Spider-Man: No Way Home

Spider-Man: No Way Home

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Dopo due simpatici divertissement come Spider-Man: Homecoming e Spider-Man: Far from Home, col nuovo e fiammante Spider-Man: No Way Home la Marvel ha alzato decisamente il tiro e ha creato un blockbuster frankensteiniano, un film-corpo fatto con pezzi di altri film, con supereroi e supercattivi che riemergono da un passato che è, in più di un senso, sinonimo di morte, di ombre, di inquietanti intrecci e presagi.

Grandi incassi e grandi responsabilità

Per la prima volta viene rivelata l’identità di Spider-Man, il nostro amichevole eroe di quartiere, ponendo le sue responsabilità da supereroe in conflitto con la sua vita quotidiana e mettendo a rischio coloro a cui tiene di più. Quando chiede l’aiuto del Dottor Strange per ripristinare il suo segreto, l’incantesimo apre uno squarcio nel loro mondo, liberando i più potenti nemici mai affrontati da uno Spider-Man in qualsiasi universo. Ora Peter dovrà superare la sua più grande sfida, che non solo cambierà per sempre il suo futuro, ma anche quello del Multiverso… [sinossi]

Il travolgente successo di Spider-Man: No Way Home, destinato fin dalle prevendite a sbancare il box office come nei bei tempi andati, ci suggerisce alcune riflessioni su quello che è stato il fenomeno MCU, su quello che è e, forse, su quello che sarà. Intanto, a livello statistico, giova ricordare il coito interrotto dello Spider-Man precedente, cassato dopo le poche fortune di The Amazing Spider-Man 2: Il Potere di Electro di Marc Webb, e il traguardo della trilogia tagliato da Jon Watts, col simpatico Spidey di Tom Holland che era già andato oltre con apparizioni più o meno significative (storia nella storia, il rapporto Spidey\Iron Man ha pesato quanto un episodio della saga).

L’inevitabile rimando\confronto con la trilogia di Sam Raimi al momento ci interessa soprattutto sul piano del successo commerciale e della proiezione nell’immaginario collettivo: il barbatrucco della nuova Marvel è di essere riuscita a (ri)veicolare l’attenzione su un supereroe che poco prima aveva fallito, inserendolo con astuzia e buona scrittura all’interno del proprio universo narrativo. Una buona scrittura che si è più volte incrinata nel corso della trilogia, annacquandosi tra gag e siparietti spesso sterili – ma questo ci interessa relativamente nel quadro generale della saga.

Le alchimie marveliane, solo in parte prevedibili, hanno innalzato Watts a vette produttive e ad ambizioni narrative che erano state precluse persino all’impareggiabile Raimi. Dopo due simpatici divertissement come Spider-Man: Homecoming e Spider-Man: Far from Home, col nuovo e fiammante Spider-Man: No Way Home la Marvel ha alzato decisamente il tiro e ha creato un blockbuster frankensteiniano, un film-corpo fatto con pezzi di altri film, con supereroi e supercattivi che riemergono da un passato che è, in più di un senso, sinonimo di morte, di ombre, di inquietanti intrecci e presagi – magia, certo, ma anche e soprattutto la proverbiale magia del cinema, sempre più vicina alla sconfitta definitiva del Tempo.

Spider-Man: No Way Home è un colosso che ondeggia tra il più sfrenato dei fan service e il remake in salsa aracnidea del dittico Infinity & Endgame. Insomma, a guardare il bicchiere mezzo pieno, certe sfide produttive si possono affrontare nuovamente o in forme non così dissimili. In sostanza, al di là della qualità balbettante del film e dell’intera trilogia di Watts, la Marvel è andata oltre i confini segnati da Raimi. E il suo ritorno, a voler vedere il bicchiere pienissimo, può essere già letto come il passaggio a una fase realmente successiva, ancor più ambiziosa – totalmente ambiziosa, anche nella scrittura.

La stretta parentela tra Infinity & Endgame è rimarcata dalla sostituzione di Iron Man\Robert Downey Jr. con un personaggio\attore dal peso specifico simile: in estrema sintesi, il futuro della saga sembra proprio nelle mani prestidigitatorie di Strange\Cumberbatch, non a caso atteso all’incasso col prossimo Doctor Strange in the Multiverse of Madness. Et voilà, il multiverso. La parola chiave concettualmente sdoganata da Spider-Man: Un nuovo universo è multiverso, meccanismo narrativo tendente all’infinito che i lettori dei fumetti conoscono benissimo – Superman e soci tirano avanti la carretta dalla fine degli anni Trenta, qualche trucco dovevano pur averlo.

Con tutto questo materiale narrativo tra le mani, con icone e grandi attori che svolazzano da una parte all’altra dello schermo, la sensazione è che sia soprattutto fumo negli occhi e grandi effetti, un po’ come il mago di Oz. In questo senso, ci sembrano davvero calzanti le parole di Matteo Berardini (Pointblank, Cineforum, Bietti) che vede un grande film all’interno di Spider-Man: No Way Home, quantomeno in potenza, solo che bisogna andarselo a cercare, sfrondando tutto il resto e rimettendo insieme i cocci. In fin dei conti, tra le righe e in una recensione più che positiva, sfronda anche Andrea Fornasiero su MyMovies: «mandate giù queste forzature, accompagnate dalla consueta dose da cavallo di ironia Marvel, Spider-Man: No Way Home si fa drammatico e tiene fede al proprio titolo».

Che piaccia o meno, l’ultima fatica di Watts e soci è Marvel all’ennesima potenza, è un blockbuster mastodontico, è a suo modo un film-mondo. Anzi, un film-universo. Cinema imperfetto ma vivissimo, perché proiettato nel futuro anche quando gioca con la morte, coi fantasmi. Cinema (im)perfetto perché porta in dono ai fan esattamente quello che vogliono, a pochi giorni dal Natale. Un cinema di doni, di regali, di fan service. Un cinema che punta dritto all’immortalità, alla clonazione infinita di se stesso, perfettibile o meno.

Spider-Man: No Way Home toglie finalmente la maschera a Willem Dafoe, ma poi ingabbia, spreca, dissolve Thomas Haden Church. Triplica il mito, l’icona, ma poi non sa cosa farsene. Toglie e dona la vita, riscrivendo destini in un continuo passo a due tra idee e mancanza di idee. In un certo senso, Spider-Man: No Way Home è tutto e niente. È il film che, tanto per enfatizzare, salverà il cinema. Ma è anche il film che ancora una volta condanna i blockbuster a essere solo quello: supereroi e popcorn. Niente di male, se non fosse che i supereroi possono essere anche altro, che i blockbuster possono essere anche altro e che l’abbacinante dimensione specchio non è la panacea di tutti i mali.

Traboccante suggestioni, Spider-Man: No Way Home non ha la compattezza di Avengers: Infinity War e non ha nemmeno la feconda leggerezza dei Guardiani della Galassia. Come gran parte dei film dell’MCU, si piazza nel mezzo, osando un po’ ma non abbastanza – ma i germogli oscuri visti in Far from Home stanno sbocciando e le parentesi e gli esperimenti narrativi delle mini-serie aiuteranno (WandaVision, Loki, Hawkeye). Il futuro della saga marveliana, quantomeno dal punto di vista qualitativo, ci sembra incatenato al possibile, probabile, auspicabile successo di Raimi. Incrociamo le dita.

Info
Il trailer di Spider-Man: No Way Home.

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