Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli

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Secondo tassello della Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, primo passo verso i nuovi Avengers, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli è una lieta sorpresa. Spettacolare, divertente, anche drammatico, il film di Destin Daniel Cretton è scritto con cura e può contare su un cast perfetto: Tony Leung e Michelle Yeoh, ma soprattutto Simu Liu e Awkwafina, che vedremo e rivedremo più volte nei prossimi anni.

I quattro pilastri

Il tranquillo e apparentemente ordinario Shang-Chi vive a San Francisco e lavora come posteggiatore in un hotel, finché un gruppo di assassini non si impossessa di un ciondolo che sua madre gli aveva regalato quando era bambino. Shang-Chi e la sua migliore amica Katy abbandonano la sicurezza delle loro vite quotidiane e si recano a Macao per avvertire la sorella di Shang-Chi, Xialing, che il pericolo sta per raggiungere anche lei. Shang-Chi dovrà affrontare il passato che credeva di essersi lasciato alle spalle. Quando viene attirato nella rete della misteriosa organizzazione dei Dieci Anelli, guidata da suo padre, con cui non è in buoni rapporti, Shang-Chi si rende conto di dover fermare sia lui che la sua organizzazione… [sinossi]

Alla fine si torna sempre lì, ai quattro grandi pilastri della letteratura cinese, a un immaginario così denso da poter essere modellato in forme infinite. Cambia, sposta, taglia e cuci, ma poi ritroviamo il viaggio (Oriente\Occidente o viceversa), i grandi poteri e le grandi responsabilità, l’eleganza delle arti marziali, la saggezza e gli insegnamenti, il passato e il futuro. Facile sulla carta, ma il segreto è un equilibrio non banale: quello che, ad esempio, avevano i personaggi di Bruce Lee, ma anche il Kwai Chang Caine di David Carradine. Già, proprio la serie televisiva Kung Fu (1972-1975), un successo prolungato nel tempo che aveva ingolosito la Marvel. Per una questione di soldi e diritti si è passati dal monaco shaolin di Carradine al fumetto di Steve Englehart e Jim Starlin: ed ecco Shang-Chi. Ma, attenzione, quello cartaceo: Kung Fu, Bruce Lee, l’epoca d’oro del gongfupian. Qualche decennio dopo, con un altro cambia, sposta, taglia e cuci si è arrivati a Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, alla Marvel disneyana, alla Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, e al gongfupian si è ovviamente aggiunto il wuxiapian – con due icone del genere: Tony Leung (Ashes of Time, Hero, La battaglia dei tre regni, The Grandmaster) e Michelle Yeoh (La tigre e il dragone, La congiura della pietra nera).

Preso nota di Black Widow e della sua uscita poco fortunata nelle sale, possiamo tranquillamente considerare Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli di Destin Daniel Cretton il vero inizio della quarta fase. Insomma, si riparte quasi da zero, con nuovi personaggi e una squadra da ricomporre. Con qualche agile pennellata Shang-Chi si inserisce senza fatica nel flusso narrativo del Cinematic Universe e alza l’asticella delle origin story. In questo senso, valga il confronto col legnoso e politicamente discutibile Black Panther: il film di Cretton, pur senza uscire dal seminato estetico un po’ castrante della Marvel, non deve fare i conti con le varie criticità del regno di Wakanda e riesce a dribblare brillantemente, e senza darlo troppo a vedere, tutte le trappole del politicamente scorretto – ad esempio, liquida in una battuta la questione del nome di Wenwu e allo stesso modo depotenzia altri stereotipi.
Dal punto di vista narrativo, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli si muove con la leggiadria dei wuxiapian, ma non disdegna l’anima gongfupian: si veda la lunga, spettacolare e spassosa sequenza nell’autobus, che da sola vale il prezzo del biglietto. Ma anche lo scontro tra fratello e sorella, risolto con salvifica ironia – quella che, ad esempio, mancava a Black Panther e ad altre pellicole Marvel.

Impreziosito dai legami con il Marvel Cinematic Universe, tra inattesi ritorni e fugaci ma sagaci apparizioni, il film di Cretton riesce a farsi valere anche con le proprie forze, come avventura a sé stante. E se l’apparato spettacolare è valido, è soprattutto la sceneggiatura a fare la differenza, mostrando una paretela non così alla lontana con la solidità e lo spessore narrativo di tante pellicole fantasy hongkonghesi e cinesi. Non una copia in salsa yankee, ma una lezione studiata e appresa. Non era scontato.
In attesa di vedere la squadra al completo, vale la pena sottolineare un taglia e cuci non secondario: la componente fantasy è la chiave per innalzare il caro vecchio Shang-Chi ai livelli Avengers, evitando così gli imbarazzanti squilibri delle prime tre fasi. Il segreto, appunto, è sempre l’equilibrio.

Info
Il trailer italiano di Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli.

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