Toy Story 4

Toy Story 4

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Arrivati alla fine (?) del viaggio, Toy Story 4 ci costringe a guardare indietro, a ripensare all’intera avventura, all’importanza del capitolo originale, alla comicità irripetibile del secondo film, ai lacrimoni del terzo. E poi i corti, gli special, un intero universo narrativo abitato da amabilissimi giocattoli. Dal 1995 al 2019, un processo di crescita e cambiamento: il nostro, il loro, quello dell’animazione in computer grafica.

Goodbye, Mr. Chips

Woody e Buzz alle prese con un viaggio in compagnia di vecchi amici, inaspettati ritorni e nuovi arrivi come Forky, una forchetta trasformata in giocattolo. Quando Bonnie porta con sé tutta la banda di giocattoli in un viaggio con la sua famiglia, Woody fa un’inaspettata deviazione che lo porta a ritrovare la sua amica scomparsa da tempo, Bo Peep. I due scopriranno che le loro rispettive vite come giocattoli sono ormai agli antipodi, ma presto si renderanno conto che questo è l’ultimo dei loro problemi… [sinossi]

Il 1995 di Toy Story – Il mondo dei giocattoli, certo. Eppure sarebbe più utile fare qualche altro passo indietro, magari fino alla Lucasfilm, al post-Disney di Lasseter, al cortometraggio The Adventures of André and Wally B. (1984) e poi al fondamentale Tin Toy (1988), cinque minuti che via via sarebbero diventati un’intera saga. Parte da una scommessa, dalla lungimiranza di Lucas e poi di Jobs, la storia della Pixar, della CGI, di Woody e Buzz. La storia di John Lasseter, Andrew Stanton e Lee Unkrich.
In questo senso, Toy Story 4 può essere visto come la fine di un viaggio, la chiusura di un’epoca, una sorta di lungo addio: tra le pieghe delle storie e dei personaggi, accostando cronaca e finzione, in molti hanno rivisto Lasseter nel pacioso e sinistro Lotso, e forse qualcuno vedrà nelle decisioni di Woody una traiettoria umana e professionale non dissimile da quella di Unkrich. Al comando della grande famiglia restano Buzz e Stanton. Basteranno? Sì.

Intendiamoci. Basteranno per proseguire il cammino, senza sussulti, senza sorprese. Magari ritroveremo Buzz in qualche avventura solitaria, tipo Buzz Lightyear da Comando Stellare – Si parte! (2000). Ci aveva provato anche Stanton con John Carter (2012). In entrambi i casi andò così così. Oppure riabbracceremo la grande famiglia in qualche special, tipo gli ispiratissimi Toy Story of Terror e Toy Story – Tutto un altro mondo, non a caso citati a più riprese in Toy Story 4, capitolo impeccabile, ma senza sussulti. Senza sorprese.
Ecco, Toy Story 4 non è solo la fine (di una parte) del viaggio, è il film della definitiva maturità, delle scelte adulte, persino prevedibili ma necessarie. Un limite, certo. Eppure determinate traiettorie prima o poi vanno imboccate, anche da Woody, anche da Lee Unkrich.

Ritroviamo in Toy Story 4 Bo Peep (l’altra famiglia…), ma anche Combat Carl (Toy Story of Terror), perché la sceneggiatura di Stanton e Stephany Folsom è un meccanismo di chirurgica precisione. Ritroviamo esattamente quello che ricordavamo, quello che ci aspettavamo: le suggestioni orrorifiche, le sequenze mozzafiato che ci riportano alla corsa sfrenata e al volo di Woody e Buzz su RC (Toy Story) e all’inarrivabile incipit di Toy Story 3 – La grande fuga, eroi ed eroine, il parziale elogio della diversità – mancano Barbie e soprattutto Ken, bersaglio di ironie velate e un po’ troppo reiterate – affidato al simpatico Forky.
Ritroviamo praticamente tutto, tranne una cosa: l’imprevedibilità. Le lacrime non sono le stesse della sequenza dell’inceneritore (Toy Story 3); le risate non sono le stesse di Zurg in sala Star Wars (Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa). Alcuni storici personaggi fanno sostanzialmente presenza, persino Jessie e Buzz. Ma è il momento di Woody e allora va bene così.

Sontuoso dal punto di vista grafico, dall’abbacinante perfezione dei pixel all’ultimo dei character design (almeno una menzione per lo spassoso e amabile Duke Caboom), Toy Story 4 è probabilmente il capitolo più debole della saga, forse quello che verrà amato meno. Eppure, nonostante i suoi snodi fin troppo programmatici, riesce a dare un senso compiuto e profondo alla tetralogia, abbracciando idealmente ogni mattoncino di questa grande avventura, dal progenitore Tin Toy fino alle giocose divagazioni come Buzz a sorpresa (2011). Alla Pixar sono riusciti a far diventare necessario anche quello che sembrava superfluo. Il riciclo elevato ad arte. Chapeau.

Info
Il trailer di Toy Story 4.
La pagina facebook di Toy Story 4.

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