Forever Young

Forever Young

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Con Forever Young, Fausto Brizzi realizza una satira di costume nostalgica e crudele che, nonostante qualche banalità iniziale, non risparmia feroci stilettate dirette al cuore e alle speranze infrante dei cinquantenni nostrani.

Once were paninari

L’avvocato Franco è un adrenalinico settantenne, appassionato di sport e di maratona in particolare. La sua vita cambia quando scopre che sta per diventare nonno grazie a sua figlia Marta e a suo genero Lorenzo e che il suo fisico non è poi così indistruttibile. Angela, un’estetista di 49 anni, ha una storia d’amore con Luca, 20 anni, osteggiata dalla madre di lui, Sonia, sua amica. Diego, DJ di mezz’età, deve fare i conti con gli anni che passano e con un nuovo giovanissimo e agguerrito rivale. Giorgio ha 50 anni e una giovanissima compagna, ma la tradisce con una sua coetanea… [sinossi]

A ciascuno la sua golden age. Se nel cinema statunitense questa corrisponde al ben codificato immaginario anni ’50, con villette a schiera, station wagon parcheggiata davanti al garage, torta di nonna papera sul davanzale, staccionata dipinta di fresco e magari scarafaggi nell’erba (il riferimento è a Velluto blu), da noi non può che incarnarsi nei fluorescenti e incoscienti anni ’80. D’altronde, a pensarci bene, sull’antecedente boom economico, il nostro cinema aveva già qualcosa da obiettare – con risultati egregi – in presa diretta.
E così, in questi tempi un po’ mesti non ci resta che rimpiangere paninari e musicassette, il Commodore 64 e De Michelis sudato in discoteca, il supertelegattone e il pupazzo Uan. Tutti antidoti perfetti (non proprio tutti) per far dimenticare gli agi e le glitterate speranze di un tempo, agli sfortunati esemplari sopravvissuti, più o meno indenni, da allora fino ad oggi.

Ma non è solo sul gioco facile della nostalgia, in cui pure ha rimestato con un certo savoir faire già nel suo sorprendente esordio Notte prima degli esami, che si regge il nuovo film di Fausto Brizzi, Forever Young, affresco episodico, a tratti davvero sagace, su vizi e virtù dei cinquantenni italici.
C’è il Dj radiofonico (Lillo Petrolo) che ostenta una forzosa anglolalia per dimostrarsi al passo coi tempi, ma sta per essere soppiantato da un imberbe ventenne; c’è il suo capo (Fabrizio Bentivoglio) che nonostante una fidanzata studentessa si fa un’amante coetanea (Lorenza Indovina) per meglio rievocare i bei tempi andati; poi la quasi cinquantenne estetista (Sabrina Ferilli) con il toy boy; un quasi nonno “malato” di sport (Teo Teocoli) e la figlia violoncellista (Claudia Zanella) con marito fuori-forma (Stefano Fresi) e demotivato, vittima predestinata di una serie di sfide multidisciplinari (si va dal tennis alla maratona) con l’aitante suocero. Con dei personaggi così, il canovaccio è praticamente già allestito, non serve altro che rinfocolarlo con i temi portanti in gioco: perdita del lavoro con annesso prepensionamento, rimpianto per non avercela mai fatta o non aver nemmeno tentato, terrore per l’inesorabile scemare della potenza muscolare, sessuale e di idratazione dell’epidermide. E poi c’è l’aggravante di cui sopra: stiamo parlando dei favolosi ragazzi degli anni ’80, cui la Milano da bere e le sorprese nelle merendine del mulino bianco sembravano foriere di un avvenire di perpetua, edonistica felicità.

Brizzi si sente certo parte in causa, ma non lesina in gustose stoccate, in fondo questa sua satira di costume su “il nuovo che avanza contro il vecchio che non molla” descrive bene anche l’amara situazione in cui si trovano le generazioni più giovani, che dei favolosi eighties hanno a malapena assaporato la melassa, e oggi si dibattono in cerca di un lavoro stabile o perlomeno credibile, mentre questi gloriosi 50enni non accennano a mollare le loro ambite poltrone.
Certo, in principio Forever Young sembra replicare i vizi già noti dell’oliata coppia di sceneggiatori Brizzi&Martani, con scenette di breve o brevissima durata atte a presentarci i vari personaggi con quell’immediatezza da marketing generazionale che caratterizzava la composizione delle boy band anni ’80 e ’90. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, ma il film non si esaurisce qui, e probabilmente la presenza in fase di scrittura della new entry Edoardo Falcone (Nessuno mi può giudicare, insieme allo stesso Brizzi e a Massimiliano Bruno, Se Dio vuole) è riuscita ad apportare una ventata d’aria fresca nella descrizione di questo variopinto mosaico umano.

E così ecco che, dopo innumerevoli carrellate sulle librerie dei vari salotti, qualche rallenty di dubbia opportunità e gusto nonché imbambolati zoom sulla superficie di un lustro juke box d’epoca, qualcosa in Forever Young sembra iniziare a funzionare ed è nel segno della satira di costume, quella brutta, sporca e cattiva del bel tempo che fu.
È da tempo che Fausto Brizzi insegue l’aureo modello della commedia all’italiana, ma dopo i poco convincenti e manichei (d’altronde il titolo ci avvertiva già) Maschi contro femmine e Femmine contro maschi, questa volta bisogna ammettere che riesce a governare il suo valido cast (ottime le performance soprattutto di Fresi e Lillo, ma anche di un ben ritrovato Bentivoglio) e a mettere sullo stesso piano interpreti ambosessi (convincenti soprattutto Lorenza Indovina e Sabrina Ferilli) nel nome di speranze infrante e correlato patetismo, coadiuvato da stilettate rapide e nient’affatto indolori.
Libero finalmente dall’obbligo castrante dei lieto fine corali, Brizzi sfodera dunque in Forever Young quella cattiveria che da tempo immemore chiediamo alla nostra commedia, strappandoci anche numerose risate, grazie soprattutto al personaggio di Lillo Petrolo (strepitoso il suo “recitativo” del Tuca tuca). L’amarezza pervade un po’ tutto poi, e la presa in giro dei personaggi non è, spesso, per nulla bonaria, anzi. Ma forse non c’è poi tanto da stupirsi: difficile, e non solo per chi ha vissuto negli anni ’80, immaginare tempi più crudeli di questi.

Info
La scheda di Forever Young sul sito della Medusa.
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