Onoda, 10 000 nuits dans la jungle

Onoda, 10 000 nuits dans la jungle

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Presentato al Festival di Cannes 2021 nella sezione Un Certain Regard, opera seconda del regista e sceneggiatore francese Arthur Harari, Onoda, 10 000 nuits dans la jungle non è solamente una coproduzione internazionale che coinvolge capitali giapponesi, ma è una pellicola profondamente nipponica anche da un punto di vista squisitamente cinematografico. Lo è nella scrittura, nella messa in scena, nei silenzi e nelle ellissi, nella caratterizzazione dei personaggi, nella lenta scoperta dell’isola.

Vivere e morire a Lubang

È la fine del 1944. Il Giappone sta perdendo la guerra. Per ordine del misterioso maggiore Taniguchi, il giovane Hiroo Onoda viene inviato su un’isola delle Filippine poco prima dello sbarco americano. La manciata di soldati che porta con sé nella giungla scoprirà presto la dottrina ferrea e implacabile che li legherà a quest’uomo… [sinossi]

Guarda decisamente a Oriente il film di Arthur Harari, regista e sceneggiatore francese alla sua opera seconda dopo Diamant noir (2016). Presentato al Festival di Cannes 2021 nella sezione Un Certain Regard, Onoda, 10 000 nuits dans la jungle non è solamente una coproduzione internazionale che coinvolge capitali giapponesi, una storia emblematica della cultura nipponica e un film interpretato da attori del Sol Levante, ma è profondamente giapponese anche da un punto di vista squisitamente cinematografico. Lo è nella scrittura, nella messa in scena, nei silenzi e nelle ellissi, nella caratterizzazione dei personaggi, nella lenta scoperta dell’isola.

Al di là degli attori nipponici, in primis Yūya Endō (Onoda giovane) e il magnetico Kanji Tsuda (Onoda vecchio), che facilitano questa immersione culturale ed estetica, sono soprattutto lo sguardo di Harari e la sua adesione filologica al cinema nipponico a plasmare Onoda, pellicola che quasi miracolosamente è riuscita a racimolare soldi in Francia, Germania, Belgio, Italia, Cambogia e ovviamente Giappone. Più che riecheggiare il notevolissimo Fires on the Plain (Nobi, 2014) di Shin’ya Tsukamoto, sembra di essere dalle parti di un più classico Kon Ichikawa, con delle innervature, soprattutto nei flashback che chiariscono gli estremismi nazionalisti che hanno alimentato il giovane Onoda, che rimandano a Kōji Wakamatsu e al suo penultimo film, 25/11 Il giorno dell’autodeterminazione – Mishima e i giovani (2012).

Interessato soprattutto alle parabole psicologiche e alle dinamiche interne al piccolo plotone, Harari immerge i soldati in uno spazio\tempo cinematografico che scorre a due velocità. Onoda, 10 000 nuits dans la jungle deve infatti fare i conti con i tre incredibili decenni passati dal soldato fantasma nella giungla, dilatando quindi la sua durata, avvicinandosi alle tre ore. Queste tre ore, seppur costellate da rari eventi (peraltro ben costruiti, con una tensione che implode grazie ai ritmi distesi: si vedano la prima sparatoria e l’ultimo agguato), scorrono lungo un tempo altro rispetto alla consueta autorialità europea e non si incagliano mai, procedono incessanti. Non un film frenetico, ovviamente, ma costantemente percorso da un malessere che rimanda, per una serie di assonanze, alla pulsante follia di Van Diemen’s Land (2009) di Jonathan auf der Heide – in quel caso la messa in scena dei luoghi naturali era persino più convincente, più potente.

Come Teruo Nakamura, arresosi qualche mese più tardi, Hiroo Onoda è uno zan-ryū Nippon hei, uno dei soldati giapponesi lasciati indietro. Insomma, un soldato fantasma, una delle ultime scorie del Giappone imperiale, di una filosofia militare intrisa del rigoroso codice etico del Bushidō. Onoda viene da lì, dalla marzialità del periodo Tokugawa e persino prima, dall’alone mistico dei samurai, da una serie di aspirazioni che sono state spazzate via dalla Seconda guerra mondiale, dalla sconfitta, dall’atomica. Onoda è come uno di quei bimbetti che si paracadutavano per gioco nel finale di Momotaro, Sacred Sailors (1945) di Mitsuyo Seo – lungometraggio d’animazione dai chiari intenti propagandistici, manifesto involontario di una tragedia annunciata. Onoda, 10 000 nuits dans la jungle ci racconta della giungla, certo, ma soprattutto dei labirinti della mente, della follia di certe ideologie, della lotta per la sopravvivenza che diventa autodistruzione, del disperato bisogno di attaccarsi a qualcosa. Tutto sembra irreale, sospeso, eppure così comprensibile, naturale. Come l’isola, come i suoi abitanti alla lunga rassegnati, come i giorni, le settimane, i mesi e gli anni che passano uno dopo l’altro, indifferenti.

Info
La scheda di Onoda, 10 000 nuits dans la jungle sul sito di Cannes.
Il trailer originale di Onoda, 10 000 nuits dans la jungle.

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