Always – Per sempre
di Steven Spielberg
In Always – Per sempre Steven Spielberg firma la personale versione di uno dei film a cui ha più legato la sua infanzia, Joe il pilota di Victor Fleming. Ma se la trama resta quasi invariata – eccezion fatta per l’eliminazione del contesto bellico – Always è un film spielberghiano fino al midollo, elegia del volo come metafora della libertà, quella libertà che può essere vissuta in pieno solo se si è in grado di rinunciarvi per uno scopo superiore. All’epoca ripagò a malapena l’investimento, oggi è dimenticato dai più: è giunto il momento di riscoprire la storia d’amore tra Richard Dreyfuss e Holly Hunter.
In volo libero
Pete Sandich è un pilota dell’aviazione antincendi, che vive con Dorinda, la donna che ama profondamente. Un giorno, durante una missione con il suo migliore amico Al Yackey, Pete cerca di aiutarlo a spegnere il fuoco che ha incendiato il motore; riesce nell’impresa, ma accidentalmente vola attraverso una foresta in fiamme bruciando il serbatoio col carburante che, diffondendosi, provoca l’esplosione dell’aereo e la sua morte. Da morto Pete incontra Hap, un angelo che gli taglia i capelli e lo invita a far da angelo custode all’amata Dorinda e a Ted Baker, un giovane aviatore destinato a prendere il suo posto… [sinossi]
Leonardo Da Vinci, primo disegnatore di un ornitottero, affermava: «Una volta che abbiate conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desidererete tornare». Non riesce a resistere all’idea di volare Pete Sandich, protagonista di Always – Per sempre, e fa lo gnorri anche quando il suo migliore amico Al Yackey gli sottopone l’idea di diventare istruttore, lasciando perdere quella pazzia di lanciarsi sulle foreste in fiamme con il suo Canadair. No, non può resistere all’idea di volare Pete Sandich, nonostante l’amore assoluto che lo lega a Dorinda, sua collega all’aviazione antincendi che però lavora a terra, senza librarsi in volo. È un essere desiderante Pete: desidera volare, per soddisfare quella sensazione di dominio dell’aria; desidera tornare a terra, per riabbracciare la sua Dorinda – in questo senso la sequenza iniziale, in cui già rischia di perire, è sublime nella capacità di Steven Spielberg di raccontare l’emozione dell’ardimentoso ma allo stesso tempo il terrore di non sopravvivere. Un desiderio, quest’ultimo, raddoppiato nel momento in cui effettivamente il suo aereo esploderà in volo. Da morto Pete desidera tornare due volte: essere di nuovo vivo, ed essere di nuovo a terra con Dorinda. Come molti personaggi di Spielberg Pete è un sognatore, un idealista che ha scarsa dimestichezza a confrontarsi con la realtà oggettiva delle cose, al punto che la sua compagna si stupisce quando finalmente riceve in dono un abito da sera, un regalo “da femmina”. Non è un caso d’altronde che il cinema di Spielberg sia costellato di voli, di galleggiamenti in aria, di tuffi improvvisi nel vuoto: l’immagine iconica di E.T., con i bambini che in bicicletta volano davanti alla luna, basterebbe da sola, ma è corroborata da quelle di Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1941 – Allarme a Hollywood, Indiana Jones e il tempio maledetto, L’impero del sole, Hook – Capitan Uncino (chi è Peter Pan se non il “bambino che sapeva volare”?), Il ponte delle spie – dove la navigazione aerea serve a scopi di spionaggio. Il volo come metafora della libertà assoluta, ma anche come riflessione sul cinema, la cui immagine spinge l’uomo/spettatore verso vette e prospettive che non gli sono consone, e non aveva mai preso in considerazione. C’è anche un altro aspetto su cui soffermarsi, ed è il valore del tutto soprannaturale, e ultraterreno, di Pete Sandich. Prima ancora di morire per tornare nelle vesti di fantasma (sfidando dunque l’ordine delle cose, spostando il film nel canone del fantastico), Pete era al di fuori delle regole naturali, perché volava: volava in mezzo agli incendi, sopravvivendo al fuoco e perfino all’assenza di benzina. La sua trasmutazione in ectoplasma diventa dunque solo la (s)materializzazione di qualcosa che era già parte integrante della sua vita quotidiana.
A distanza di oltre trent’anni dalla sua realizzazione Always – Per sempre è raramente citato quando si affronta il voluminoso corpus della filmografia di Spielberg. A pesare su questa sorta di rimozione cinefila collettiva è senza dubbio lo scarso appeal commerciale che il film aveva all’epoca e ha ancora oggi: nel 1989 incassò poco più di 40 milioni di dollari dopo che per produrlo ne erano stati investiti oltre 30, e oggi con ogni probabilità il suo destino sarebbe ancora più nefasto. Lo sguardo teso verso il romanticismo del cinema classico (dopotutto si tratta di una rilettura, per quanto personale, di A Guy Named Joe di Victor Fleming, Joe il pilota in Italia, ma su questo si tornerà brevemente più avanti) assumeva e assume contorni troppo démodé per attecchire su un pubblico vasto oramai così disabituato al classico, in ogni sua forma. Ed è proprio la sua natura apparentemente spuria rispetto alla quasi totalità dell’opus spielberghiano ad aver tenuto a distanza anche un eventuale, e del tutto meritata, riscoperta critica. Spielberg, cui viene associata per abitudine critica un’immagine eternamente fanciullesca, non ha mai affrontato di petto gli ardori e i tremori dell’amore sessuato: certo, ci sono le donzelle che non sanno resistere al fascino dell’archeologo Indiana Jones, ma la dimensione fumettistica spinge in ogni caso in direzione dell’iperreale nella rappresentazione della tenzone tra i sessi (in tal senso si veda il modo in cui viene ribaltata in una prospettiva quasi comica, se non grottesca, l’auspicata notte di passione tra il dottor Jones e la cantante Willie Scott ne Il tempio maledetto). Always – Per sempre è per Spielberg la prima rappresentazione adulta di un amore incrollabile, assoluto, di un rapporto di coppia. Di più, è il primo e unico film romantico del cinema di Spielberg. E questo probabilmente gli è stato poco perdonato, o forse è risultato stonato agli occhi di una parte del pubblico e della critica.
Peccato, perché nel riprendere le tracce lasciate da Fleming nel 1943 con Joe il pilota Spielberg non solo le fa completamente sue, ma dimostra una sensibilità rara nel ragionare sull’amore, e sul vuoto che lascia la perdita degli affetti. Quel vuoto che si evidenzia nella straordinaria sequenza in cui Holly Hunter balla da sola sulle note di Smoke Gets in Your Eyes dei Platters, con la messa in scena dominata dalle ombre della sua solitudine ma anche della presenza/assenza di Richard Dreyfuss. Quel vuoto che è sempre lì, appostato nell’aria, quando si vola. Spielberg approfitta una volta di più del fantastico per interrogarsi sulla natura umana, le sue pulsioni, i suoi desideri, la sua ottusa speranza che le cose possano sempre e comunque aggiustarsi, magari anche post-mortem. In questo modo traccia uno dei film più puramente lirici degli anni Ottanta, rifuggendo una volta di più dalla plastica imperante nel decennio e guardando a ritroso per rintracciare le linee guida del suo sentimento, della sua cinefilia, del mondo che sta scomparendo. Perché Always – Per sempre è anche – in parte suo malgrado – un fermo immagine sulla Hollywood in rigenerazione/rifacimento (come sarà trent’anni dopo anche Ready Player One). Audrey Hepburn e la Hollywood classica sono a passo dall’addio, al cinema e alla vita, sostituiti dalla nuova leva di attori – Hunter e John Goodman hanno recitato insieme un paio di anni prima in Arizona Junior dei fratelli Coen. Nel mezzo Richard Dreyfuss, uno dei volti centrali nella prima ondata della cosiddetta New Hollywood, e figura iconica per il primo cinema di Spielberg. Il regista lo ritrova qui, oltre un decennio dopo Incontri ravvicinati del terzo tipo, e gli concede la più dolce e dolorosa delle uscite di scena. Pete, dopo aver “liberato” Dorinda (si è liberi solo quando si libera qualcun altro, sottolinea l’angelo Hepburn, preconizzando già Schindler’s List), le lancia un ultimo sguardo, che è anche ultimo sguardo alla vita e alla Terra, quindi si volta e si allontana. Le strade di Dreyfuss e Spielberg non si incroceranno più. Always è stata anche la loro ultima danza. Il loro ultimo volo.
Info
Il trailer di Always – Per sempre.
- Genere: drammatico, fantasy, sentimentale
- Titolo originale: Always
- Paese/Anno: USA | 1989
- Regia: Steven Spielberg
- Sceneggiatura: Jerry Belson
- Fotografia: Mikael Salomon
- Montaggio: Michael Kahn
- Interpreti: Audrey Hepburn, Brad Johnson, Brian Haley, Dale Dye, Doug Mcgrath, Ed Van Nuys, Holly Hunter, James Lashly, John Goodman, Keith David, Marg Helgenberger, Michael Steve Jones, Richard Dreyfuss, Roberts Blossom
- Colonna sonora: John Williams
- Produzione: Amblin Entertainment, Universal Pictures
- Durata: 118'