La passione

La passione

di

Tra le note liete di Venezia 2010, La passione è un film compiuto, calibrato, abbastanza riuscito nel suo lato comico ma al tempo stesso capace di indagare, in parte in superficie in parte grattando un pochino. Ottimo cast, in particolare Orlando, Basttiston e Guzzanti.

La giusta distanza?

Gianni Dubois è un giovane regista cinquantenne, ex promessa del cinema, che da anni si barcamena faticosamente tra agenti e produttori senza scrupoli e che finalmente ottiene la sua grande occasione: l’ultima e unica! Dovrà scrivere e girare un film con protagonista assoluta una popolarissima e amata giovane attrice del piccolo schermo. Ma le cose da subito non girano per il verso giusto e il povero regista, in piena crisi creativa, si ritrova a essere vittima di un’intricata rete di ricatti causati da un grosso problema edilizio nella sua casa in Toscana… [sinossi]

Forse è giunto il momento, davvero, di finirla di parlar male del cinema italiano. Che sia la grande, importante, fondamentale, svolta della 67. edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che sia davvero l’anno zero dal quale e col quale ripartire per riformulare un cinema che sia identitario, finalmente, in cui insomma potersi riconoscere e col quale ripensare al reale. Chissà… Un passo alla volta, comunque. Anche perché La passione non è il capolavoro che non t’aspetti, firmato perdipiù da un cineasta che da anni pareva aver ormai perduto il proprio interessante sguardo sul mondo, però è un film compiuto, calibrato, abbastanza riuscito nel suo lato comico ma al tempo stesso capace di indagare, in parte in superficie in parte grattando un pochino.

Si dice spesso che il cinema italiano abbia grandi attori ma pessimi sceneggiatori, e che sono le storie a mancare. È vero, indubbiamente, e ce lo dimostra indirettamente anche La Passione. Bravi e nella parte tutti gli attori, sugli scudi ovviamente Silvio Orlando e soprattutto un Beppe Battiston sempre più à la Orson Welles (menzione anche per un Corrado Guzzanti un po’ eccessivo ma comunque in palla), e insomma i problemi non sussistono nel cast. Diverso il discorso sulla scrittura del film, in questo davvero eccezionale nella propria tipizzazione del discorso cinematografico italiano: il protagonista è un regista in crisi che deve trovare in tre giorni un’idea eccezionale per la propria sceneggiatura. Non serve uno sforzo mnemonico imponente per rievocare le decine di pellicole vagamente metalinguistiche che il cinema tricolore ha partorito in questi anni, l’ultima delle quali tratta da un soggetto di uno degli sceneggiatori di La Passione ovvero Umberto Contarello (il suo romanzo è stato adattato da Francesca Archibugi in Questione di cuore). Il cinema italiano dunque, in difetto di complicità e di relazione con il reale, questo sì possiamo continuare a dirlo, continua a indagare su se stesso, sul proprio ristretto orticello, con la speranza di riuscire a intercettare qualcuna delle tante schegge impazzite di cui è composto il nostro paese, o quantomeno l’immagine che abbiamo di esso. E che quest’ultima sia quantomeno confusa, e non deve assolutamente suonare come una scusa per i nostri registi, non è certamente una novità, anzi.

Il fatto però che distanzia La Passione da Questione di cuore, tanto per rimanere nell’ambito del cinema che parla di sé, è la consapevolezza di questo stallo, accertare la confusione nel quale l’immagine-cinema del nostro paese è sprofondata. E se per la Archibugi la realtà pare essere solamente quella filtrata dall’occhio della sua cinepresa, finendo con il rimanere intrappolata e isolata nella dorata borghesia artistica del nostro paese andando magari anche fieri del proprio striminzito salotto, per Mazzacurati possiamo parlare di un diverso, superiore, grado di consapevolezza: paradossalmente, ancora una volta, quella giusta distanza che Mazzacurati non aveva assolutamente trovato nel suo ultimo film, viene invece centrata qui, nella semplicità con cui il regista mette in scena la crisi propria e dei propri sceneggiatori. È la verità a mancare a volte al cinema italiano, costretto spesso a guardare allo spettacolo (qui è una rappresentazione popolare della Passione di Cristo) per cercare in esso un suo surrogato: Mazzacurati sembra scoprirlo andando avanti nel film, che da commedia pura si trasforma pian piano in qualcos’altro. Mettendosi dunque in mezzo, sporcandosi le mani con i propri attori: eccola forse la giusta distanza. Quella che viene azzerata tra il regista e la storia che viene raccontata: per azzerare anche il gap con la realtà di tutti i giorni c’è ancora tempo. No, non è una resurrezione (come la storia vorrebbe suggerire) ma davvero i segnali di una svolta, qui a Venezia ma non solo, ci sono tutti.

Info
Il trailer de La passione.

  • la-passione-2010-carlo-mazzacurati-01.jpg
  • la-passione-2010-carlo-mazzacurati-02.jpg
  • la-passione-2010-carlo-mazzacurati-03.jpg
  • la-passione-2010-carlo-mazzacurati-04.jpg

Articoli correlati

Array
  • In sala

    i peggiori giorni recensioneI peggiori giorni

    di , Secondo capitolo di un dittico di film a episodi dedicati alle feste comandate del calendario italiano, I peggiori giorni vede ritornare Edoardo Leo e Massimiliano Bruno a unire le proprie forze registiche e autoriali per un quartetto di brevi storie tenute insieme da un’amarezza piuttosto sincera.
  • Cult

    pane e tulipani recensionePane e tulipani

    di Apice del cinema di Silvio Soldini, dei suoi ritratti femminili, della sua esplorazione di un'Italia ancora divisa tra Nord e Sud, Pane e tulipani è la storia di una fuga da una vita mediocre, dove l'approdo è una Venezia colorata, popolata da piccola gente buffa e marginale.
  • Archivio

    Perfetti sconosciuti

    di Avvalendosi di un cast di star nostrane, Paolo Genovese in Perfetti sconosciuti prova finalmente a mandare all'aria la melassa della neo-commedia italiana e ci riesce anche. Solo che poi decide di aver osato troppo e si ritrae.
  • Saggi

    Carlo Mazzacurati e il suo tempo

    Esordiente grazie alla Sacher Film negli anni '80, un autore alle prese con le difficoltà e intermittenze espressive e industriali dell'ultimo trentennio di cinema italiano.
  • Torino 2013

    La sedia della felicità RecensioneLa sedia della felicità

    di Il ritorno alla regia di Carlo Mazzacurati avviene con La sedia della felicità, una commedia sbilenca che punta sul pedale del grottesco cercando di rintracciare una volta di più le coordinate dell'umanesimo del regista patavino. Non sempre riuscendovi.
  • Venezia 2013

    Zoran, il mio nipote scemo

    di Paolo, quarant'anni, inaffidabile e dedito al piacere del buon vino, vive in un piccolo paesino vicino a Gorizia. Trascina le sue giornate nell'osteria del paese e si ostina in un infantile stalking ai danni dell’ex-moglie...
  • Archivio

    Figli delle stelle RecensioneFigli delle stelle

    di Seppur con qualche godibile momento da vera commedia, Figli delle stelle ci è sembrato un film molto trattenuto, che avrebbe in sostanza potuto (e dovuto, a nostro avviso) grattare di più la superficie delle cose.
  • Festival

    Venezia 2010Venezia 2010 – Presentazione

    Se sulla carta la lista degli assenti sembra davvero lunga, la Mostra di Venezia 2010 appare anche come un terreno di aperta sperimentazione, per niente facile da classificare. Meno affascinante semmai è il blocco del cantiere per il nuovo Palazzo del Cinema causa ritrovamento di amianto.
  • Archivio

    Non pensarci RecensioneNon pensarci

    di Il cinema di Gianni Zanasi è una boccata d'ossigeno per la produzione italiana. Lo dimostra anche Non pensarci, presentato a Venezia nel 2007.