Captain America: il primo vendicatore

Captain America: il primo vendicatore

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Joe Johnston non ci prova nemmeno ad aggiornare il personaggio di Captain America che lancia il suo scudo in direzione dello spettatore, ma mantiene intatta tutta la sua ingenua retorica militarista.

Sono un soldato geneticamente modificato

Dopo essere stato ritenuto non idoneo per il servizio militare, Steve Rogers si offre volontario per un progetto di ricerca top secret che lo trasforma in Capitan America, supereroe dedito a difendere gli ideali della sua nazione… [sinossi]

Se persino Michael Bay in Transformers 3 è riuscito a stemperare il suo sfrenato militarismo affiancando ai soldati dell’esercito “ufficiale” un manipolo di “outsiders” reclutati dal ghetto di Los Angeles, era lecito aspettarsi che anche Captain America subisse un opportuno adattamento all’era obamiana. Ma non è andata proprio così. Nato nel 1941 in piena campagna di reclutamento per il secondo conflitto mondiale, Capitan America è uno dei primissimi personaggi della Marvel, il soldato perfetto e mutante, il difensore degli oppressi contro la barbarie nazista e le sue deviazioni eugenetiche. Mantenendosi dunque sostanzialmente fedele al fumetto, il nuovo film Marvel Captain America – Il primo Vendicatore, firmato da Joe Johnston (Wolfman), ci restituisce un supereroe senza macchia né ambiguità alcuna, devoto al proprio paese e alla sua bandiera (di cui indossa i colori) e con il volto granitico, quando non apertamente imbambolato, di Chris Evans (la Torcia umana de I fantastici 4). La storia ribalta a suo favore uno degli elementi classici della narrativa statunitense, ovvero quel personaggio che, seppur caratterizzato da tare genetiche, riesce a rendersi utile al proprio paese e a incarnarne i principi fondativi. Un percorso tutto americano che attraversa cinema e letteratura da Uomini e topi di John Steinbeck fino a Forrest Gump di Robert Zemeckis passando per L’urlo e il furore William Faulkner fino al Simple Jack di Ben Stiller in Tropic Thunder.

La novità sostanziale però è che Capitan America non riesce a realizzarsi grazie alla proprie forze, bensì tramite una mutazione genetica indotta. Pertanto ecco che tutta la prima parte del film di Johnston è incentrata su Steve Rogers (un Chris Evans opportunamente modificato), ragazzo di Brooklyn di mingherlina costituzione che brama arruolarsi nell’esercito dello Zio Sam. La gracilità di Steve è però inversamente proporzionale al suo amor patrio e le sue qualità di soldato sono pronte ad essere valorizzate da un insolito pigmalione: lo scienziato Abraham Erskinr (Stanley Tucci), ideatore di un siero in grado di trasformare chiunque nel “soldato perfetto”. Nel mentre però, oltreoceano, il fedele servitore del fuhrer Johann Schmidt (Hugo Weaving) è riuscito a riprodurre una sostanza altrettanto efficace, che lo ha trasformato nel temibile Teschio Rosso, supermilite pronto a surclassare lo stesso Hitler pur di estendere il suo potere personale, nel nome di un esoterismo misto a paganesimo e al grido imperioso di “Heil Hydra!”. Superomismo americano contro superomismo hitleriano contro superomismo pagano dunque, per avversari dopati e sovraumani pronti a combattere.
Insomma di carne al fuoco ce n’è parecchia e molte potevano essere le problematiche ideologiche o intime (i due antagonisti mutanti) su cui fare leva per fornire un po’ di carburante teorico al film. Eppure le scelte di regista e sceneggiatori sono andate in direzione di una sostanziale piattezza di storia e personaggi, preferendo trasferire la tridimensionalità nelle immagini. Un’ampia e ben oliata roteazione dello scudo di Capitan America verso lo spettatore dovrebbe essere dunque sufficiente a produrre il silenzio in sala e placare ogni rimostranza, sia essa di natura ideologica o scaturita da carenze narrative.

Ma anche sul versante delle immagini non tutto funziona alla perfezione: le sequenze d’azione sono poco coreografate, per quanto frutto di solido mestiere, e soprattutto sono scarsamente ancorate alla storia. Il risultato è che spesso veniamo lanciati al centro della mischia senza alcuna preparazione circa lo sviluppo dei piani strategici dell’eroe. Suggestivo risulta il combattimento aereo finale, ma la conclusione del duello con il perfido Teschio Rosso è assai sbrigativa e deludente. Naturalmente c’è anche una storia d’amore, più suggerita che reale (i due si danno giusto un bacetto), tra il nostro soldatone made in USA e l’algida Peggy Carter (Hayley Atwell), un’agente speciale dell’esercito dalla condotta irreprensibile e dalla scarsa emotività.

Bisogna ammettere che era un lavoro assai improbo tentare di aggiornare un personaggio che è nato come fautore di una propaganda pre-bellica americana tutta incentrata sull’arruolamento di giovani reclute deputate a sconfiggere Hitler, però di certo qualcosa in più poteva essere fatta. Soprattutto per quel che riguarda la costruzione del personaggio principale, che vince solo perché mutante (il siero amplifica tutte le sue capacità fisiche) e non rimpiange mai il suo status iniziale di sfigato. Privo di lati oscuri, il nostro Capitano è inevitabilmente carente anche sul versante dei sentimenti e dell’ironia. Per fortuna qualche risata riesce a strapparcela il semprevalido Tommy Lee Jones, cui è affidato il solito ruolo del “colonnello esperto”, pronto per traghettare l’imberbe recluta verso un futuro di onore e gloria.
Si ha dunque la netta impressione che questo Captain America – Il primo dei Vendicatori sia soprattutto un film resosi indispensabile in vista dell’attesissima release de I vendicatori (The Avengers) il film “all stars” Marvel attualmente in lavorazione e dal quale, per correttezza filologica, il nostro Capitano non poteva essere escluso.

Info
Il sito ufficiale di Captain America – Il primo vendicatore.
La pagina Facebook di Captain America – Il primo vendicatore.
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