Il campione

Il campione

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Racconto morale educativo e a sfondo sportivo, Il campione, opera prima di Leonardo D’Agostini, si candida a rivitalizzare il cinema commerciale nostrano contemporaneo.

Fantasisti del Trullo

Giovanissimo, talentuoso, indisciplinato, ricchissimo e viziato. Christian Ferro è una rockstar del calcio tutta genio e sregolatezza. Valerio, solitario e schivo, con problemi economici da gestire e un’ombra del passato che incombe sul presente, è il professore che viene assegnato al giovane goleador quando – dopo l’ennesima bravata – il presidente del club decide che è arrivato il momento di impartirgli un po’ di disciplina, attraverso una tappa fondamentale per un ragazzo della sua età, l’esame di maturità. I due, che non potrebbero essere più diversi, costruiranno un legame che farà crescere e cambiare entrambi. [sinossi]

Tra i soliti volti noti riutilizzati fino all’usura e le locandine con famiglie sul divano, la commedia mainstream nostrana pare da tempo navigare nel guado stantio di una minestra riscaldata a bagnomaria. Eppure in questo ultimo squarcio di stagione cinematografica qualcosa ribolle vivacemente in pentola, diffondendo aliti di speranza e rinnovamento. Dopo l’insolita satira sul sistema cinematografico capitolino Dolceroma firmata da Fabio Resinaro (già regista, in coppia con Fabio Guaglione di Mine) ecco ora approdare sul grande schermo Il campione, opera prima di Leonardo D’Agostini prodotta da Matteo Rovere e Sydney Sibilia (con la loro società Groenlandia), due alacri rinnovatori o per lo meno ri-vivificatori del genere comico italiano, attraverso l’innesto nei prodotti nazionali di elementi provenienti dalla commedia statunitense anni ’80.

Si muove dunque nel solco di una certa classicità Il campione, oscillando tra la satira sul costume (o malcostume) contemporaneo, il teenmovie e lo sportmovie, e proprio nell’approcciare quest’ultimo lancia un segnale di sfida che ha dell’inaudito: sfatare la superstizione che in Italia non si possano fare lungometraggi sul calcio, atavico spauracchio temuto da ogni produttore nostrano, in quanto, leggenda vuole, garanzia di flop al botteghino. È un rischio questo che Il campione mira decisamente a evitare, puntando su uno script attento a non sbagliare – anche troppo – e un cast azzeccato che accanto ai volti già noti dei due protagonisti principali scommette anche su facce nuove, di quelle che non troneggiano abitualmente sulle locandine dei prodotti coevi.

Protagonista di questa fiaba educativa con relativo percorso di formazione è l’Andrea Carpenzano già apprezzato interprete di Tutto quello che vuoi e La terra dell’abbastanza, nuovamente nei panni di un ruspante coatto dal cuore d’oro che stavolta però ha sfondato in campo calcistico. Attaccante fantasista della AS Roma, Christian Ferro, questo il nome del personaggio, è una sorta di incrocio tra Cristiano Ronaldo (anche lui viene chiamato con una sigla di lettere e numeri), Mario Balotelli (stesso spirito ribelle e rissoso) e Francesco Totti (per via delle schiette origini proletarie). In casa ha una corte di adulatori parassiti (incluso un padre buono a nulla e truffaldino), una bionda fidanzata dipendente dai social, un maialino domestico e una gigantografia di se stesso. Il suo caratteraccio gli crea però qualche problema e, dopo l’ultima bravata, ovvero un furto in un centro commerciale, il presidente della Roma (Massimo Popolizio) decide di sottoporlo a un singolare percorso di rieducazione scolastica, affiancandogli un professore (Stefano Accorsi) con l’obiettivo di condurlo dritto verso l’esame di maturità scientifica.
Ha così inizio un prevedibile cammino di reciproca conoscenza tra il docente amareggiato dalla vita e il calciatore che ancora non ha capito come e in che direzione condurre la sua esistenza. Il ragazzo dovrà liberarsi di qualche orpello – inclusi maiale, amici e fidanzata autoreferenziale – mettere da parte l’aggressività e magari trovarsi una compagna di vita adeguata (la convincente Ludovica Martino), che come lui viene dal quartiere popolare romano del Trullo, ma che più assennatamente di lui sogna un futuro da medico e ha poco interesse nella dissolutezza dei party in piscina.

È fondamentalmente un racconto morale quello de Il campione che bacchetta la gioventù odierna prona alla mania dei selfie, alle sedute di playstation, ai tatuaggi, all’apparire effimero sui social. E tutto ciò viene poi sostituito, per la gioia di genitori e insegnanti, dalla sfida con se stessi rappresentata dall’apprendimento, coronata dal sano e necessario rituale di passaggio dell’esame di maturità. All’interno di questo canovaccio, lo script, firmato da Giulia Louise Steigerwalt in collaborazione con il regista e con Antonella Lattanzi, annovera forse qualche passaggio a vuoto, qualche lungaggine, che si riscontra in scene di dialogo la cui durata, esauritosi presto lo scopo drammaturgico, appare a tratti eccessiva. Come avviene ad esempio nella sequenza del colloquio lavorativo del professor Accorsi, o nella successiva reprimenda al giovane calciatore, colpevole di aver consegnato un compito in bianco. Una sequenza in discoteca, classico luogo deputato alla perdizione, appare poi del tutto esornativa. Quanto alle motivazioni dei personaggi, queste vengono affidate, seguendo i dettami di una drammaturgia da manuale, a traumi personali mai superati – leggasi decessi di congiunti – che tormentano i due personaggi principali e ne indirizzano poi il percorso di redenzione. Ma accanto a questi snodi un po’ abusati, la sceneggiatura di Il campione è in grado di assestare anche qualche colpo ben sferzato, modulando ad esempio con il giusto ritmo comico la prima serata insieme dei futuri fidanzati e soprattutto costruendo, dopo una partita che rafforza il successo del fantasista, una mattutina rassegna stampa con accompagnamento musicale davvero brillante e ben orchestrata.

Quanto all’esordiente Leonardo D’Agostini, la sua regia non si sottrae alla sfida di mettere in scena la performance calcistica, riuscendo a immortalare con sicurezza e con l’adeguata continuità almeno una bella azione di gioco, senza barare con il montaggio. Ed è proprio il piacere di vedere il nostro sport nazionale sul grande schermo – con buona pace dei superstiziosi – il vero valore aggiunto di questo racconto formativo a due, che vive certo dell’affiatamento in scena tra Accorsi e Carpenzano e del suo messaggio educativo sulla scolarizzazione di un viziato e milionario campione, ma trova poi il suo centro e la sua originalità in quel riuscito parallelismo tra schemi di gioco e schemi di Storia, tra intuito e conoscenza, talento sportivo e impegno scolastico. È tempo dunque per il nostro cinema commerciale di abbattere un vecchio tabù, e Il campione in questo ha giocato con scaltrezza e solido mestiere la sua parte, ora sta al pubblico fare la sua.

Info
La scheda de Il campione sul sito della 01 Distribution.
Il trailer de Il campione.
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