To Rome with Love

To Rome with Love

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A partire da Lo sceicco bianco, citato apertamente in uno dei segmenti di cui si compone il film, To Rome with Love non è un film che si confronta con la capitale italiana, ma con la storia del cinema italiano. Un intento lodevole, e che rappresenta lo spunto di riflessione più interessante di un’operazione per il resto dominata da una mancanza di ispirazione preoccupante.

Peccato capitale

Il famoso architetto John è in vacanza a Roma, dove ha vissuto nel corso della sua giovinezza. Passeggiando nel suo vecchio quartiere incontra Jack, un giovane abbastanza simile a lui. Mentre osserva Jack innamorarsi pazzamente di Monica, la splendida e civettuola amica della sua ragazza Sally, John rivive uno degli episodi più dolorosi della sua vita. Nello stesso momento, il regista di opera in pensione Jerry arriva a Roma con la moglie Phyllis per conoscere il fidanzato italiano della figlia Hayley Michelangelo. Jerry è sorpreso nel sentire il padre di Michelangelo, Giancarlo, che di mestiere fa l’impresario di pompe funebri, cantare arie come si sentirebbero a La Scala mentre si insapona sotto la doccia. Convinto che un talento così prodigioso non possa rimanere nascosto, Jerry coglie l’occasione per promuovere il talento di Giancarlo e ridare vigore alla propria carriera… [sinossi]

Si è già scritto tanto, probabilmente troppo, sulla deriva autoriale che sta vivendo la carriera di Woody Allen da alcuni anni a questa parte: abbandonato, almeno all’apparenza superficiale, l’aspetto più direttamente “intimo” del suo approccio alla regia e alla narrazione (ma siamo certi che Allen abbia mai realmente voluto raccontare se stesso all’interno dei suoi film?) e lasciata per strada, stavolta in maniera indubitabile, la natia New York, il settantasettenne cineasta statunitense continua il suo tour europeo: dopo aver messo in scena Londra e aver toccato Barcellona e Parigi, è la volta di Roma a ergersi a protagonista assoluta della sua nuova pellicola, To Rome with Love.

Allen trascina il suo pubblico immediatamente in media res, spalancando il film sul panorama di piazza Venezia e affidandosi – almeno provvisoriamente – a un vigile urbano per rendere noto a tutti come la Città Eterna pulluli di storie da raccontare. Un espediente che riporta a un cinema desueto, dando l’impressione che si abbia a che fare, in un certo senso, con la versione hollywoodiana delle commedie di registi nostrani come Anton Giulio Majano e Luciano Emmer. La Roma raccontata da Allen è una città persa nel tempo, lontana anni luce dalla sua essenza reale – eccezion fatta per qualche riferimento al perenne traffico, ai lavori in corso e via discorrendo – e immersa semmai nell’ovatta rassicurante di una nuvola cinefila: a partire da Lo sceicco bianco, citato apertamente in uno dei segmenti di cui si compone il film, To Rome with Love non è un film che si confronta con la capitale italiana, ma con la storia del cinema italiano. Un intento lodevole, e che rappresenta lo spunto di riflessione più interessante di un’operazione per il resto dominata da una mancanza di ispirazione preoccupante. Come si è già avuto modo di scrivere, To Rome with Love sviluppa la sua trama attraverso quattro storie tra loro distinte e mai destinate a incontrarsi, ma utili ad Allen per raccontare come sempre la vita e il complesso e contorto sentimento dell’amore, declinato in tutti i modi possibili e immaginabili: si va dalla coppia di sposini di provincia (Alessandro Tiberi e Alessandra Mastronardi, le due sorprese positive del cast) ai giovani studenti statunitensi di stanza in Italia (Greta Gerwig e l’ottimo Jesse Eisenberg, con Ellen Page a svolgere il compito di terzo incomodo). Ma la vera notizia, forse, è quella del ritorno davanti alla macchina da presa dello stesso Allen, sempre più restio a impersonare i personaggi che mette in scena: qui si ripara, a suo modo, nella comodità di un personaggio già raccontato decine di volte nel corso della sua carriera, e si fa accompagnare da una sodale di vecchia data come Judy Davis, alla quinta partecipazione a un cast alleniano.

L’impressione, in ogni caso, è quella di un progetto nato esclusivamente dalla necessità di girare in una città amata ma finora mai affrontata come set: la scrittura della maggior parte delle sequenze sorprende per la mancanza di ritmo, di verve, di reale ispirazione artistica. Sono spesso gli stessi attori a dover trovare delle toppe da inserire sulle scene in modo da donar loro quella lucentezza che manca sulla pagina scritta. Abbarbicato a gag sovente usurate, Allen si limita a segnalare per ognuna delle storie raccontate un paio di elementi attorno ai quali far girare l’intero intreccio: è così per la “doccia tenorile”, per la duplice funzione reale/ectoplasmatica di Alec Baldwin, per l’irruzione di stampa e paparazzi nella vita del modesto impiegato Roberto Benigni (non certo nella sua interpretazione più memorabile), per la commedia degli equivoci messa in piedi da Tiberi per non confessare ai parenti di essersi perso la moglie in giro per Roma.

Laddove la penna di Allen sembra ancora in grado di raccontare (e raccontarsi) con sincerità è proprio nella messa in scena delle turbolenze amorose giovanili, descritte in tutta la loro ridicola fragilità esistenziale. A rimanere fuori dai giochi, purtroppo, è proprio la città delle rovine – memoria dei fasti antichi o beffarda ironia sui disastri contemporanei? – ridotta a mero luogo di passaggio, priva di una propria connotazione reale. Un Woody Allen ‘minore’, che viene meno proprio nei suoi immarcescibili punti di forza, a partire da una scrittura che appare raffazzonata, ridotta ai minimi termini sotto il profilo dell’inventiva e destinata a svolgere il ruolo del disco rotto. E alla fine viene anche detto che le storie da raccontare sarebbero molte di più. Chissà…

Info
Il trailer di To Rome with Love.
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