I peggiori giorni

I peggiori giorni

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Secondo capitolo di un dittico di film a episodi dedicati alle feste comandate del calendario italiano, I peggiori giorni vede ritornare Edoardo Leo e Massimiliano Bruno a unire le proprie forze registiche e autoriali per un quartetto di brevi storie tenute insieme da un’amarezza piuttosto sincera intorno ai rapporti di forza, potere e denaro fra esseri umani (italiani). Qua e là la commedia sparisce, lasciando spazio ad aspre e disperate parentesi di vero dramma. Altalenante, incoerente, didascalico, spesso assolutorio, talvolta efficace.

In Italia non ci vogliamo più bene

Quattro storie, ambientate rispettivamente alla vigilia di Natale, il Primo Maggio, per Ferragosto e nel giorno di Halloween. Nel primo episodio, una famiglia si riunisce per Natale a casa dell’anziano capofamiglia, che chiede ai suoi tre figli la donazione di un rene, aprendo un aspro conflitto fra fratelli. Nel secondo, un imprenditore fallito si nasconde nella sua fabbrica per suicidarsi, ma è seguito da un suo ex-dipendente licenziato che lo sequestra per ottenere come riscatto la liquidazione mai ricevuta. Nel terzo, un episodio di molestie sessuali e diffusione di foto imbarazzanti via social network mette in conflitto una coppia radical chic e un’altra coppia di coatti romani, rispettivi genitori della ragazzina vittima e dei due colpevoli del fatto. Nel quarto, un prestigiatore depresso, vedovo e padre di una ventenne, è incoraggiato dalla figlia a riprendere la propria attività di mago per la festa di Halloween organizzata da un magnate industriale, suo vecchio amico pieno di antico rancore… [sinossi]

Altro giro, altra corsa. Dopo l’uscita in sala di Capodanno con il primo capitolo I migliori giorni, Edoardo Leo e Massimiliano Bruno ritornano in coregia al cinema per un ulteriore film a episodi dedicato alle feste comandate. Di nuovo quattro episodi, di nuovo le feste più popolari del calendario italiano, di nuovo due regie a testa. Stavolta l’uscita in sala è anche decisamente più coraggiosa della prima. Se I migliori giorni ha infatti visto la sala nelle settimane del Natale, periodo tradizionalmente favorevole per la fruizione di cinema italiano brillante, I peggiori giorni approda invece alla distribuzione in pieno Ferragosto, quando una buona parte delle sale italiane non ha ancora riaperto i battenti e quando i potenziali spettatori stanno a sguazzare in mare nelle ormai consuete torride estati tricolore. D’altra parte, stiamo anche assistendo a una sorprendente estate dei record: non si sono ancora spenti i fuochi dell’enorme successo di Barbie (Greta Gerwig, 2023), giunto in sala a fine luglio, mentre altri blockbuster capitanati da Harrison Ford e Tom Cruise hanno dato scosse vigorose al nostro mercato cinematografico. Onore al merito, dunque, a Leo e Bruno, che mettono a disposizione la propria notorietà e il proprio consolidato appeal presso il pubblico italiano per tentare di cavalcare l’onda dell’estate dei record anche per un prodotto italiano.

Anche dal punto di vista dell’ideazione e della scrittura I peggiori giorni è la versione dichiaratamente estiva del suo predecessore. Non più le tonalità scure, buie e invernali dei mesi freddi, bensì location assolate e giornate lunghe per il Primo Maggio, Ferragosto e Halloween. Fa eccezione il primo segmento narrativo, in cui un po’ incongruamente si ripropone un episodio natalizio con la stessa famiglia protagonista del primo film. Un Natale stavolta stranissimo, caratterizzato da un’inedita luminosità fotografica, più simile a un Natale californiano che italiano. Visto che nel dittico di Leo e Bruno la Pasqua si delinea come grande assente, sorge il dubbio che l’episodio natalizio in apertura di I peggiori giorni fosse stato inizialmente progettato come pasquale, e che sia stato poi riadattato rapidamente al Natale per conferirgli l’effettiva fisionomia di variazione sul tema rispetto al primo film, richiamando come protagonisti i medesimi personaggi con l’unica nobile aggiunta di Renato Carpentieri – è l’unico caso in cui i personaggi del primo film ritornano anche nel secondo, e il desiderio di continuità può discendere anche dal fatto che Leo e Bruno vi partecipano insieme pure come attori, dando luogo a una sorta di episodio-principe, un po’ più lungo degli altri. Non è da trascurare infine che la famiglia protagonista natalizia di I migliori giorni ha dato vita all’episodio probabilmente più ricordato dell’intero film, con quel giochetto facile facile e a pronta presa sul contrasto pandemico tra pro-vax e no-vax – l’episodio, peraltro, era ispirato a un rapido monologo di Edoardo Leo presentato in televisione. Non si tratta di un vero e proprio sequel, ma per l’appunto di una variazione in cui gli stessi attori reincarnano personaggi con il medesimo nome e medesime relazioni di parentela.

A dirla tutta, non è nemmeno chiarissimo quale sia la differenza sostanziale fra i giorni migliori del primo film e i peggiori del secondo. A regnare su entrambe le opere, infatti, si staglia un cupo cinismo da tradizionale commedia all’italiana che Leo e Bruno cercano volenterosamente di resuscitare. Come sempre più spesso accade con i prodotti cinematografici di casa nostra, la cattiveria è in realtà spesso bilanciata da uno spirito didascalico e assolutorio che non ha mai il coraggio di condurre il proprio discorso fino alle sue estreme conseguenze. Quanto al didascalismo, è sufficiente dare un’occhiata al segmento natalizio di cui sopra. Lo spunto narrativo ricorda nobilissimi ascendenti (l’anziano padre di famiglia chiede un rene ai figli come regalo di Natale; immediato viene in mente Il boom, Vittorio De Sica, 1963, e anche Parenti serpenti, Mario Monicelli, 1992) e tenta realmente la zampata feroce, ma il finale si adagia su una prevedibile lezioncina morale e un certo piagnucolio di affetti riscoperti. Se tramite un tracciato narrativo decisamente diverso il quarto episodio ambientato a Halloween conserva tratti molto simili nell’ottica di una cattiveria classista riscattata nel finale dal dilagare dei buoni insegnamenti e sentimenti, staccano invece i due episodi centrali, alimentati l’uno da sincera disperazione e l’altro da una buona scrittura capace di qualche affondo sociale. Il Primo Maggio di I peggiori giorni è infatti animato da un piccolo imprenditore sull’orlo della bancarotta e del suicidio, sequestrato e minacciato di morte da uno dei suoi dipendenti licenziati. Il bel duetto fra i protagonisti Fabrizio Bentivoglio e Giuseppe Battiston non conserva praticamente nulla della commedia, se non qualche parentesi (decisamente infelice) riservata a personaggi secondari. È un confronto serrato di psicologie, rancori e miserie, dove si cerca di ricostruire trent’anni di graduale disfacimento italiano del patto sociale, tenendo presente anche la recente pandemia come sommo stress test di un sistema economico già visibilmente fragile. Si potrebbe facilmente affermare che per mandare tutti quanti assolti Edoardo Leo (autore dell’episodio) accomuna sullo stesso piano di condivisa disperazione sia l’imprenditore fallito che l’operaio senza lavoro. In realtà l’episodio non è cerchiobottista, bensì molto lucido nei confronti delle concause che hanno portato l’Italia nell’attuale buio cunicolo di welfare, precarietà lavorativa e diritti sociali. Intendiamoci, pure qui il didascalismo spesso dilaga, i due protagonisti mostrano una consapevolezza fin troppo scaltrita di economia e massimi sistemi, il costante ricorso all’accento veneto tenta costantemente di spostare il baricentro espressivo verso la macchietta con esiti spesso irritanti, più volte viene anche da pensare che le somiglianze con l’episodio di Capodanno (Max Tortora/Paolo Calabresi) di I migliori giorni siano fin troppe,ma l’insieme narrativo regge, Bentivoglio e Battiston fanno a gara di bravura, e il finale sospeso è una chiusura giustissima, calibrata su un reale, tangibile, emozionante sentimento di disperazione – anche in questo caso viene in mente un lontano e nobile ascendente, il misconosciuto Mordi e fuggi (Dino Risi, 1973) dove Marcello Mastroianni, imprenditore sull’orlo del baratro, finisce in mano al rapinatore anarchico Oliver Reed.

Infine, il Ferragosto di I peggiori giorni affonda direttamente nella cronaca più attuale. A scatenare un mini-Carnage estivo all’italiana è infatti un episodio di molestie sessuali nella sera di Ferragosto perpetrato da una coppia di fratelli ai danni di una minorenne, con tanto di diffusione di foto umilianti tramite social network. Le due coppie di genitori che si confrontano duramente sul tema sono i borghesi e acculturati Neri Marcoré e Anna Ferzetti (lui professore di latino, lei scrittrice e personaggio televisivo), e i coattissimi Ricky Memphis e Claudia Pandolfi. Sulla carta è l’episodio migliore. Molto buono lo spunto narrativo, apprezzabile l’intenzione di stare sul pezzo dell’attualità – benché nell’ultima stagione cinematografica italiana si sia già visto sullo stesso tema il bel Mia (Ivano De Matteo, 2023) con Edoardo Leo ancora protagonista. E molto buona risulta la scrittura, che tratteggia in spazi ristrettissimi volgarità e lassismi di una famiglia coatta e benestante. Un po’ più stereotipata appare la scrittura della coppia acculturata, ma interviene la buona prova di Anna Ferzetti a metterci una pezza quando la rigidità del tratto si fa eccessiva. Cosa manca, dunque? Manca il tempo, semplicemente. A occhio e croce si direbbe che è l’episodio più breve, ed è il più meritevole di ampi spazi narrativi – quasi verrebbe voglia di vedere un intero lungometraggio dedicato ai quattro protagonisti, soprattutto al bel personaggio della Pandolfi, consapevole e umiliata dal comportamento dei propri figli.

A tenere insieme i quattro episodi ricorre spesso la cupa evocazione di rapporti umani fondati sul denaro, sul potere, sull’umiliazione dell’altro. Che sia ricchezza effettiva (il magnate di Giovanni Storti nel quarto episodio; l’imprenditore di Bentivoglio) o gap culturale (la preparazione fatta di buoni studi e buone letture di Marcorè-Ferzetti che sovrasta i coatti Memphis-Pandolfi, e che è necessaria anche a far valere i propri diritti in tribunale o tramite la pubblica gogna del mezzo televisivo), Edoardo Leo e Massimiliano Bruno ritornano storia dopo storia a parlare di rapporti di forza fondati sulla prevaricazione, sull’abuso della propria posizione di potere. Nel migliore dei casi è il nucleo della famiglia a mostrare tutto il proprio egoismo (l’episodio natalizio), e magari può tornare comodo anche un affezionato domestico extracomunitario come donatore di un rene – di nuovo, il classismo che permea tutti e quattro gli episodi. Si vira quasi sempre verso il didascalico e l’assoluzione, e stilisticamente siamo di nuovo dalle parti di un approccio anonimo e patinato (specie nel primo e nell’ultimo episodio) lontano anni luce da qualsiasi reale riferimento all’Italia di oggi, veste formale alla quale da anni sembra essersi ormai autocondannata buona parte dell’attuale cinema italiano di consumo, anche sotto la spinta dei diktat espressivi posti da nuove modalità di produzione e fruizione su piattaforma online. Stavolta però restano sprazzi di scrittura da apprezzare, qualche personaggio al quale si continua a pensare, qualche cattiveria ben assestata. Lungo i quattro episodi Leo e Bruno non riescono a mantenere sempre lo stesso livello di pregnanza e le cadute sono molte, sia di stile sia di scrittura, ma magari, tra un ammiccamento e l’altro, I peggiori giorni ha anche qualcosa da dire. E talvolta lo dice pure bene.

Info
Il trailer de I peggiori giorni.

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