Venezia 2020
Primo festival di massa a svolgersi in presenza, Venezia 2020 aveva su di sé gli occhi di tutto il mondo cinematografico. Come sarebbe uscita la Mostra dal lockdown, e come avrebbe reagito alla scelta di Cannes di apporre un “bollino” sui film pre-selezionati? La conferenza stampa di Alberto Barbera, alla sua nona direzione consecutiva – dodicesima in assoluto –, ha svelato un programma inevitabilmente rivisto rispetto alle speranze originali: quasi completamente esclusi gli statunitensi e i francesi, da sempre fondamentale bussola delle mostre di Barbera, lo sguardo è stato costretto ad allargarsi in direzioni diverse. Può un’edizione straordinaria proporre una nuova prassi di lavoro?
C’è chi ironicamente ha indicato Venezia 2020 come “Prima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica”. In effetti l’impressione è che la settantasettesima edizione del più antico festival cinematografico del mondo rappresenti a suo modo una prima volta. Si tratta del primo festival di massa a svolgersi in presenza dopo la diffusione del Covid-19, per esempio: all’inizio di settembre migliaia di accreditati torneranno a muoversi negli stessi spazi, quelli che ruotano attorno al Palazzo del Cinema, entreranno nelle stesse sale (ma il nuovo presidente della Biennale Roberto Cicutto ha tenuto a specificare come si dovrà tenere conto del posto di distanziamento tra un accreditato e l’altro, anche nel caso di “congiunti”), parteciperanno a un evento collettivo. Per quanto di polemiche ce ne siano state e ce ne saranno molte, è inutile continuare a girare intorno alla questione: era importante, per non dire fondamentale, che il più imponente evento cinematografico italiano battesse un colpo, decidendo di tornare a una normalità seppur apparente per inviare un segnale anche all’industria del cinema, e alla distribuzione. Non si può fare a meno della sala, e non si può fare a meno della Settima Arte come momento collettivo, da vivere sul grande schermo… [continua a leggere]