pieni di humour, girato in un avvolgente 16mm e condito di zoom, panoramiche con dolly e dissolvenze insolite, The Old Man & The Gun evita l’esibizione di gag citazioniste preferendo abbracciare un discorso sulla memoria e sul cinema, procedendo sicuro per la sua strada, ma con l’adeguato ritmo ondeggiante della camminata del suo anziano protagonista, con la sua grazia e il suo portato di ricordi, personali e collettivi.

Sospeso tra il sentimentalismo del classico “film per mature signore” e l’omaggio colto al cinema del passato, il film di Lowery eccede forse nei suoi exploit musicali – la colonna sonora à la Lalo Schifrin composta da Daniel Hart non lascia un attimo di tregua – ma in fin dei conti riesce a raggiungere un miracoloso equilibrio che lo allontana dal rischio del patinato e dello strumentale. Perché se è vero che Lowery gioca con la memoria dei nostalgici è altrettanto vero quanto riesca a costruire dei personaggi verosimili, dimostrando inoltre una notevole inventiva nel posizionarli in situazioni quotidiane che però riescono sempre a tenere desta l’attenzione, fino a far credere all’esistenza, sul set, di momenti di reale improvvisazione attoriale.

Oltre al senso della misura e all’accortezza che gli consente di lasciare sempre spazio ai suoi interpreti, Lowery dimostra poi di avere idee numerose e assai brillanti, che raggiungono l’apice in quella sequenza a episodi delle evasioni di Tucker, all’interno della quale il regista inserisce foto d’epoca di Redford e un suo primo piano contenuto in La caccia di Arthur Penn. Distante dunque da un citazionismo gratuito, The Old Man & The Gun è un film “romantico” che esprime costantemente il suo amore per il suo protagonista e per la relativa filmografia, raggiungendo una forma di cinefilia toccante e appagante che ci blandisce e ci rassicura. Perché finché avrà un passato da rispolverare e rimpiangere, il cinema non sarà mai del tutto finito.

Info
La scheda di The Old Man & the Gun sul sito della Festa del Cinema di Roma.
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