Izo

Izo è l’opera più estrema della sterminata filmografia di Takashi Miike, e con ogni probabilità rappresenta il suo apice poetico e artistico. Attraverso una vera e propria carneficina il regista giapponese ragiona sulla storia del Giappone, sull’umanità e sul cinema come reiterazione di sé. A Venezia venne accolto con freddezza, a distanza di quasi quindici anni sembra già essere stato dimenticato…

La brutalità del demone/uomo

Nel XIX secolo Izo, samurai al servizio di Hanpeida, viene condannato alla crocifissione e ucciso. Come vittima di una maledizione, o della sua stessa rabbia, Izō è costretto a viaggiare nello spazio e nel tempo, uccidendo tutti coloro che hanno la sfortuna di incontrarlo: donne, bambini, anziani, yakuza, e divenendo un demone. Il suo fine ultimo sarà uccidere l’Imperatore del Giappone. [sinossi]

Sembra davvero appartenere a un’altra epoca, Izo, proprio come il demone costretto ad attraversare il tempo e lo spazio con l’unico scopo di massacrare, squartare, uccidere chiunque incontri sulla propria strada. Non sono trascorsi neanche quindici anni da quando Takashi Miike portò al Lido di Venezia quest’opera astratta e potentissima, eppure il mondo del cinema sembra averne già disperso la memoria nelle brume, come si trattasse di qualcosa di superficiale, di non indispensabile, di secondario. Ma è proprio il mondo del cinema, e della critica, ad apparire completamente diverso rispetto a quello dei primi anni del Ventunesimo Secolo: è cambiata la percezione dello sguardo, l’attenzione, il desiderio di ricerca si è indirizzato sempre di più verso ciò che viene definito “arthouse” abbandonando qualsiasi scaturigine realmente pop. L’intrattenimento d’altro canto è stato cannibalizzato da operazioni in provetta, sorprendenti sotto il profilo degli effetti digitali ma d’altro canto non sempre in grado di ragionare sulla macchina industriale, sul linguaggio, sul perché si narra ciò che si narra, e sul come questo avvenga. Contrariamente a quanto si potesse supporre all’inizio degli anni “zero” la sbandata di parte della critica e degli appassionati nei confronti delle opere provenienti dall’estremo oriente è durata ben poco, troppo poco. I grandi registi che da quell’area provenivano e ai quali si iniziava a dare del tu anche nei contesti più ufficiali – come per l’appunto la Mostra di Venezia – sono stati progressivamente scartati a favore della sempiterna Hollywood, ma soprattutto di una risurrezione, non sempre all’altezza della situazione, del cinema d’autore europeo. Sembra finita anche quell’idea di festival, propagandata in particolar modo da Marco Müller, che cercava di superare i paletti artificiali tra una regione cinematografica e l’altra. Una sbornia cinefila durata troppo poco, e che i più non sembrano neanche rimpiangere, contenti di potersi crogiolare in un cinema spesso anche di ottima fattura, ma sempre più uguale a se stesso, in modo preoccupante.

Non assomiglia invece a nulla Izo, straripante profluvio di ammazzamenti plurimi, incessanti, come se non esistesse altro nella Storia, e nella vita umana, della morte. Della morte dell’uomo tramite la mano di un altro uomo. L’assassinio non come una delle belle arti, ma come l’ultima e unica possibilità dell’esistente. Izo uccide perché è maledetto, ma quale maledizione ha colto tutto il resto dell’umanità, che tra nazismi, fascismi e guerre di ogni razza e tipo non ha fatto altro che utilizzare i suoi simili come carne da macello, adatta per essere sparata via dai cannoni, per essere perforata dalle baionette, dalle katane, per essere crivellata di colpi? Quando fece la sua comparsa in laguna, il film venne programmato nella Sala Perla, la terza per importanza dello scacchiere festivaliero veneziano – dopo la Sala Grande e il Palagalileo, oggi Sala Darsena. La hall del Casinò venne letteralmente presa d’assalto, e si formò una fila scomposta, rumorosa, in sfibrante attesa di Izo. In realtà la stragrande maggioranza delle persone lì presenti ignoravano chi fosse Miike. Nonostante il regista giapponese contasse già oltre cinquanta regie tra cinema e straight-to-vide – senza quindi contare i lavori televisivi – e Gozu l’anno prima fosse stato accolto tra gli applausi a Cannes, il pubblico si era assiepato quasi esclusivamente per due motivi: il primo era che tra gli attori del film brillava il nome di Takeshi Kitano (habitué della Mostra, dove aveva anche vinto il Leone d’Oro con Hana-bi sette anni prima), e il secondo riguardava la presenza in sala tra gli spettatori di Quentin Tarantino e Joe Dante, i “padrini” dell’ampia retrospettiva dedicata al cinema di genere italiano tra gli anni Sessanta e Ottanta. Miike e Tarantino, che negli anni successivi lavoreranno in modo estremamente diverso – ma in entrambi i casi ricco di suggestioni e stratificazioni – sul mito di Django, firmando rispettivamente Sukiyaki Western Django, in cui fa una comparsata proprio Tarantino, e Django Unchained. Per quanto sia stata a dir poco romanzata, la proiezione di Izo merita comunque di essere ricordata: dopo pochi minuti, verrebbe da dire subito dopo il maestoso incipit che vede le immagini di spermatozoi e di un parto sovrapporsi a quelle della crocifissione di Izo, samurai al servizio di Hanpeida, la sala iniziò a svuotarsi. Una vera e propria processione in direzione delle porte d’uscita, quasi una transumanza alla ricerca di pascoli “migliori”. Dopotutto Kitano non fa che un piccolo ruolo, e il tutto è al contrario dominato dalla successione snervante, estenuante, gloriosa dello sterminio. La folla di accreditati se ne va. Abbandona la partita. Si dichiara sconfitta dal Cinema, quello con la c maiuscola. È vero che tra i pochi che alla fine applaudirono c’era anche, in piedi, Tarantino – che per di più aveva sottolineato la maggior parte delle sequenze con risa rumorose –, ma è del tutto falso che fu l’unico a farlo, come invece si legge un po’ ovunque, anche su Wikipedia che riprende un passaggio della seconda edizione di Agitator, il bel volume che Tom Mes dedicò a Miike (la prima edizione, del 2003, è precedente alla prima mondiale del film).

Non c’è nulla, lo si scriveva dianzi, che possa essere paragonato a Izo. Anche nella sterminata filmografia miikiana, dove pure non mancano bizzarrie e colpi di coda a pochi passi dalla sperimentazione pura, è impossibile trovare un oggetto cinematografico pari a questo. È un gesto di ribellione, un puro e semplice atto di insubordinazione alle regole, dell’industria come del pensiero dominante. Shigenori Takechi, che firma sia il soggetto che la sceneggiatura, non era nuovo a collaborazioni con Miike, ma nulla lasciava supporre che potesse creare ex novo una simile creatura aliena. Per quanto fossero brillanti e a loro modo oltraggiosi, gli script dei precedenti Agitator, Graveyard of Honor (dal romanzo di Goro Fujita già tradotto in immagini nel 1975 da Kinji Fukasaku), Deadly Outlaw: Rekka, The Man in White e lo straight-to-video Kikoku, nulla è paragonabile a quel che avviene in Izo. La libertà creativa che sprigiona è un atto politico, prima ancora che artistico. Così come il demone protagonista deve sovvertire l’ordine, arrivando a uccidere perfino l’imperatore, simbolo dell’egemonia e dello status quo nipponico, allo stesso modo Miike e Takechi sabotano il marchingegno della Settima Arte, si fanno beffe della logica apparente e traumatizzano lo spettatore. Trauma come sogno, come momento di liberazione dalla realtà, come insubordinazione, come atto di depistaggio. Trauma come rivoluzione eterna, rinascita infinita – come suggerisce anche il finale – e unica valvola di sfogo contro la reiterazione dello schema.

Reiterazione che è del cinema – e Izo manda a morire idealmente anche l’idea stessa di chanbara e di jidaigeki, generi ai quali lo stesso Miike si è spesso affidato per trovare condotti d’aria per le proprie pulsioni intellettuali – ma anche della società. Come alcune riflessioni di Alexander Kluge, anche il lavoro di Miike manda all’aria le coordinate standardizzate del racconto per trovare, tra ri-creazione e utilizzo di materiale preesistente il senso della narrazione, che non può che vedere al centro l’uomo, la sua naturale barbarie, il suo agghiacciante istinto al predominio, allo stupro, alla violenza. Potrà apparire retorica, forse, ma la celeberrima domanda “Come puoi essere così brutale? Sei brutale in quanto essere umano, o forse… Sei un essere umano in quanto brutale?”, che una delle vittime pone a Izo prima di essere inevitabilmente uccisa racchiude al suo interno l’intero sviluppo sentimentale e filosofico del film. Dopotutto Izo è alla ricerca non tanto della pace, quanto del motivo intimo e profondo della sua stessa esistenza. La sua interrogazione del tempo e dello spazio è condotta di omicidio in omicidio, sopraffazione dopo sopraffazione. Un signora dice al samurai “La storia è scritta nel sangue. La storia umana non è altro che una catena di eventi sanguinosi. Così, si sa che una nuova era verrà solo affinché massacri e spargimenti di sangue possano avere luogo”. Ma anche il padronato viene massacrato da Izo. Qui è il punto di rottura del sistema: il servitore che trancia la mano del suo padrone. Se l’assassinio è l’unico elemento di umanità, che l’assassinio riguardi tutti!

Con uno stile ellittico, iper-violento ma non parossistico, di candida purezza nell’oceano di sangue in cui vengono martoriati i corpi di centinaia, migliaia di esseri umani – esiste in tal senso film con una mattanza simile? – Miike si lancia in un inno anarchico e destrutturato, in cui ogni elemento dell’umano agire merita di essere messo alla berlina, e distrutto. La società, dalla base della piramide fino al senso stesso del divino, deve essere annientata attraverso la violenza, in un atto mai di per sé catartico, eppure dolorosamente umano. L’uomo/demone Izo – entrambe le cose al contempo, e per questo invincibile – è il Caronte in Terra, colui che indica un percorso, Virgilio infernale e la cui poesia nasce dal mulinare del ferro della spada che agita in aria prima di colpire il malcapitato di turno. Non esiste poesia più brutale di Izo, eppure al proprio interno vi si può scorgere un fiore dalla delicatezza struggente. Esiste la violenza, che è in atto, visibile e materiale al di là di ogni dubbio. Ma esiste un suo opposto? Interrogato in classe il piccolo Yamada risponde così alla domanda su cos’è l’amore: “È una parola. Una parola non è necessariamente associabile alla fondamentale natura del suo significato. È un codice di suoni, a volte”. E la democrazia, chiede la maestra a un altro bambino? “È un sottoprodotto della civilizzazione umana. Un’illusione”. Sul significato di nazione, infine, si esprime una bambina, asserendo che si tratta di “Una corrotta delusione che esiste solo nella mente umana. Un insieme immaginario di menzogne che esiste solo allo scopo di controllare e governare le persone istintivamente raccolte in mandrie. È il principio base della finzione che richiede il sacrificio”.
L’agire basico di Izo, teso solo all’ammazzamento di ogni essere umano che si trovi sulla sua strada, presagisce il crollo dell’illusione? Forse. Ma non è l’anarchia a sua volta un’enorme illusione? Può il samurai spingersi a tal punto da uccidere anche se stesso? No. C’è una rinascita infinita, che costringe l’umanità a ripartire ancora, e ancora, e ancora. E a tornare a uccidere. Avrebbe mai potuto la forma del cinema predigerito e omogeneizzato raccontare questo poema di disperata lucidità umana, e per questo omicida? Ovviamente no. La forma libertaria di Miike è la katana gocciolante sangue di Izo, che si scaglia contro il corpo dello spettatore e fraternizza con lui. Massacrandolo.

Info
Izo, il trailer.
  • izo-2004-takahi-miike-recensione-01.jpg
  • izo-2004-takahi-miike-recensione-02.jpg
  • izo-2004-takahi-miike-recensione-03.jpg

Articoli correlati

Array
  • Buone feste!

    grosso guaio a chinatown recensioneGrosso guaio a Chinatown

    di Il 2019 sarà il nono anno consecutivo senza film diretti da John Carpenter al cinema. Per sopperire a questo vuoto si può tornare ad altre epoche, più floride. Ma occorre sempre ricordare come anche un cult del calibro di Grosso guaio a Chinatown si dimostrò un clamoroso flop commerciale.
  • Buone feste!

    rancho notorious recensioneRancho Notorious

    di Rancho Notorious è il terzo e ultimo western della carriera di Fritz Lang dopo Il vendicatore di Jess il bandito e Fred il ribelle. Un'opera astratta, quasi completamente girata in interni e dominata dai temi cari al regista tedesco.
  • Buone feste!

    la casa recensioneLa casa

    di Evil Dead, conosciuto in Italia come La casa, non è solo uno degli horror più significativi della sua epoca, ma rappresenta anche il sogno di ogni cineasta indipendente alle prime armi, quello di creare con nulla il proprio immaginario.
  • Buone feste!

    eros + massacre recensioneEros + Massacre

    di Eros + Massacre è il primo dei tre capitoli che Yoshishige Yoshida ha dedicato alla storia del Giappone contemporaneo, ed è con ogni probabilità il più celebre. Un film anarchico come e più del suo protagonista, Sakae Ōsugi.
  • Buone feste!

    school on fire recensioneSchool on Fire

    di A trent'anni dalla sua realizzazione School on Fire segna il punto di non ritorno della poetica di Ringo Lam, con la sua messa alla berlina dell'intero sistema sociale della città-stato, partendo dall'istruzione per arrivare alla polizia e, ovviamente, alla mafia locale.
  • Buone feste!

    chicken and duck talk recensioneChicken and Duck Talk

    di Nel 2018 Chicken and Duck Talk, una delle commedie di maggior successo critico e commerciale di Hong Kong, ha festeggiato trent'anni. Un gioiello che si mostra ancora in splendida forma, grazie agli oliatissimi meccanismi comici e alla maestria di Michael Hui.
  • Buone Feste!

    Funeralopolis - A Suburban Portrait RecensioneFuneralopolis – A Suburban Portrait

    di Nel solco di alcuni grandi classici dell'underground tossicodipendente del nostro cinema, da Amore tossico a L'imperatore di Roma, si inserisce Funeralopolis - A Suburban Portrait, documentario di Alessandro Redaelli che ritrae un gruppo di ragazzi dediti a una paurosa e carnevalesca utopia negativa.
  • Buone feste!

    il bi e il ba recensioneIl Bi e il Ba

    di Probabilmente nulla, nella storia del cinema italiano, si avvicina al livello di nonsense espulso dal corpo de Il Bi e il Ba. Merito del protagonista Nino Frassica, ma anche della regia ordinatissima e anarchica di Maurizio Nichetti.
  • Buone Feste!

    Un mondo a parte RecensioneUn mondo a parte

    di Quando esordisce alla regia con Un mondo a parte il britannico Chris Menges è un apprezzato e pluripremiato direttore della fotografia. Per l'opera prima decide di mettere in scena in forma romanzata la vita di Ruth First.
  • Buone feste!

    bambole e sangue recensioneBambole e sangue

    di Con Bambole e sangue si inaugura la carriera sul grande schermo del newyorchese Paul Bartel, uno dei numi tutelari del cinema indipendente statunitense. Tra le trame di un racconto malsano e inquietante si rintracciano già i germi di una nazione impaurita e bigotta.
  • Buone feste!

    un dollaro d'onore recensioneUn dollaro d’onore

    di Tra i western più acclamati, omaggiati e plagiati di ogni tempo, Un dollaro d'onore può essere letto come una risposta polemica a Mezzogiorno di fuoco. Al di là di questo Howard Hawks firma uno dei suoi capolavori.
  • Buone feste!

    Monty Python's Flying Circus RecensioneMonty Python’s Flying Circus

    di , Quando nel 1969 la BBC si decise a mandarlo in onda, in diretta il sabato sera, Monty Python's Flying Circus fece l'unica cosa che poteva fare: rivoluzionò i costumi, il senso comune, il concetto stesso di programma televisivo.
  • Buone feste!

    Fucking Åmål recensioneFucking Åmål

    di Fucking Åmål è l'esordio alla regia di Lukas Moodysson oltre che, a distanza di venti anni dalla sua realizzazione, il film più potente della carriera del regista e poeta svedese. Un teen-movie liberissimo e vitale, che sfascia le convenzioni sociali.
  • Buone feste!

    the call of cthulhu recensioneThe Call of Cthulhu

    di All'interno del ciclo dedicato alla divinità aliena da H.P. Lovecraft non esiste titolo più suggestivo e spaventoso di The Call of Cthulhu (La chiamata di Cthulhu in italiano). Nel 2005 qualcuno sperimentò un folle mediometraggio muto e in bianco e nero dedicato al racconto...
  • Buone feste!

    la ragazza terribile recensioneLa ragazza terribile

    di Oramai quasi dimenticato, almeno in Italia, La ragazza terribile di Michael Verhoeven rappresentò un piccolo caso cinematografico nel 1990, con la sua versione romanzata della vita della saggista tedesca Anna Rosmus. Da riscoprire.
  • Buone feste!

    suburbia recensioneSuburbia

    di Tratto da una pièce di Eric Bogosian, Suburbia è il quinto lungometraggio da regista di Richard Linklater. Uno sguardo disilluso e partecipe sui destini della cosiddetta "generazione X", mandata al macello all'estero come in patria.
  • Buone feste!

    scorpio rising recensioneScorpio Rising

    di Scorpio Rising è il sogno irrealizzabile del biker, il volo pindarico nella notte nera come la pece o come il giubbotto di pelle ma bombardata dalle armonie e dai vocalizzi pop. Mai la cultura statunitense era stata così idolatrata e scarnificata nello stesso momento.
  • Buone feste!

    le avventure di pinocchio recensioneLe avventure di Pinocchio

    di In attesa di scoprire cosa sarà in grado di fare Matteo Garrone con il testo di Collodi, Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini resta la messa in scena più folgorante (con Disney) del burattino che vuole diventare uomo. Con Nino Manfredi e la colonna sonora di Fiorenzo Carpi.
  • Buone feste!

    fiore di cactus recensioneFiore di cactus

    di Scritto in punta di penna, come d'abitudine, da I.A.L. Diamond, a Fiore di cactus si può imputare al massimo l'assenza in cabina di regia di Billy Wilder. Ma Gene Saks firma una commedia straripante, spassosa, attualizzazione nevrotica della screwball comedy.
  • Buone feste!

    ritorno al futuro recensioneRitorno al futuro

    di Il capolavoro per eccellenza di Robert Zemeckis, uno dei film più iconici e rappresentativi della Hollywood degli anni Ottanta, con il mito di Michael J. Fox destinato a imprimersi con forza nella memoria collettiva. Insomma, Ritorno al futuro.
  • Buone feste!

    l'uomo meraviglia recensioneL’uomo meraviglia

    di L'uomo meraviglia è Danny Kaye, al secondo grande successo commerciale della sua carriera e scatenato nella parte dei gemelli omozigoti Edwin e Buzzy. Buzzy, ucciso dai gangster, appare al fratello nelle vesti di fantasma per chiedergli di vendicarlo...
  • Buone feste!

    wend kuuni - il dono di dio recensioneWend Kuuni – Il dono di Dio

    di Wend Kuuni - Il dono di Dio è l'esordio alla regia del burkinabé Gaston Kaboré. Un'opera potentissima, che rivoluziona il cinema post-coloniale. La Settima Arte si fonde alla proposta politica di Thomas Sankara, rigettando il pensiero occidentale.
  • Buone feste!

    una poltrona per due recensioneUna poltrona per due

    di Diventato nel corso dei decenni un vero e proprio classico natalizio, Una poltrona per due mostra il volto più sardonico e dissacrante di John Landis. La messa in scena del capitalismo più bieco e crudele, e al tempo stesso il racconto della sua essenza effimera, e priva di reale consistenza.
  • Buone feste!

    topolino e i fantasmi recensioneTopolino e i fantasmi

    di Topolino e i fantasmi (Lonesome Ghosts) raggiunse le sale statunitensi grazie alla RKO la vigilia di Natale del 1937, e compie dunque 81 anni. Un'età veneranda per un gioiello purissimo, tra i capolavori dei cortometraggi della serie dedicata a Mickey Mouse.
  • Buone feste!

    high school recensioneHigh School

    di High School è il secondo lungometraggio diretto da Frederick Wiseman, all'epoca trentottenne. Messo a punto il proprio stile di osservazione, il regista statunitense riesce a tenere insieme il particolare e l'universale, allargando lo sguardo all'America di quegli anni.
  • Buone feste!

    il buio si avvicina recensioneIl buio si avvicina

    di Il buio si avvicina è l'opera seconda di Kathryn Bigelow, un dolente e sensuale punto d'incontro tra l'immaginario western e l'horror vampiresco. A oltre trent'anni dalla sua realizzazione, uno dei più squarcianti film statunitensi del periodo.
  • Buone feste!

    Alla 39ª eclisse recensioneAlla 39ª eclisse

    di Non è passato e non passerà mai alla storia del cinema Alla 39ª eclisse, seconda regia per l'allora trentottenne Mike Newell. Eppure nelle pieghe di questo horror dai contorni egizi si può ritrovare la scintilla di un approccio al genere oramai andato perduto.
  • Cannes 2017

    Blade of the Immortal

    di Takashi Miike torna sulla Croisette fuori concorso con Blade of the Immortal, un jidaigeki screziato di horror tratto da un manga di Hiroaki Samura. Un divertissement che mostra il lato più ludico del regista giapponese, che allo stesso tempo torna a ragionare da vicino su tematiche a lui particolarmente care come il concetto di corpo e la coazione a ripetere.
  • Rotterdam 2017

    The Mole Song – Hong Kong Capriccio

    di Presentato all’International Film Festival Rotterdam il secondo capitolo della saga di Takashi Miike basata sul personaggio dell’agente talpa, infiltrato nelle organizzazioni criminali: The Mole Song – Hong Kong Capriccio.
  • Cannes 2016

    Terra Formars

    di Al Marché ci si è imbattuti anche nell'ultimo film di Takashi Miike, Terra Formars, adattamento poco brillante di un manga e di un anime già di loro dimenticabili.
  • Cult

    Shinjuku Triad Society RecensioneShinjuku Triad Society

    di Shinjuku Triad Society è il primo capitolo della cosiddetta "Black Society Trilogy" che rese noto il nome di Takashi Miike anche in occidente.
  • Cult

    the-happiness-of-the-katakurisThe Happiness of the Katakuris

    di Oggetto di culto difficile da maneggiare, il film di Takashi Miike è un folle pastiche ultra-pop in cui tutto viene frullato in maniera indiscriminata, dall'animazione al disaster movie, dall'horror al musical.
  • Cannes 2015

    Yakuza Apocalypse

    di Takashi Miike firma un folle pastiche avant-pop e demenziale, che mescola gli yakuza eiga all'horror, ai kaiju eiga, ai film di arti marziali. Con un ranocchio gigante da antologia. Alla Quinzaine des réalisateurs.
  • Rotterdam 2015

    Over Your Dead Body

    di Presentato a Rotterdam l’ultimo lavoro di Takashi Miike che, a modo suo, si rifà alla più famosa storia di fantasmi giapponesi, Tōkaidō Yotsuya kaidan.
  • Roma 2014

    As the Gods Will

    di Il nuovo film di Takashi Miike, tratto da un manga di successo, è l'ennesimo grido di anarchica libertà del regista giapponese. Al Festival di Roma 2014.
  • Roma 2013

    The Mole Song – Undercover Agent Reiji

    di Takashi Miike firma uno sfrenato viaggio nella cultura pop, tra yakuza-eiga e demenzialità. In concorso al Festival di Roma.
  • Cannes 2013

    Shield of Straw

    di Takashi Miike firma una delle sue opere più incomprese, action che si trasforma in crudo resoconto politico del Giappone contemporaneo.
  • Archivio

    Django Unchained RecensioneDjango Unchained

    di Come sempre (in)fedele a se stesso e all'universo nel quale si trova a girare, Quentin Tarantino conferma con Django Unchained di essere una delle poche vere voci anarchiche del cinema hollywoodiano...
  • AltreVisioni

    Lesson of the Evil

    di L'eversivo potere cinematografico di Takashi Miike, qui al servizio di una storia di genocidi, adolescenti e retaggi occidentali. Al Festival di Roma 2012.
  • AltreVisioni

    For Love’s Sake

    di Tra romanticismo e azione, furibonda violenza e intenso melodramma, For Love's Sake è l'ennesima conferma del raffinato eclettismo di Takashi Miike. Presentato a Cannes 2012.
  • Blu-ray

    13 Assassini

    di In blu-ray lo splendido jidai-geki di Takashi Miike, presentato nel 2010 in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
  • AltreVisioni

    Hara-kiri: Death of a Samurai

    di Takashi Miike firma il remake del capolavoro di Masaki Kobayashi, tragica riflessione sull'iniquità della società feudale giapponese. In concorso a Cannes 2011.
  • Archivio

    13 Assassini

    di Tra i pochi film di Takashi Miike in grado di sfondare il muro di silenzio distributivo italiano, 13 assassini è anche uno dei suoi capolavori recenti. A Venezia 2010.
  • Archivio

    Yattaman – Il film

    di Takashi Miike firma per il grande schermo la versione live action di Yattaman, celeberrimo anime televisivo degli anni Settanta.
  • AltreVisioni

    Sukiyaki Western Django

    di Il western disegnato da Miike è l'ennesimo canto al corpo non-morto destinato a deturpazioni, cesure, deformazioni di ogni tipo...