Un dollaro d’onore

Un dollaro d’onore

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Tra i western più acclamati, omaggiati e plagiati di ogni tempo, Un dollaro d’onore può essere letto come una risposta polemica a Mezzogiorno di fuoco. Al di là di questo Howard Hawks firma uno dei suoi capolavori, riscrivendo il mito del west sul viso e le ossa di John Wayne.

Il deguello suona per noi

John T. Chance è lo sceriffo di Rio Bravo, cittadina del west nella quale fa il bello e il cattivo tempo il latifondista Nathan Burdette. Quando Chance arresta il fratello di Burdette non deve solo affrontare la vendetta dell’uomo, ma anche l’ostilità dell’intera cittadinanza. Con lui resta solo un manipolo di fedeli sodali… [sinossi]

Di capolavori fatti e finiti all’interno della secolare storia del cinema ce ne sono stati molti, nonostante qualche arido critico possa convincersi del contrario. Capolavori in ogni latitudine e in ogni epoca, tanto nel Messico degli anni Quaranta quanto nelle Filippine degli anni Ottanta. E a Hollywood, ovviamente, nascita-morte-rinascita dell’immaginario occidentale (e non solo). Un dollaro d’onore, che il prossimo 19 marzo festeggerà i sessant’anni dalla sua prima proiezione pubblica, è una di quelle opere somme, e il numero qui si fa più esiguo, in grado di mettere d’accordo un po’ tutti: i critici, il pubblico e perfino gli altri cineasti. Non è certo un caso che si tratti di uno dei film più omaggiati, citati, perfino plagiati: un maestro come John Carpenter si è ripetutamente dichiarato un devoto cultore, e lo ha dimostrato in maniera palese costruendo alcuni dei suoi titoli più noti (su tutti il sommo Distretto 13 – Le brigate della morte, ma anche lo spassoso Fantasmi da Marte) sullo schema attorno al quale si muove Un dollaro d’onore. L’assedio. Non metaforico, non astratto. Concreto, reale, angoscioso.

Nel mettere le mani una volta di più nella mitopoiesi western (dopo Il mio corpo ti scalderà e Il fiume rosso) Hawks trova la sua forma definitiva, al punto che le successive incursioni nel genere si limiteranno a una riproposizione della stessa trama, sia in Rio Lobo che in El Dorado. Scardinato il concetto dell’aria aperta e rinchiusi i suoi personaggi in un luogo asfittico, polveroso e deprimente – reso ancor più oppressivo dalla scelta di costruire il set in scala leggermente ridotta, in modo da fare occupare uno spazio maggiore ai corpi degli attori in scena – Hawks gioca con le loro psicologie, attingendo tanto alla lezione della screwball comedy (il personaggio di Feathers, interpretato da Angie Dickinson, sembra una costola di Lauren Bacall o Katherine Hepburn) quanto a quella del film bellico, due tipi di produzione che il regista ha già dimostrato di maneggiare con rara maestria.

Non che i personaggi siamo scritti puntando sulla valorizzazione delle rispettive psicologie. La loro funzione è completamente tipizzata, e ridotta all’osso al punto da apparire come una stilizzazione: Wayne è l’eroe senza macchia e senza paura, e che non rinuncia alla morale; Martin è l’uomo che deve riscattare la propria debolezza (l’alcol) per ritrovare dignità; Nelson il ragazzo dal viso pulito almeno quanto la sua etica, ma talentuoso nello sparare. Questa semplificazione, in netto contrasto con la marea montante della rilettura del genere (nel 1958 era uscito The Left Handed Gun, vale a dire Furia selvaggia – Billy Kid, di Arthur Penn; nel 1954 Nicholas Ray aveva diretto Johnny Guitar; nel 1962 arriverà Sam Peckinpah con Sfida nell’Alta Sierra), è l’elemento che con maggior forza distanzia Un dollaro d’onore da Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann.

Sul rapporto tra questi due capisaldi del western si può rintracciare una vasta e articolata letteratura. Una letteratura che parla di maccartismo, certo (inutile sottolineare quali fossero le posizioni di John Wayne verso le persone terminate sulle liste nere del senatore anticomunista), ma che in realtà e in profondità parla più in generale della visione degli Stati Uniti d’America, e del loro senso più intimo e profondo. Se è vero che parte dello scarto tra i due film sta nel fatto che mentre Gary Cooper è letteralmente abbandonato al proprio destino – eccezion fatta per la devota moglie -, John Wayne può contare su un numero magari esiguo ma appassionato di persone pronte a combattere e magari morire con lui, è altrettanto vero che la lettura della società non sembra certo più rosea o ottimistica. A fianco dello sceriffo Chance rimangono infatti un alcolizzato, un ragazzino alle prime armi, un vecchio bisbetico, una giocatrice d’azzardo e un oste messicano. I reietti, gli unici a fare gruppo per fronteggiare il potere proto-capitalistico rappresentato da Burdette. Gli altri cittadini? Assenti ingiustificati. Nella classicità Hawks immette dunque l’elemento di classe e il racconto di una “nuova” America che è, o almeno dovrebbe essere, il futuro. Nella speranza e nella convinzione che il futuro progredisca si avverte davvero la differenza rispetto a Zinnemann, ma la questione è più complessa di come non venga di solito liquidata.

Al di là di questo Un dollaro d’onore resta una delle visioni “perfette” che potreste incontrare sul vostro cammino. Non gli vorrete mica voltare le spalle?

Info
Una clip di Un dollaro d’onore.
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