Alice e il sindaco

Alice e il sindaco

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Intellettuale e società, idee e utilità, uomo e progresso, il disorientamento della sinistra attuale in un panorama europeo dove il popolo sembra andare da tutt’altra parte. Di stringente attualità, Alice e il sindaco di Nicolas Pariser è una piacevole commedia drammatica che affonda con serietà e profondità in questioni universali. In sala, dopo il passaggio alla Quinzaine des Réalisateurs dell’ultimo Festival di Cannes.

Cogito ergo sum

Laureata in filosofia e rientrata in Francia da Oxford, Alice è chiamata a un nuovo incarico a Lione con il preciso compito di rivitalizzare le idee del sindaco locale, Paul Théraneau, eccellente amministratore socialista che, giunto a un punto luminoso della propria carriera politica, si accorge di aver esaurito la propria riserva di idee e ispirazione. Inserito in un opprimente contesto di vita pubblica, il loro rapporto è l’occasione per riflettere sul rapporto tra intellettuale e utilità sociale e sui destini dell’universo socialista, in evidente difficoltà in tutta Europa. Mentre intorno fioccano le ingerenze e le invidie… [sinossi]

Teoria e pratica. Idee e realtà. La realtà a poco a poco prosciuga le idee, le scarnifica, le allontana sideralmente dagli intenti originari. Commedia gradevole e dramma intimo, Alice e il sindaco di Nicolas Pariser affonda con levità in un dilemma molto doloroso che accompagna la storia dell’uomo, quando cioè aspettative, aspirazioni e proposte vengono a scontrarsi ineluttabilmente con le esigenze (sempre più squallide delle idee, inevitabilmente) innescate dalla realtà, sineddoche piccola e asfittica rispetto al meraviglioso mondo delle idee.

Alice e il sindaco rinnova anche la riflessione sul ruolo dell’intellettuale nella società, del suo peso specifico, del suo problematico rapporto con l’idea di utilità, specie nello spietato mondo contemporaneo che non riesce più a esimersi da una immediata misurazione in termini di concreta produzione. Al centro del racconto è infatti collocato il rapporto tra Alice Heimann, laureata in filosofia, e Paul Théraneau, immaginario sindaco di Lione che, giunto a un punto luminoso della propria carriera, si rende conto di aver esaurito le proprie scorte di riflessione e ispirazione. Convocata a rivitalizzare idee e progetti del sindaco, Alice misura dapprima la bizzarria del ruolo al quale è chiamata, per poi inoltrarsi in un percorso che è anche uno scandaglio di autocoscienza nelle attuali difficoltà della sinistra, identificata qui nell’universo socialista francese.

Giunto alla sua opera seconda, Pariser registra il disagio di oggi ben noto alla sinistra a ogni latitudine europea (o euramericana) collocando le proprie riflessioni nel cuore pulsante di una tradizione politico-culturale che a poco a poco ha visto scarnificarsi la propria linea identitaria, annebbiata da un’idea confusa e facilona (in buona parte comune a certa destra) di progresso. È intorno all’idea di progresso che s’innesca infatti un primo appassionante confronto dialogico tra Alice l’intellettuale e Paul il politico: progresso ed etica, progresso e rispetto dell’uomo. Qual è la posizione d’avanguardia e quale di retroguardia? Forse è il caso di spostare il punto di vista, superare schemi, e ricentrare la riflessione sulle peculiarità dell’uomo, sulle sue vere esigenze, sui suoi spazi di libertà, sull’amore e il rispetto per il pianeta, che sempre più difficilmente trovano rispondenza nella pazza corsa al progresso. Il rischio, certo, è quello di passare per arroccati su posizioni arretrate. Ma perché, per l’appunto, il difetto è nel manico, nell’identificazione schiacciante tra bene e progresso, a qualsiasi costo. L’errore è nella domanda, e una domanda errata può comportare solo risposte confuse, inefficaci e soprattutto affidate alla via più rapida e semplice.

Alice e il sindaco coglie lo spirito dei tempi della sinistra attuale profilandosi come registrazione di posizioni e opinioni diffuse, a un passo dall’adesione al luogo comune ma disciogliendolo in un intenso flusso dialogico, appassionante e avvincente, che con evidente coraggio sposa la sfida della complessità senza adagiarsi in superficiali semplificazioni. Non è certo assente qualche cedimento al didascalismo, ma il discorso si conserva coerente e centrato su una riflessione profonda intorno a identità politico-sociali in fase di dolorosa (e non necessaria, anche) ristrutturazione. Pariser raggiunge anzi un nobile punto di fusione tra naturalezza artefatta del dialogo (è evidente che Alice e il sindaco è finemente scritto, di cristallina eleganza tutta francese nella credibile costruzione dei personaggi) e sostanza socio-politica, restituendo per naturale una costruzione solida e preordinata. Il film coniuga infatti la piacevolezza del racconto alla profondità dei propri personaggi, mentre mostra un’ammirevole sottigliezza di scrittura nelle sfumature psicologiche, in particolare riguardo alle rigide dinamiche sociali innescate dalle regole scritte e non scritte della vita pubblica.

Se intorno al sindaco si muove un piccolo esercito di professionisti che tentano di plasmare le sue mosse come sulla plancia di un gioco da tavolo, d’altro canto Alice e Paul sviluppano un loro spazio più intimo, dove a poco a poco emergono pure desideri di riscatto. Lo scioglimento di Alice e il sindaco è in tal senso piuttosto sconfortante. Ringiovanito dall’incontro con Alice, il sindaco vagheggia un riscatto tramite un’intima e vivace riscoperta dei propri ideali, cercando di risvegliare la coscienza socialista. La lunga sequenza della composizione del discorso per il congresso è anche esempio di alto magistero professionale, nel suo lasciar spazio all’attore in un’ispirata long take. Tramite lo scacco finale Pariser registra il vuoto pneumatico in cui la sinistra è incastrata, dove chi ha ancora il coraggio di parlare di etica e futuro finisce parcheggiato a casa, emarginato e precocemente pensionato, come un rudere di un passato magari ancora fresco, ma che resta comunque interpretato come passato, lontano dalle nuove presunte priorità.

Pariser non alza bandiera bianca, ma constata con tutto il peso necessario un vuoto disarmante di prospettive, in cui le idee (gli intellettuali) possono contribuire a riaccendere le coscienze, incontrando però enormi difficoltà nel configurarsi come strumenti di lettura, intervento e modifica del reale. La dicotomia evocata è universale, il tenue scoramento crepuscolare di Alice e il sindaco è tutto contingente. Sottotraccia, Pariser racconta anche un globale ridisegno delle strategie comunicative in politica, dove è più importante il prestigio trasversale dei riferimenti culturali che una sincera adesione a idee alle quali si crede davvero. Il marketing, è ormai cosa nota, è sbarcato totalmente anche in politica, cosicché l’estrema destra può riempirsi la bocca di citazioni di nobili intellettuali di sinistra riletti come rappresentanti di una fiera retroguardia antiglobale e perversamente nazionalista. Nel suo piccolo, Alice e il sindaco contiene tutto questo, registra derive di rossobrunismo e corse da sinistra verso l’adeguamento a una presunta ed egemone modernità. Le identità si sfrangiano, il contatto col popolo è perso e sostituito da condottieri politici di tutt’altra formazione e convinzioni, ribaltamento impensabile fino a vent’anni fa. Mentre l’intellettuale s’interroga, come da secoli, sulla propria funzione, sul proprio destino, sulla propria condizione, realisticamente meschina. La condizione di una fertile mente ascoltata e ammirata, alla quale però si preferisce sempre l’allineamento a un’equivocata modernità e alla semplificazione di idee e linguaggio.

Sofferto, intenso, intelligente, Alice e il sindaco trova in Fabrice Luchini una consueta prova eccellente, sostenuto dalla più sfuggente Anais Demoustier. Da vedere, per discuterne dopo. Tra avvilimento e speranze mai davvero sopite.

Info
Il trailer di Alice e il sindaco

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