Your Name.

Your Name.

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Arriva nelle sale italiane per soli tre giorni un oggetto (anche volante) non identificato, un UFO nipponico che ha fatto sfracelli in patria e ha convinto mezzo mondo. Deflagrante al box office, Your Name di Makoto Shinkai è l’ennesima conferma di un percorso narrativo ed estetico che da anni misura le distanze che ci dividono, la consistenza dell’amore. Shinkai lavora sulle piccole variazioni di un nucleo immaginifico poeticamente cristallizzato, eppure sorprendentemente pulsante, vivissimo. Splendido.

Il tempo e lo spazio (della vita e dell’amore)

Mitsuha è una studentessa che vive in una piccola città rurale e desidera trasferirsi a Tokyo, nella grande metropoli dove ogni sogno si può realizzare. Taki è uno studente di liceo che vive proprio a Tokyo, ha un lavoro part-time in un ristorante italiano, ma vorrebbe lavorare nel campo dell’arte o dell’architettura. Una notte, Mitsuha sogna di essere un giovane uomo, si ritrova in una stanza che non conosce, ha nuovi amici e lo skyline di Tokyo si apre dinnanzi al suo sguardo. Nello stesso momento Taki sogna di essere una ragazzina che vive in una piccola città di montagna che non ha mai visitato. Ma quale sarà il segreto che si cela dietro questi strani sogni incrociati? [sinossi]

Bisogna guardare al passato, al presente e al futuro per riuscire ad afferrare Your Name. – sì, col punto finale. 君の名はoppure Kimi no na wa. o più semplicemente, dopo queste righe, Your Name. Senza punto.
Anche quel punto è importante, perché è capace di attraversare il tempo e lo spazio.
Lo ritroviamo alla fine di Your Name, ma era già tra gli scenari fantascientifici de La voce delle stelle (Hoshi no koe, 2002), si aggirava nei cedevoli territori fantasy di Viaggio verso Agartha (Hoshi o ou kodomo, 2011) o tra le pieghe iper-minimaliste di 5 cm per second (Byōsoku go senchimētoru, 2007).
Quel punto che riesce a restituire così bene la centralità del nome, proprio del suo nome, potremmo considerarlo la costante della poetica shinkaiana. Il punto di equilibrio nel tempo e nello spazio: oltre le stelle (Hoshi no koe), oltre la vita (Hoshi o ou kodomo), proiettati nel passato o nel futuro, i personaggi di Shinkai rincorrono, aspettano, (soprav)vivono per un sentimento che spesso non capiscono, per un volto che hanno intravisto, sognato o immaginato, per un amore (ir)raggiungibile. Per un amore che nemmeno ricordano.

Se ci potessimo avvicinare a quel punto, un po’ come cercano di fare gli eroi e le eroine sentimentali di Shinkai, scopriremmo che in realtà è una stella (hoshi). Perché i personaggi di Shinkai spesso stanno col naso all’insù, a rimirar le stelle. Ma il cinema del tuttofare nipponico, seppur proiettato verso lo spazio (e nello spazio), seppur così romantico e sognatore, è anche visceralmente ancorato all’oggi, alla quotidianità, all’hic et nunc. Da sempre fervente ammiratore della filmografia di Hayao Miyazaki, tanto da spingersi fino all’omaggio con Viaggio verso Agartha, Shinkai sembra aver preso in prestito da altri autori alcune delle sue peculiarità: oltre alla leggerezza del taiwanese Yee Chih-yen e alle impercettibili variazioni del sudcoreano Hong Sangsoo, nelle corse a perdifiato e nello scenario post-apocalittico di Your Name sembra quasi di intravedere il Sion Sono post-Fukushima di Himizu e The Land of Hope [1]. Ed è proprio questo uno dei segreti della poetica di Shinkai, classe 1973, cresciuto a pane e anime boom, otaku ancor prima che animatore e mangaka: distante dalla generazione atomica di Miyazaki e Isao Takahata o da quella cyberpunk di Mamoru Oshii e Katsuhiro Ōtomo, Shinkai non tratteggia un passato tragico (Una tomba per le lucciole) o un problematico futuro (Akira o The Sky Crawlers) ma si/ci immerge nella sua quotidianità, nella nostra. Così ritroviamo in Your Name i silenzi e le parole dei rapporti interpersonali, i battiti e i sospiri, le distanze e le assenze struggenti, ma anche i ritmi e i rumori della grande città, l’estetica pop dei videoclip, lo spettro e il dolore di Fukushima. Una quotidianità che non è solo narrativa, ma anche estetica, che si riverbera nelle ambientazioni fotorealistiche, ricche di dettagli, caratterizzate da cromatismi meno lampanti e pittorici rispetto alle tavole ghibliane o a quelle di Mamoru Hosoda – col quale, semmai, condivide il character design della protagonista.

Per soppesare l’importanza di Your Name nell’industria degli anime dobbiamo tornare al passato/presente/futuro; alla affannosa ricerca di un erede ghibliano e a Hosoda; a La tortue rouge di Michael Dudok de Wit e In This Corner of the World di Sunao Katabuchi. I piani temporali e la circolarità di Your Name riverberano idealmente la circolarità narrativa (ma anche produttiva) de La tortue rouge, che forse ha dato una risposta definitiva sul futuro dello Studio Ghibli. Nella distanza che finalmente separa Shinkai da Miyazaki, riconosciamo parte del percorso di Hosoda, sbocciato proprio dopo la defenestrazione ghibliana. Nelle deliziose animazioni di Katabuchi, come già nei precedenti Mai Mai Miracle e Princess Arete, ritroviamo la fedeltà alla linea chiara del World Masterpiece Theater e poi dello Studio Ghibli: non è un caso, probabilmente, che le storie di Katabuchi siano sempre rivolte al passato. Insomma, il classicismo di Katabuchi e la contemporaneità di Shinkai.
L’eccezionale risultato di Your Name, capace di confrontarsi coi blockbuster miyazakiani (La città incantata, Princess Mononoke, Il castello errante di Howl), dovrebbe catapultarci in una nuova fase, in nuovi – e altri – investimenti. In altre attese. Non più gli eredi ghibliani, ma autori che coltivano differenze, traiettorie, sguardi: Hosoda, Shinkai, Keiichi Hara (Colorful, Miss Hokusai), Masaaki Yuasa (Mind Game, Lu Over the Wall), Hiroyuki Okiura (Una lettera per Momo), il pur fedele Katabuchi…

Il cinema di Shinkai è fatto di dolci slittamenti, come il suo percorso artistico e professionale: dai cortometraggi e mediometraggi autoprodotti alla vetta della classifica degli incassi, alla visibilità e distribuzione internazionale [2]. Sfiorato il rischio di essere un clone miyazakiano, Shinkai ha invece realizzato una sorta di utopia speculare a quella ghibliana: da solo, e non in un progetto comunitario, il cineasta di Nagano ha creato un immaginario interiore, autosufficiente, tanto autoriale quanto commerciale.
Privo della potenza immaginifica e del perfezionismo di Miyazaki o della raffinata e stratificata autorialità di Takahata, meno trascinante e affabulatorio di Hosoda, del quale non eguaglia la ricchezza cromatica, Shinkai ribadisce con questa ultima fatica un suo grande merito, una preziosa unicità: le storie e i personaggi dei suoi cortometraggi, mediometraggi e lungometraggi, immersi in certosini riflessi di luce, non ci raccontano ricordi struggenti, ma ci proiettano all’interno di emozioni che sembrano pulsare con noi – forse solo per noi – adesso e domani. Shinkai non ci racconta la nostalgia che abbiamo provato ma la nostalgia che proveremo.

Distribuito nelle sale italiane da Nexo Digital e Dynit, dal 23 al 25 gennaio 2017, Your Name è l’ennesima conferma di un percorso narrativo ed estetico che da anni misura le distanze che ci dividono, la consistenza dell’amore. Shinkai lavora sulle piccole variazioni di un nucleo immaginifico poeticamente cristallizzato, eppure sorprendentemente pulsante, vivissimo. Splendido.

Note
1. Vale la pena citare, vista la discendenza narrativa, l’ottimo e purtroppo inedito I Are You, You Am Me (Tenkōsei, 1982) dell’inestimabile Nobuhiko Obayashi (Hausu).
2. Nel 1999 Shinkai realizza il cortometraggio in bianco e nero Lei e il suo gatto (Kanojo to kanojo no neko), che gli regala una certa notorietà. Dopo La voce delle stelle, firma nel 2004 il primo lungometraggio, Oltre le nuvole, il luogo promessoci (Kumo no mukō, yakusoku no basho), che uscirà nelle sale italiane l’11 e 12 aprile 2017 con Nexo Digital e Dynit.
Info
Il trailer italiano di Your Name.
Il sito ufficiale di Your Name.
Il trailer giapponese di Your Name.
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